Una lettrice chiede chiarimenti su volontario e volontariato, per sapere se questi termini possano essere ancora usati correttamente a proposito della guerra in corso in Ucraina. Un lettore domanda quale sia il verbo da usare per indicare “chi fa volontariato”, e un altro chiede di spiegare la differenza tra volontariato e volontarietà.
Per rispondere alla prima domanda partiamo come sempre dalla consultazione dei principali dizionari della lingua italiana (Devoto-Oli, Garzanti, GDLI, GRADIT, Sabatini-Coletti, Vocabolario Treccani, Zingarelli). Tutti registrano volontario col valore di aggettivo (‘della volontà, che dipende dalla volontà, che è fatto secondo la volontà’) e col valore di sostantivo, che è quello che ci interessa. Usato come sostantivo la parola indica ‘chi presta la propria opera in regime di volontariato’, e, in particolare, ‘il militare o il civile che si arruola volontariamente’. In questo periodo, nei resoconti della guerra tra Russia e Ucraina si sentono nominare spesso non solo i volontari ucraini, ma anche i volontari stranieri che si arruolano nell’esercito ucraino (talvolta indicati nelle cronache giornalistiche anche con le espressioni inglesi foreign fighters e contractors).
Il termine volontario (che conserva una sfumatura di sapore eroico legata alla memoria del famoso Addio del volontario composto da Carlo Alberto Bosi nel 1848 e al ricordo del Corpo volontari della libertà durante la Seconda guerra mondiale) può essere legittimamente usato in senso generico per indicare chi partecipa a una guerra di propria volontà, per propria scelta. Per quanto riguarda l’Italia, con la sospensione del servizio di leva, nel 2004, è stata introdotta la nuova figura del volontario in ferma prefissata, di uno e quattro anni. Dopo la fine dell’obbligo di leva il termine volontario ha indicato e indica, molto più spesso, ‘chi, di propria spontanea volontà, sceglie, accetta o decide di fare qualcosa, impegnandosi a prestare la propria opera indipendentemente da obblighi e da costrizioni esterne (per esempio, i volontari del sangue, cioè i donatori di sangue; i volontari della Croce Rossa; i volontari per l’aiuto alle popolazioni terremotate ecc.).
Allo stesso modo, il termine volontariato, che ha indicato nel passato il servizio militare prestato volontariamente, oggi è usato soprattutto con riferimento all’attività gratuita svolta a favore della collettività da parte di cittadini organizzati in associazioni, nel campo dell’assistenza ad anziani, persone disabili, malati, ecc., oppure con riferimento alla prestazione gratuita o semigratuita della propria opera presso enti pubblici o privati per acquisire la necessaria esperienza in vari settori.
Per quanto riguarda il verbo da usare per alludere a una prestazione volontaria e gratuita svolta in favore di parenti, malati, persone bisognose, non disponiamo di un derivato da volontario: dobbiamo ricorrere ai verbi accudire o assistere. A questo proposito si rinvia alla proposta del Gruppo Incipit, che il 23 marzo 2018 ha indicato l’espressione “familiare assistente” in luogo di caregiver, per indicare le persone che assistono a titolo non professionale familiari gravemente ammalati o non autosufficienti.
Infine, quanto alla differenza tra volontariato e volontarietà, mentre il primo termine può essere usato con i significati citati, il secondo può indicare solo ‘la condizione, il carattere di ciò che è volontario, spontaneo’ (la volontarietà di una scelta, di una decisione, di una rinuncia).
Valeria Della Valle
11 gennaio 2023
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