Flano, significato ed etimologia

Alla nostra redazione è arrivata una richiesta relativa al significato originario della parola flano, termine usato nella pagina degli spettacoli dei giornali per indicare lo spazio occupato dalle informazioni su teatri e cinema.

Risposta

Flano, significato ed etimologia

 

Flano è una parola tecnica che ha seguìto, nel suo percorso semantico, il cambiamento della tecnologia utilizzata per i processi di stampa. La parola nella sua storia appare difficilmente comprensibile, se la sleghiamo dagli oggetti e dalle operazioni che essa richiama. Originariamente - siamo nel 1848 - il tedesco Kronheim inventò il flano cioè un cartone a base di amianto sul quale veniva impressa la pagina del giornale da stampare: il flano passava poi in stereotipia dove, nella fonditrice, si realizzava il semicilindro cavo da installare sul cilindro della rotativa. L'invenzione tedesca dell'oggetto ci appare come una conferma alla ricostruzione linguistica di Alfredo Panzini che, nel suo Dizionario Moderno (Milano, Ulrico Hoepli,1905) inseriva la voce francese flan spiegandola come contrazione dell'antico flaon dal basso latino flado e aggiungeva il riferimento all'antico alto tedesco flado, 'focaccia', che rimanderebbe alla forma circolare dell'oggetto descritto. La parola flano entra in italiano come adattamento della forma francese flan, attestato in accezione tipografica dal 1872, ma già presente nel francese antico dal 1376 con significato di "disque destiné à recevoir une empreinte pour pression" (Le Grand Robert de la langue française, Paris, Le Robert, 1988-1989). La forma flano, secondo il GRADIT, è attestata in italiano dal 1918 con il significato di "matrice tipografica in cartone speciale, resistente al calore, su cui si cola il piombo per produrre lastre stereotipate"; da flano sono derivati flanare (1960) e flanatura (1965) per indicare l'operazione di "imprimere su flano una composizione tipografica". Conferma la tecnicità del termine il suo ingresso nel Dizionario del linguaggio giornalistico (a cura di Franco Fucci, Milano, Ceschina, 1962), nel quale flano è definito [corsivi miei]: "Nel gergo tecnico giornalistico così si chiama quello speciale cartone (fabbricato con impasto di amianto o asbesto, incombustibile) grazie al quale è possibile il procedimento tipografico detto stereotipia [...]; così sulla facciata del "flano" si riproduce, nei minimi particolari [...], il bassorilievo della pagina. Poi il flano passa in una fonditrice che lo riempie di piombo liquido: grazie alla sua incombustibilità, il flano sopporta l'alta temperatura, il piombo si solidifica rapidamente e il semicilindro che ne risulta è pronto per essere applicato ai cilindri della rotativa per la stampa."

 

Fino a qui l'origine del termine e il suo significato primario funzionale ai metodi di stampa con matrici a piombo e lastre.
Ma i procedimenti di impaginazione e stampa sono notevolmente cambiati negli ultimi decenni con l'avvento dell'informatica e quindi dei programmi di impaginazione e della stampa digitale. La stampa offset è il procedimento normalmente usato oggi per i quotidiani con tiratura superiore alle mille copie: in questo sistema, al posto del vecchio flano, si utilizza una lastra di alluminio e altro materiale sensibile a radiazioni elettromagnetiche, sulla quale le aree da stampare vengono marcate in modo che siano ricettive all'inchiostro (che è una sostanza grassa) mentre le altre vengono marcate in modo che siano ricettive all'acqua (che non si mescola con i grassi); l'inchiostrazione si limiterà quindi alle parti ricettive all'inchiostro. Dalla lastra poi l'inchiostro viene trasferito su un secondo cilindro intermedio rivestito di tessuto gommato (caucciù) e da qui giunge sulla carta che può essere disposta in fogli piani o in bobina.
In un bell'articolo uscito sul Corriere della Sera del 29 giugno 1992 (e rintracciabile nell'archivio on line del Corriere), Gaetano Afeltra ripercorre proprio le fasi di questi profondi cambiamenti che hanno trasformato le redazioni e le tipografie dei quotidiani e così descrive le ultime operazioni di stampa in cui veniva impiegato il flano [corsivi miei]: "Poi sulla pagina era posto il flano, ossia il cartone morbido e resistente al calore su cui doveva imprimersi il rilievo della matrice tipografica, e due panni spessi; quindi la pagina era spinta sotto la pressa, che in meno di tre minuti, lavorando a caldo, imprimeva sul flano la matrice tipografica. Il flano scendeva, con un montacarichi, al pianterreno, alla stereotipia, dove veniva cosparso di saponaria per controllarne la perfetta incisione. [...] Il flano era prosciugato di ogni umidità in un essiccatoio, da cui passava nella fonditrice, che faceva colare il piombo fuso nelle sue minime cavità, ricavandone così una lastra da applicare ai cilindri della rotativa per la stampa (la lastra pesava allora 18 chili, mentre oggi è una lastrina metallica di pochi grammi). [...] Sparito il piombo, sparito l'inchiostro, sparita la pressa e il flano, restano le rotative con il loro possente ruggito. E resta intatta la tradizione di via Solferino".

Sempre sul Corriere, alla fine dello stesso anno 1992 (il 13 dicembre, in un commento di Tullio Kezich e Ranieri Polese alla pubblicità del film sul terrorismo e il caso Moro L'anno del terrore), si ritrova il termine flano, questa volta però con un altro significato: i due critici fanno alcune considerazioni sull'immagine pubblicitaria che compare nella pagina che i quotidiani dedicano agli spettacoli e chiamano flano il riquadro che ospita appunto la pubblicità del film [...]: «Già, perché la pubblicità del film di Frankenheimer è proprio formidabile. Caso Moro, Brigate Rosse, l'Italia degli anni di piombo: di questo tratta "L'anno del terrore". Ma sfidiamo chiunque a capirlo dal flano che appare sulle pagine dei cinema». Le occorrenze successive del termine sono tutte in quest'ultima accezione, di 'inserto pubblicitario', inizialmente solo di film, adesso anche riferito a un qualsiasi box pubblicitario: insieme all'oggetto che non viene più usato nel processo di stampa dei giornali, sta sparendo dall'uso anche il significato originario della parola. Possiamo azzardare la datazione di questo slittamento semantico ai primi anni '90 del secolo scorso, ma nonostante le moltissime attestazioni sulla carta stampata (e naturalmente in rete), i dizionari conservano il significato tradizionale di flano, mentre ancora non hanno accolto la nuova accezione.

 

A cura di Raffaella Setti
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca

Piazza delle lingue: Lingua e saperi

9 luglio 2010


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