In molti hanno sentito circolare l'espressione a gratis, in sostituzione del tradizionale gratis, e ci hanno chiesto come possa essere nato quest'uso, se sia una forma corretta ed, eventualmente, quali siano i contesti in cui è possibile utilizzarla.
Gratis, addirittura a gratis
Per cercare di ricostruire la storia dell'espressione a gratis è necessaria qualche informazione relativa alla base gratis sulla quale tale espressione si è formata. Gratis ci arriva direttamente dal latino, è la forma contratta di gratiis, ablativo plurale del sostantivo gratia; risulta già attestato in latino con il significato di 'per i favori, grazie alle benevolenze' e quindi 'gratuitamente'. In italiano la forma è attestata dal Quattrocento (il GDLI riporta come primo esempio un brano di Vespasiano da Bisticci), ma nel Vocabolario degli Accademici della Crusca non è inserita a lemma fino alla quarta edizione (1729-1738) e nelle impressioni precedenti compare soltanto come forma latina per spiegare il significato di altre espressioni sinonimiche. Nella prima edizione del 1612, accanto a gratuito (senza però nessun richiamo al latino gratis), gratis è aggiunto come forma latina in fondo alle voci graziosamente e di bando; dalla terza edizione (1691) compaiono le locuzioni a grato e di grato, forme presenti nei testi antichi, con le rispettive definizioni 'senza ricompensa, senza mercede' e volontariamente, senza premio' con l'aggiunta in fondo della forma latina gratis. Dalla quarta impressione del Vocabolario degli Accademici della Crusca si tramanderà nella lessicografia successiva anche se, dalla consultazione dei dizionari storici, risulta in modo abbastanza evidente la scarsa presenza della forma gratis nella lingua scritta, in particolare, e non stupisce, nella lingua letteraria.
Per trovare poi la registrazione lessicografica della locuzione a gratis bisogna attendere i dizionari dialettali ottocenteschi: il Vocabolario piemontese-italiano di Michele Ponza da Cavour (Torino, Stamperia Reale, 1830-1833) che mette a lemma a gratis con la seguente definizione: 'senza mercede, premio,ricompensa, compenso, pagamento, ec. Gratuitamente, di bando, graziosamente'; il Vocabolario milanese-italiano di Francesco Cherubini (Milano, dall'Imp. Regia Stamperia, 1840) che, alla voce gratis, gratisse elenca i seguenti sinonimi: gratis, a grato, di grato, gratuitamente, a gratis con l'esempio "Daa a gratis, gratisdato"; il Vocabolario bergamasco-italiano di Stefano Zappettini (dalla Tipografia Pagnoncelli, 1859) che registra a gratis s.v. gratis con la definizione di 'gratuitamente, senza pagamento, gratis'. L'area dialettale è evidentemente settentrionale (Piemonte e Lombardia) e si può quindi ipotizzare che da queste regioni la forma a gratis si sia poi diffusa in modo più ampio nella penisola.
La lingua dei giornali è la varietà di scrittura in cui l'espressione deve aver avuto una presenza precoce, dove ha trovato terreno per estendersi fino a diventare una costante e poter così arrivare fino a noi. A gratis si trova infatti già nella "Gazzetta del Popolo" (Torino) del 1851, ad esempio, in un annuncio pubblicitario di un albergo "si troverà un calesse a gratis per trasferire i sigg. Viaggiatori...", e continua a essere presente nei quotidiani contemporanei soprattutto nella pagina sportiva, ma anche in altre sezioni con finalità ironiche o per riprodurre modalità del parlato (i corsivi sono miei): "La reazione irachena domina dunque incontrastata sul golfo e i suoi attacchi hanno tagliato l' esportazione petrolifera iraniana costretta a terminali di fortuna di ben 500 mila barili al giorno, portandola a 1.100 (100 mila vanno a gratis alla Siria per compensarla della sua alleanza)", ("Repubblica", 18 gennaio 1987, p. 13, sezione: politica estera); «Lo scambio delle sciarpe Mark, carpentiere, ha pensato di economizzare venendo a Genova in automobile con tre amici: hanno dormito in tenda, mangiato un panino. Kenny sventola un biglietto e dice: "L' ho avuto a gratis, io"» (Gli hooligans a Genova per la partita di Coppa Uefa, "Corriere della sera", 5 marzo 1992); «Abbiamo un direttore generale della Rai, la più importante impresa culturale del Paese, che va al Processo di Biscardi e dice "a gratis". Oh, yes.» (Aldo Grasso, "Corriere della Sera", 18 maggio 2005).
La locuzione doveva avere già un'ampia e diffusa circolazione ai primi del Novecento se nel Dizionario moderno delle parole che non si trovano nei dizionari comuni (U. Hoepli,1918, p. 307) gli autori Panzini, Schiaffini e Migliorini aggiunsero questo commento a margine della voce gratis:"Impropriamente è invalso il mal vezzo di dire a gratis". Il "mal vezzo" di sostituire la forma gratis con a gratis, è segnalato nelle grammatiche contemporanee come tratto del parlato di livello "popolare-incolto" alla stregua di imparare invece di insegnare, mal caduto invece di mal caduco per 'epilessia' (cfr. M. Dardano - P. Trifone, La lingua italiana, Bologna, Zanichelli, 1993, p. 447).
È innegabile però che, nonostante gli interventi censori, l'uso dell'espressione a gratis si è decisamente esteso. Possiamo trovare una spiegazione di questo "successo", oltre che nell'analogia con altre espressioni sinonimiche,sempre di ambito dialettale e di registro popolare, che contengono la preposizione a come a sbafo, a scrocco, a ufo (e anche nell'espressione semanticamente opposta a pagamento), anche nel generale abbassamento di formalità, e quindi di registro, della nostra comunicazione parlata e scritta, e nel frequente ricorso a forme dialettali o popolari con finalità ironiche o espressive. La rete ci offre, a conferma di queste ipotesi, un quadro abbastanza rivelatore: accanto alle 244000 occorrenze di a gratis, abbiamo anche 42200 occorrenze di aggratis (forma univerbata con raddoppiamento fonosintattico) e addirittura 64800 di aggratisse(con la e paragogica di appoggio tipica del parlato popolare di area centrale): non solo quindi la locuzione è decisamente ben rappresentata, ma si presenta anche in forme che ricalcano pronunce locali e ancor più popolareggianti.
Senza lanciare nuovi dardi censori contro la locuzione a gratis, dobbiamo però avvisare che è comunque sintomo di buona competenza linguistica avere ben presente l'ambito in cui ci troviamo a comunicare e che, in presenza di possibili varianti sinonimiche, la scelta deve essere guidata dal contesto comunicativo. Nel caso specifico, gratis è la forma neutra, standard, di media formalità, le altre espressioni come a sbafo, a scrocco, a ufo sono adatte a contesti informali e decisamente più colloquiali, a gratis ha in più il tratto della popolarità: chi ricorre a questa forma può essere tacciato di incolto a meno che, dal contesto, non risulti chiaramente che se ne fa un uso ironico e scherzoso.
A cura di Raffaella Setti
Redazione Consulenza linguistica
Accademia della Crusca
12 marzo 2010
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