Alcuni utenti del nostro sito hanno notato che è invalsa l'abitudine di usare l'aggettivo grato al posto di gradito. In particolare Guido Cantarelli faceva notare che è stato anche pubblicato un libro intitolato Persona non grata e ci domandava se, in questo caso, non si corresse il rischio di intendere 'persona che non ringrazia, che non dimostra gratitudine'. La risposta che segue tratta quindi dell'origine e degli usi dei due aggettivi e delle possibili sovrapposizioni.
Grato e gradito
L'aggettivo grato, che deriva dal latino grātu(m), è un termine "polisemico". Si definisce con "polisemia" (gr. polýsemos 'che ha molti significati', attraverso il fr. polysémie) la caratteristica di una parola che presenta più significati o accezioni, proprietà dovuta sostanzialmente alla tendenza all'economia tipica della langue, ossia del sistema linguistico che in questo modo riesce a veicolare differenti significati impiegando, in contesti diversi, un medesimo significante (la stessa forma). Troviamo così il termine grato accolto e definito dal DELI con l'accezione 'che è memore dei benefici ricevuti', ma anche nel significato di 'conforme ai propri gusti' e 'accetto, gradito, piacevole'. L'aggettivo latino grātus, a, um è infatti traducibile sia in senso oggettivo, nel significato di grato in quanto 'gradito, caro, piacevole, ricevuto con riconoscenza', sia in senso soggettivo, nel significato di grato in quanto 'riconoscente'. Il sostantivo femminile gratitudine è invece monosemico in quanto mantiene un unico senso, definito nel DELI alla voce gràto come 'sentimento di affetto e di riconoscenza per un bene ricevuto'; la parola è riconducibile alla forma latina *gratitūdine(m), derivata dal latino grātus, non attestata ma ipotizzata in base alla presenza nel latino tardo di ingratitūdine(m).
Anche in questo caso è importante contestualizzare il termine per comprenderne i diversi valori semantici. Se analizziamo i significati del lemma grato in un dizionario dell'uso, vediamo ad esempio che il GRADIT riporta nella voce (u'grato) l'accezione di "alto uso", e quindi di maggiore frequenza, «che ricorda con gratitudine i benefici o i favori ricevuti, riconoscente: essere g. a qcn., è molto g. agli amici per averlo aiutato». Tuttavia, la seconda accezione di "uso comune" presenta, analogamente al DELI, la definizione sinonimica «gradito, piacevole: un g. profumo di arrosto si spandeva in cucina, venendo a trovarci ci hai fatto una grata sorpresa».
In riferimento a grato nel senso di 'gradito' o 'piacevole', LIZ 2001 accoglie molte attestazioni d'autore, tra le quali riporto alcune citazioni da Boccaccio, Esposizioni sopra la Comedia: «Ed in questo la donna gli compiace, in quanto gli dice quello che gli è grato ad udire - Canto 2. Esposiz. litterale.74»; da Leopardi, Canti: «Quando in ispregio ogni piacer, né grato/ M'era degli astri il riso, o dell'aurora/ Queta il silenzio, o il verdeggiar del prato - Il primo amore.70»; infine da D'Annunzio, Il Piacere: «Al nuovo giorno egli ebbe un grato risveglio, un di que' freschi e limpidi risvegli che ha soltanto l'Adolescenza nelle sue primavere trionfanti - Libro 2,1.24». All'interno della medesima sfera semantica, un dizionario storico come il GDLI attesta inoltre, alla voce Gratou', molte accezioni (dalla numero 3. alla 9.) con differenti sfumature nel significato, oltre a numerose locuzioni (accezione 11.), tra le quali troviamo l'espressione «Non essere, non riuscire grato: non piacere; non incontrare simpatia, favore, benevolenza».
L'espressione «persona non grata» è pertanto, in conclusione, correttamente impiegata nel significato di 'non gradita'; l'aggettivo grato infatti, pur presentando un uso assai frequente in senso soggettivo, riferito perlopiù ad essere animato e riflettendo un sentimento di riconoscenza, può anche essere impiegato in senso oggettivo, nel medesimo significato del participio passato (e aggettivo) gradito. Tuttavia, essendo in quest'ultimo caso di registro più alto e prevalentemente di uso letterario, è possibile fraintenderne il significato in contesti informali.
Per approfondimenti:
A cura di Emanuela Cainelli
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
1 dicembre 2007
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