Hai bisogno un favore?

Sono arrivate in redazione molte domande, provenienti per la maggior parte dall’area milanese, sulla legittimità dell’uso di “avere bisogno qualcosa” in luogo di “avere bisogno di qualcosa”.

Risposta

L’uso delle preposizioni è nella nostra lingua (ma in altre, come il tedesco, ancora di più) un terreno scivoloso sia in sé e per sé, sotto il profilo morfosintattico, sia in collegamento con il lessico, in quell’ambito interessante e vivo che viene denominato il settore delle reggenze. Certe parole e certe espressioni richiedono, o preferiscono, l’accompagnamento di una precisa preposizione, a costituire appunto una reggenza. E qui sta il punto: richiedono o preferiscono, cioè si tratta di norma o di scelta? Un dilemma antico e sempre più vivo, quello tra un’indicazione prescrittiva, obbligatoria nella lingua corretta, e un uso che si presenta libero di eludere l’indicazione. È, questo, un discorso che ci porta lontano, e che, se lo affrontassimo, ci condurrebbe a fermarci sulla norma che cambia nel tempo, sull’italiano standard a cui si contrappone un italiano neostandard, sulla lingua parlata spesso diversa dalla lingua scritta, e via discorrendo in relazione ai concetti base della linguistica. Non entreremo in questo discorso, limitandoci a contestualizzare il quesito relativo a avere bisogno qualcosa / avere bisogno di qualcosa, sottolineandone l’appartenenza all’ambito grammaticale e a quello lessicale. Aggiungiamo inoltre che questo quesito tocca, in ambito squisitamente grammaticale, la forma transitiva o intransitiva dei verbi: in questo caso si oppone la forma transitiva, con complemento oggetto, avere bisogno qualcosa alla forma intransitiva avere bisogno di qualcosa, in cui il rapporto di specificazione richiesto dal sostantivo bisogno viene espresso dalla preposizione di.

Ci aspetteremmo quindi, data la natura sia grammaticale sia lessicale del costrutto oggetto del quesito, che gli strumenti utili a risolverlo siano tanto le grammatiche quanto i vocabolari. In verità dobbiamo riconoscere che le grammatiche dell’italiano o i manuali per una corretta scrittura non ci vengono in aiuto, se non in quanto alcuni di essi rilevano l’oscillazione nell’uso nella storia della lingua (Serianni 1988, XI-4) o sottolineano la tendenza recente di alcuni verbi intransitivi a diventare transitivi (Colombo 2011, p. 76: non disponeva denaro, un caso vicino a quello del quesito di cui stiamo parlando). Dell’oscillazione specifica tra avere bisogno di qualcosa e avere bisogno qualcosa non abbiamo trovato traccia nelle più accreditate grammatiche della lingua italiana, né nei più diffusi manualetti sull’uso corretto e le sue trasgressioni più comuni.

Appaiono dunque in questo caso più utili gli strumenti lessicografici, cioè i dizionari, nei quali il sintagma avere bisogno è citato. Ma nei dizionari sincronici, o dell’uso, non troviamo se non raramente una indicazione precisa sulla necessità di far seguire al sintagma verbale avere bisogno la preposizione di. I dizionari dell’uso indicano generalmente sotto la voce bisogno, più raramente sotto la voce avere, il costrutto avere bisogno senza aggiungervi la preposizione di, se non negli esempi, tutti sempre rigorosamente completi di questa. Vediamo per esempio Zingarelli 2023 s.v. avere: “avere bisogno, abbisognare, necessitare”, s.v. bisogno “necessità di procurarsi qlco. che manca: bisogni reali, fittizi; avere bisogno di denaro; c’è bisogno del parere di un tecnico”; Devoto-Oli 2023 s.v. bisogno: “aver bisogno, in formule di cortesia, desiderare, volere: se hai bisogno di qualcosa, non fare complimenti; grazie, non ho bisogno di nulla”; Sabatini-Coletti s.v. bisogno. “Aver bisogno, in formule di cortesia, desiderare”. Analogamente si comportano, tra gli altri, Vocabolario Treccani online e Il Nuovo Treccani. Anche uno dei dizionari dell’uso che dedica al lemma bisogno una trattazione particolarmente ampia, il Vocabolario della lingua italiana di Aldo Duro, pur soffermandosi dettagliatamente sulle varie accezioni del sostantivo e dedicando ampio spazio al sintagma verbale avere bisogno, non precisa la necessità di unirvi la preposizione di. Soltanto il GRADIT aggiunge al sintagma avere bisogno la preposizione di: s.v. bisogno 1. mancanza di qualcosa di indispensabile o utile, spec. costruito con avere e sim.: avere bisogno di qualcosa, di qualcuno”.

Per i dizionari storici, il GDLI, alla voce bisogno, come i dizionari dell’uso appena citati, non indica la preposizione di nel sintagma avere bisogno, ma riporta solo esempi che la comprendono. Più preciso invece il Tommaseo-Bellini, che lemmatizza il costrutto Avere bisogno, indicando “(n.3) Aver bisogno d’una cosa, vale Abbisognarne”, ma anche “(n.2) Si usa anche con la preposizione per”, portando un esempio antico, di Domenico Cavalca.

Dopo aver esaminato, per cenni essenziali, quanto ci dicono, e non ci dicono, gli strumenti, grammaticali e lessicografici, della norma, proviamo a vedere che cosa mostra la documentazione dell’uso, utilizzando gli strumenti preziosi, anche se non certo perfetti, che ci offre la rete.

La ricerca avanzata di Google libri della stringa “ho bisogno un favore” offre una documentazione abbondante (una cinquantina di casi) e interessante per la tipologia degli esempi, disposti naturalmente più verso il periodo contemporaneo, ma presenti anche nel XIX e XX secolo. Una buona parte degli esempi è costituita da traduzioni, soprattutto dall’inglese al giorno d’oggi: evidentemente l’espressione “I need something” può dar luogo alla traduzione frettolosa “ho bisogno qualcosa”, tanto più se in contesto dialogico, indotto evidentemente dalla prima persona. Ma troviamo anche passi di traduzione dal francese, soprattutto in testi teatrali: e questo è un altro risultato palese della nostra ricerca, la ricorrenza dell’espressione “ho bisogno un favore” in testi in cui il dialogo la fa da padrone. Se infatti cerchiamo la stessa stringa alla terza persona, “ha bisogno un favore”, propria di un contesto narrativo e non dialogico, Google libri ci restituisce solo due esempi. Difficile invece determinare se nell’uso del costrutto senza la preposizione ci sia una componente regionale: per l’Ottocento e il Novecento, gli esempi riportati da Google sembrano appartenere soprattutto all’area settentrionale (p.es. Carlo Morbio bibliografo, Pietro Manzoni, figlio di Alessandro, traduttore di testi teatrali francesi, Massimo Bontempelli), ma l’assenza di una diretta corrispondenza nei dialetti settentrionali, e la presenza tra gli esempi di qualche testo di provenienza meridionale, inducono ad escludere una localizzazione settentrionale.

Notiamo poi che la rete ci offre qualche ulteriore testimonianza sull’uso di avere bisogno senza di, nei traduttori automatici, ma non, per fortuna (dei traduttori automatici si dice male, ma questo sarebbe troppo!) perché venga data la traduzione “ho bisogno qualcosa” per “I need something” (per cui viene data la traduzione “ho bisogno di qualcosa”), quanto piuttosto per la presenza dell’espressione “ho bisogno un favore” in italiano, per la quale vengono proposte le traduzioni nelle diverse lingue. Inoltre si trova qualche domanda sulla liceità dell’espressione a siti di lingua italiana, per esempio da parte di un utente che chiede se si può usare avere bisogno senza di con oggetto diretto riferito a cosa («quando faccio riferimento ad una persona uso sempre il “di”, ho bisogno di te, mentre negli altri casi non lo uso: ho bisogno quel libro domani, ho bisogno un favore, ecc. Mi hanno fatto notare che è sbagliato omettere il “di”, è vero?»). Esempi, questi ultimi, che si aggiungono alla documentazione di un uso di avere bisogno qualcosa in testi scritti, non solo recenti, chiaramente influenzato dal parlato.

Possiamo così chiudere questa incursione nell’uso sottolineando la maggiore presenza del costrutto nel parlato, dove sarà indotto sia dalla velocità dell’eloquio, sia, ai giorni nostri, dall’influsso dell’inglese, e la sua penetrazione nello scritto su influenza del parlato. La norma si mantiene per ora fedele alla conservazione della specificazione espressa da di, ed è bene attenervisi, senza dubbio nello scritto, ma meglio anche, in questo caso, nel parlato, che pure in generale concede molta maggiore libertà rispetto alla norma dell’italiano standard e neostandard.

Nota bibliografica:

  • Colombo 2011, A. Colombo, «A me mi». Dubbi, errori, correzioni nell’italiano scritto, Milano, Franco Angeli, 2011.
  • Aldo Duro, Vocabolario della lingua italiana, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, 1986.


Ilaria Bonomi

3 marzo 2023


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