Tatiana M. dalla Liguria, Walter R. dal Piemonte, Mariagrazia G., Luca A. ed Edoardo M. dalla Lombardia, Marco S. e Giuseppe C. dal Veneto, Ethel C. e Alvaro S. da Roma, Alessia Irene P. dalla Campania, Giorgio G. dalla Sicilia, tutti ci chiedono se ogni singolo dito del piede abbia un nome e quale, eventualmente, esso sia.
I nomi delle dita dei piedi
Sin da piccoli impariamo i nomi delle dita delle mani: pollice [av. 1367; dal lat. pŏllĭce(m)], indice [sec. XIV; dal lat. ĭndĭce(m) propriamente “indicatore”], medio [av. 1499; dal lat. mĕdĭu(m)], anulare [sec. XIV; dal lat. tardo anulāre(m), der. di anulus “anello”] e mignolo [av. 1321; voce di origine espressiva (tutte le indicazioni etimologiche sono da GRADIT)]. Ricordiamo anche che «il maschile diti si riferisce ai diti considerati distintamente l’uno dall’altro: “i diti pollici”, “i diti indici”, ecc. Il femminile le dita si riferisce invece alle dita nel loro insieme: “le dita della mano”» (Serianni III, 118 h), come riportano anche le schede pubblicate sul nostro sito sui plurali anomali e sui plurali doppi.
Coloro che ci scrivono notano che, al contrario, le dita dei piedi sembrano non avere nomi propri, se non per l'alluce, detto anche, in contesti meno formali e al netto di definizioni dialettali, dito grosso, ditone (del piede) o pollicione. Una convenzione internazionale ratificata nel 1998 adotta, per quanto riguarda l'anatomia, la nomenclatura latina: i digiti pedis, quindi, partendo da quello più vicino all’asse mediano del corpo, sono:
(cfr. Terminologia Anatomica 1998). In ambito italiano le dita dei piedi sono “ufficialmente” chiamate primo dito, secondo dito, terzo dito, quarto dito e quinto dito. L’unica nomenclatura riconosciuta è dunque questa, con l'eventuale l’aggiunta di alluce e mignolo del piede per il I e il V dito.
Da alcuni anni girano, soprattutto in rete, degli elenchi per così dire “apocrifi” di nomi per le dita dei piedi. A parte il già noto alluce, le altre, partendo dal corrispondente dell'indice della mano, sarebbero chiamate:
Già il fatto che i nomi non siano completamente uniformi è spia della loro mancanza di effettivo radicamento nell'uso, se non addirittura di una reale circolazione.
Questa nomenclatura non appare né registrata nella lessicografia, né riportata in testi medici o scientifici. Ne troviamo attestazioni in romanzi e altri libri non specialistici in anni recenti: una delle prime risale al 2012, all'interno di un volume dal titolo 100 storie per quando è troppo tardi (a cura di Scuola Holden, L. Moisio e M. Trucco, Feltrinelli, Milano), in un racconto breve dal titolo Ultimo, il maialino, che qui riportiamo integralmente.
Una sera la scrofa Carolina decise di partorire. La piccola Maia aveva trascorso tutto il giorno a inventare nomi, uno per ciascun lattonzolo, quattordici in tutto. “Forza Carolina”, diceva, “ecco un maschietto!”. Ed ecco una femminuccia! Così Maia aveva cominciato ad assegnare i nomi ai nuovi nati:
Prima come le dita dei suoi piedini, dal più piccolo al più grande: Minolo, Pondulo, Trillice, Illice, e Alluce! Poi le dita delle mani, dal più grande al più piccolo: Pollice, Indice, Medio, Anulare, Mignolo. E per gli ultimi quattro, i colori: Rosa come la mamma; Viola, il suo fiore preferito; Bruno, come il papà; Gialla, come la pesca a merenda.
Poi, ogni maialino corse a una mammella a bere il primo latte della sua vita. E qui arrivò la sorpresa: un quindicesimo maialino! Maia non aveva pensato a quell’ultimo nome e dovette improvvisare: “Ultimo, proprio così ti chiamerai”, disse. Ed ecco la seconda sorpresa: Carolina aveva solo quattordici mammelle! Come avrebbe fatto Ultimo a sopravvivere?
Maia sentì le lacrime colmarle gli occhi, ma non si perse d’animo. Corse in cucina, riempì di latte un biberon del suo fratellino e nutrì Ultimo. Quella sera, dopo la poppata, Ultimo seguì Maia come se fosse la sua mamma. Si strinse tra le sue braccia, chiuse gli occhi e si addormentò.
Alcune ricerche con Google permettono di datare le prime attestazioni intorno agli anni immediatamente successivi al 2000; dal 2003, i nomi compaiono sempre più spesso in pratiche di medicina non tradizionale, come testi di osteopatia, riflessologia plantare, agopuntura e discipline correlate. Nel corso degli anni, da più parti si nota che tali nomi non sono registrati nella lessicografia ufficiale o nei manuali di medicina, e alcuni ventilano che si tratti di termini desueti, anticamente in uso e poi caduti in disuso. Le ricerche effettuate non sembrano dare supporto a questa tesi, dato che prima degli anni Duemila non compaiono attestazioni né cartacee né elettroniche. Parallelamente, l'Accademia della Crusca ha ricevuto domande sulla questione dal 2003 in poi, a ulteriore dimostrazione della recente diffusione di questa nomenclatura non ufficiale. Nel 2008, il sito Salute24, del gruppo Sole 24 Ore, riportava una variante di questi nomi come pura curiosità: il passare degli anni non ha, a quanto pare, permesso di gettare luce sulla loro origine.
D’altro canto, una breve ricerca eseguita sui social network ha permesso di trovare testimonianze dell’esistenza di una nomenclatura del genere a partire dagli anni Settanta; purtroppo, tali speculazioni cronologiche sono affidate alla memoria di singoli individui.
Concludiamo quindi ribadendo che l’unica denominazione universalmente e ufficialmente accettata è quella nominata in apertura: primo dito o alluce, secondo, terzo e quarto dito, eventualmente mignolo del piede invece di quinto dito. La nomenclatura “ufficiosa”, della quale al momento non è stato possibile determinare l’origine (una simpatica burla? L’invenzione estemporanea di un singolo?) ha circa 2.000 occorrenze in rete, cercate con Google. Evidentemente ci sono contesti d’uso in cui l’esistenza di questi termini è considerata utile, sia per chiarezza sia per questioni espressive, ma a oggi, ricordiamo, né testi medici né vocabolari hanno recepito i nomi che circolano. Questi rimangono, dunque, degli occasionalismi senza valenza scientifica. Ne sconsigliamo, di conseguenza, l’uso in contesti formali – e rinfranchiamo coloro che ammettono di non conoscere questi nomi: di fatto, sono semplici curiosità, e possono tranquillamente essere ignorati.
A cura di Vera Gheno
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
17 giugno 2016
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