Con questa scheda rispondiamo a coloro che ci chiedono quale sia il genere di chewing gum e quale ne sia il corrispondente in lingua italiana.
Uno dei più popolari e simbolici prodotti del Novecento, la gomma da masticare, ci mette di fronte a una varietà di denominazioni difficile da ordinare all’interno delle griglie di classificazione linguistiche e sociolinguistiche. In questo tentativo può forse aiutare ripercorrere, almeno per sommi capi, la storia di questo oggetto, così piccolo e apparentemente insignificante, ma così diffuso e sempre presente nella vita quotidiana di tutti ormai da più di un secolo, con consumi che ancora oggi restano davvero impressionanti (circa 25.000 tonnellate all’anno).
L’abitudine del masticare, per il solo gusto che produce questo atto, sostanze gommose, resine naturali, pare risalga agli antichi Maya; in epoca moderna, alle resine si è aggiunto il tabacco che un’usanza americana ha fatto diventare il prodotto più utilizzato per questa non troppo apprezzabile abitudine di ciccare, voce onomatopeica che riproduce il suono, decisamente non gradevole, della saliva nell’atto del masticare, o meglio biascicare, a lungo foglie di tabacco. Questa pratica, tipica in particolare dell’America Latina, nella seconda metà dell’Ottocento ispirò forse l’industriale statunitense Thomas Adams ad avviare la grande impresa di mettere sul mercato i suoi Chiclets nel 1871. Il nome di questi confetti, inizialmente insapori che lo stesso Adams cominciò ad aromatizzare con menta e altre essenze, deriva dal chicle, nome in lingua spagnola della gomma estratta dall’albero della sapodilla (Manilkara chicle), ingrediente principale di questo nuovo piccolissimo oggetto che, nelle intenzioni dei governanti americani, avrebbe dovuto sostituire la masticazione del tabacco con tutti i problemi igienico-sanitari che questa portava. Lo slogan di lancio del nuovo prodotto, “Snapping and Stretching” (quindi ‘da mordere e tirare’) insisteva proprio sulle proprietà di “elasticità” del piccolo confetto e sul gusto che questo dava a chi ne faceva uso. Lo straordinario successo dei chiclets fu determinato, oltre che dal soddisfare un bisogno a quanto pare atavico dell’uomo (la gomma da masticare intesa come rilassante, grande pacificatore!) dalle campagne pubblicitarie mirate soprattutto ai bambini (contenitori e cartine coloratissimi) e dal bassissimo costo. Con l’avvento delle macchinette distributrici (prodotte dallo stesso Adams) diventò poi possibile accaparrarsi, con una sola monetina e a ogni angolo di strada, una pallina colorata da masticare a lungo.
In Italia la gomma da masticare arrivò alla fine della seconda guerra mondiale con gli alleati che donavano alla popolazione questa merce sconosciuta con la quale si cercava di alleviare la fame: la gomma da masticare diventa così anche da noi emblema di gioventù e di modernità, una moda immortalata da scrittori e cineasti, ma anche terreno di scontro tra giovani e adulti perché vista come segno di trasandatezza e maleducazione. A più riprese, nel corso della storia di questo prodotto, si è provato a scoraggiarne il consumo, non solo per motivi di semplice opportunità e igiene (uno dei disagi più evidenti è come e dove buttare la pallina già masticata, basti dire che ad esempio a Singapore già dal 1992 è vietato l’uso della gomma da masticare), ma adducendo anche rischi per la salute, fino a ipotizzare che masticare a lungo potesse portare a deformare la mascella. Da qualche decennio le aziende produttrici hanno cominciato invece a valorizzarne i possibili benefici terapeutici anche allo scopo di contrastare quel leggero senso di “vergogna” che comunque avverte chi ha questa abitudine: a parte le gommine contro il mal d’auto, il mal di testa, e quelle che dovevano aiutare a smettere di fumare, la svolta è avvenuta con le gomme “di nuova generazione”, senza zucchero e con dolcificanti ipocalorici, e quindi adatte anche per chi è a dieta e soprattutto non più rischiose per i denti; anzi, una delle funzioni più reclamizzate attualmente è proprio quella di sostituto dello spazzolino e del dentifricio quando non sia possibile lavarsi i denti in modo tradizionale, benefici salutistici peraltro recentemente smentiti dall’Antitrust che, nel 2013, ha multato per “pubblicità ingannevole” la più grande azienda italiana produttrice di gomme da masticare.
Questa breve sintesi della storia del chewing gum può forse indicarci anche risposte, o ipotesi di risposta, per quel che riguarda la straordinaria varietà delle denominazioni con cui quest’oggetto circola sulla bocca dei parlanti delle diverse regioni italiane. Si tratta all’origine di un anglicismo, chewing gum appunto, che arriva in Italia attraverso la diffusione del prodotto da parte degli alleati alla fine della seconda guerra mondiale. In questa forma risulta attestato secondo alcuni dizionari (GRADIT, DELI, che si basano sull’edizione del 1931 del Panzini, e l'Etimologico) fin dalla fine degli anni ’20, tra il 1927 e il 1929, ma è dalla fine degli anni ’40 che se ne contano occorrenze più numerose, a partire da Curzio Malaparte che nel suo romanzo La pelle (prima edizione 1949) propone una similitudine tra le lacrime dei napoletani e il chewing-gum (ancora nella grafia con trattino): «Non v’è dolore privato a Napoli, né miseria privata: tutti soffrono e piangono l’uno per l’altro, e non c’è angoscia, non c’è fame, né strage, che questo popolo buono, infelice, e generoso, non consideri un tesoro comune, un comune patrimonio di lacrime. “Tears are the chewing-gum of Naples” le lacrime sono il chewing-gum del popolo napoletano” m’aveva detto Jimmy un giorno. E Jimmy non sapeva che se le lacrime fossero il chewing-gum non soltanto dei napoletani, ma anche del popolo americano, l’America sarebbe veramente un grande e felice paese, un grande paese umano» (si cita dall’edizione Utet, 2006, pp. 89-90). Sempre rimanendo nell’ambito degli usi letterari richiamati dai dizionari, il GDLI non registra a lemma la forma chewing gum, ma s.v. gomma contempla la forma gomma americana e il calco gomma da masticare, con esempi tratti da Pratolini (1963, dove compare anche la forma cicca) e Moravia (1967): in contesti letterari quindi si accoglie l’anglicismo in forma integrale prima, ma molto presto si ritiene pienamente affermato e comprensibile il calco strutturale gomma da masticare, perfetto traducente dell’inglese e in linea con altre unità lessicali complesse dell’italiano del tipo macchina da scrivere, caffè da macinare, macchina da cucire, ecc.
Vista però la tipologia dell’oggetto, la tradizione scritta e letteraria non è certo quella che ha contribuito maggiormente alla diffusione delle sue denominazioni: siamo di fronte infatti a un classico esempio di trasmissione del nome di un oggetto popolare avvenuta essenzialmente per via orale; nel caso specifico del chewing gum bisogna inoltre precisare che, oltre a trattarsi di un prodotto costantemente associato a un’abitudine volgare e maleducata, la sua popolarità è esplosa in una fase della storia del nostro paese in cui la maggior parte della popolazione era ancora esclusivamente dialettofona e segnata da un analfabetismo molto grave. Per chi non sapeva leggere non servivano a molto neanche le insegne pubblicitarie o le scritte sulle cartine e le confezioni; di più invece devono aver inciso i mezzi di comunicazione trasmessi, come la radio prima e poi la televisione, anche se la prima pubblicità televisiva della famosa “gomma del ponte” è della fine degli anni Sessanta. Ma nel frattempo, dalla metà degli anni Quaranta, il chewing gum (che ha avuto anche una brevissima storia di uso al femminile, la chewing gum secondo Irene Brin, popolare giornalista di moda e costume degli anni Quaranta) ha assunto tantissimi nomi diversi sulle bocche degli italiani. Possiamo passare in rassegna i nomi più diffusi della gomma da masticare grazie ai dati disponibili in alcuni strumenti informatici ormai indispensabili per l’analisi della distribuzione areale di forme diverse per indicare lo stesso oggetto: mi riferisco alla banca dati della LinCi (La lingua delle città di Annalisa Nesi e Teresa Poggi Salani, Firenze, Accademia della Crusca, 2013) che raccoglie una ricchissima documentazione sull’italiano comune indagato in 31 città italiane e ad Aliquot- L'Atlante della Lingua Italiana Quotidiana, a cura di Fabio Tosques e Michele Castellarin (Humboldt-Universität zu Berlin, consultabile all’indirizzo http://141.20.109.130/aliquot/index.php) che ha lo scopo di rappresentare cartograficamente le variazioni linguistiche dell’italiano regionale. La parola gomma da masticare risulta indagata in tutte e due le banche dati, dalle quali ricaviamo, come primo dato rilevante, che le varianti presenti in ogni punto indagato da nord a sud sono gomma da masticare, la sua abbreviazione gomma e, meno presente ma diffusa sull’intero territorio, gomma americana: gomma da masticare e la sua forma abbreviata gomma possono quindi considerarsi come le varianti panitaliane, non connotate dal punto di vista regionale e affermatesi in alternativa all’anglicismo non adattato chewing gum. Sulla base di chewing gum abbiamo tutta una serie di calchi con adattamento fonetico all’italiano: ciuìngam presente in tutta la Toscana e registrato anche a Catania; ciùingam tra Liguria Emilia Romagna e Toscana nord orientale con presenze anche a Sassari; si riscontrano poi ciungai a Genova, ciunga in Sicilia e nell’estremo nord est, e ciunghe a Verona, forme in cui anche la consonante finale m è stata ricondotta a una terminazione vocalica (i o a/e, forse residui della temporanea incertezza nell’attribuzione del genere che ha interessato l’anglicismo) più coerente con la fonetica dell’italiano. Ci sono poi alcune denominazioni che presentano tratti caratteristici: cingomma (che diventa gingomma nel centro-sud) con le sue varianti locali ciringumma, cilingumme, scingomma (diffuse soprattutto in Toscana e a Sassari), che si forma sulla base ormai italianizzata gomma preceduta da cin-, esito di un adattamento drasticamente abbreviato di chewing attraverso la pronuncia ciuin (gam); cicles concentrato in Piemonte ed Emilia Romagna, con la variante cicl con caduta della -es finale, si spiega considerando che in quelle regioni è avvenuta la prima massiccia diffusione delle Chiclets di Adams che ha portato al radicamento del marchionimo come nome stesso del prodotto; c’è poi cicca usato al sud, in Lombardia, in Emilia Romagna e in alcune zone del Piemonte per la quale bisogna risalire al già citato verbo ciccare che indicava l’azione del masticare il tabacco e che, dal tabacco, è passato a indicare la masticazione anche della gomma. Per concludere questa rassegna non possono mancare masticone (Arezzo) e masticante (Messina), calchi semantici in cui dal verbo masticare si sono derivate forme nominali decisamente molto espressive e cicingomma e cincingomma, segnalatemi come forme ricorrenti al nord.
Non stupisce che un oggetto dal nome straniero, così quotidiano e popolare, abbia assunto tanti nomi diversi, che probabilmente non si esauriscono in questa rassegna, una volta entrato in contatto con la varietà delle lingue parlate (dialetti, italiani regionali) in Italia in un periodo in cui ancora l’italiano parlato non era patrimonio davvero comune. Inoltre, per quanto l’industria e la pubblicità abbiano cercato di affrancare il consumo della gomma da masticare da un giudizio negativo generalizzato, è vero che masticare una gomma, offrirla, accettarla da altri, restano azioni che avvengono in ambiti di familiarità e confidenza, spesso tra bambini e ragazzi, dove è anche più facile che si conservino parole connotate sia dal punto di vista areale sia da quello affettivo. Un’ultima piccola notazione relativa alla scrittura di questa parola: in questo caso abbiamo essenzialmente due possibilità, o manteniamo la forma inglese integrale chewing gum oppure disponiamo ormai del calco perfettamente italianizzato e comprensibile gomma da masticare.
Per approfondimenti:
A cura di Raffaella Setti
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
Piazza delle lingue: La variazione linguistica
3 ottobre 2014
Evento di Crusca
Collaborazione di Crusca
Evento esterno
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