Molte persone, tra cui R. C. dalla provincia di Torino, N.A. da Genova, B. M. dalla provincia sarda del Medio Campidano, ci pongono lo stesso quesito.
Il verbo auspicare è transitivo o intransitivo?
Ammette la costruzione pronominale auspicarsi?
Il verbo auspicare è classificato dai principali dizionari dell’uso sia come intransitivo, con ausiliare avere, sia come transitivo.
Come verbo intransitivo conserva il significato di 'esercitare l’ufficio di àuspice, trarre gli auspici', che riporta alla sua etimologia, dal latino avis, 'uccello' e specĕrĕ, 'trarre gli auspici' (in latino auspicare, auspicari). Come transitivo ha invece il significato di 'pronosticare, augurare, desiderare per l’avvenire': in questo significato di 'augurare' il verbo ha costruzione soggetto/verbo/argomento diretto, con l’argomento che può essere anche espresso da una frase, introdotta da di o che: “auspico una brillante carriera”, “auspico che tutto vada bene”. Con questo secondo significato, dunque, il verbo auspicare non ammette la forma intransitiva, come richiesto da diversi lettori, cioè una forma in cui il primo argomento sia necessariamente indiretto: non è ammissibile quindi una frase come “auspico a una brillante carriera”. Ovviamente possiamo sempre trovare il verbo in frasi come “auspico per Gianni una brillante carriera”, in cui vi sia uno (o più) argomenti indiretti e il verbo sia usato in forma transitiva, con il primo argomento diretto.
Le cose però non sono andate sempre così: il GDLI (1961) e lo ZINGARELLI (1970) lo consideravano ancora esclusivamente come transitivo, anche nel significato di 'trarre gli auspici' (lo ZINGARELLI).
Veniamo però alla questione più complessa, anch’essa oggetto di moltissime domande da parte dei nostri lettori, e cioè se sia ammissibile la costruzione pronominale (da molti detta "riflessiva") del verbo auspicare: sono corrette dunque le espressioni “mi auspico la vittoria”, “ci auspichiamo la buona riuscita”?
Naturalmente non dobbiamo confondere questi casi con quelli in cui il clitico ha valore impersonale o passivante, che sono conformi al sistema grammaticale dell’italiano. Vediamo alcuni esempi: "L'esperienza della crisi non ha determinato a livello mondiale una consistente de-finanziarizzazione. Né, forse, un processo di questo tipo era da attendersi e da auspicarsi" (Repubblica.it, 8 aprile 2013).
In questo passo la presenza del clitico ha valore passivante, dunque è ammessa come costruzione tipica di un verbo transitivo: potremmo parafrasare con “né, forse, un processo di questo tipo era da essere atteso e da essere auspicato”. O ancora, qualora il clitico abbia valore impersonale, come nel periodo “un nuovo incontro è previsto per il 25 novembre quando si auspica che saranno superate tutte le divergenze (Repubblica.it, 5 novembre 2013), esso è da ascriversi alla stessa costruzione impersonale.
Col significato di 'sperare, augurarsi', però, il verbo è classificato da alcuni dizionari contemporanei (GRADIT, Vocabolario Treccani online) anche come transitivo pronominale, cioè come un verbo che si presenta nella sua forma lemmatizzata con il clitico -si: auspicarsi.
Molti ritengono che questo uso pronominale sia dovuto all’influenza di un verbo affine ad auspicarsi sia nella forma sia nel significato (fenomeno questo abbastanza raro in italiano!), cioè il verbo augurare, che contempla la forma pronominale augurarsi.
È probabile che le cose stiano davvero così e che auspicarsi, attestato molto spesso nelle recenti banche dati (specie con il clitico alla prima persona, singolare e plurale), sia trascinato dalla contiguità con augurarsi a un valore intransitivo pronominale e a un significato che non gli sono del tutto propri (e che infatti molti, sulla rete, riprendono).
Per approfondimenti:
A cura di Valentina Firenzuoli
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
27 gennaio 2014
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