Per Elisa Gorla, che ci scrive da Neuchâtel (Svizzera) per chiederci quale sia "esattamente la differenza tra prelievo e prelevamento, e per G.M. che ritiene che "in banca debba e possa dirsi solo prelevamento", mentre prelievo "si addice più al prelievo di sangue", pubblichiamo la risposta di Domenico Proietti apparsa sul n. 43 della Crusca per voi (ottobre 2011).
Valeria Secchieri chiede se ci siano differenze di significato tra prelevamento e prelievo che ne selezionino l’uso in ambiti differenti.
Le voci prelevamento e prelievo indicano etimologicamente l’azione di prendere o detrarre una parte o porzione da un importo o massa più grande e, insieme, la parte, la somma o la quantità così ottenute. Derivano entrambe (la prima con suffisso pieno; la seconda con suffisso ridotto, o ‘suffisso zero’) dal verbo prelevare, a sua volta derivato dal francese prélever in uso dall’inizio del XVII sec. con lo specifico valore di ‘mettere un’imposta o tassa su qualcosa/qualcuno’, assai lontano da quello dell’etimo latino praelevāre (‘levare prima’), e ben presto sviluppatosi nel più ampio significato di ‘prendere una parte da un tutto’.
Il verbo prelevare penetrò largamente nell’italiano nel corso dell’Ottocento (nel suo Dizionario, Tommaseo lo giudica “usatissimo”, ma “non bello”); più lenta fu invece l’affermazione dei suoi derivati. Di prelevamento si ha una precoce attestazione nel 1708 (nella prefazione a un’edizione degli scritti tributari dell’economista francese Vauban), ma esso ricorre con una certa frequenza nell’uso burocratico e giuridico solo a partire dalla metà del secolo successivo. Ben più rade, infine, le attestazioni di prelievo, che resta d’uso tutto sommato sporadico per tutto l’Ottocento.
Nell’italiano contemporaneo, prelevamento e prelievo presentano diverse differenze negli ambiti d’uso, nella diffusione e in alcune accezioni.
Prelievo risulta nettamente più diffuso: una ricerca in Internet (dicembre 2011) sul più utilizzato motore di ricerca (Google) restituisce circa 4.340.000 occorrenze della forma prelievo, rispetto alle 540.000 circa di prelevamento. Tale diffusione con ogni probabilità è stata favorita, se non proprio determinata, dalla specializzazione che il termine ha avuto, in particolare nell’ultimo cinquantennio, sia nel linguaggio bancario, economico (e, più recentemente, anche politico), sia nel campo delle scienze naturali, geologiche e biomediche. In queste ultime, indica l’estrazione di un campione per scopi di ricerca, analisi o terapia; in particolare, negli ospedali sono presenti aree e strutture specificamente dedicate alla raccolta e all’esame dei campioni prelevati (sala prelievi; prelievo di sangue; analisi dei prelievi). Nel linguaggio bancario, designa l’operazione (spesso effettuata in apposite aree o strutture: sportello/cassa prelievi) con la quale si ritira una somma da un conto e il relativo importo. Con la locuzione prelievo forzoso (tornata recentemente d’attualità nel dibattito politico) si indica il provvedimento normativo in forza del quale lo Stato preleva direttamente, a fini fiscali, una determinata percentuale sui depositi bancari (un provvedimento di tal genere fu emanato nel luglio 1992 dal governo presieduto da Giuliano Amato).
Prelevamento non è usato per indicare l’estrazione di campioni ed è meno frequente nell’accezione economico-bancaria di prelievo. A differenza di quest’ultimo, però, può essere utilizzato per indicare l’azione con cui si prende e si porta via qualcuno con la forza o d’autorità’ (accezione derivata probabilmente dal linguaggio militare della prima guerra mondiale, in cui prelevare equivaleva a catturare, cfr. A. Panzini, Dizionario moderno, ed. 1918, p. 658). Con quest’ultimo significato, in tempi più recenti, il termine prelevamento ricorre più volte nelle lettere scritte da Aldo Moro durante la sua prigionia nelle mani delle Brigate Rosse con riferimento alle fasi del suo rapimento (nei documenti dei brigatisti, invece, è usato il vocabolo cattura).
Domenico Proietti
Piazza delle lingue: Lingua e saperi
16 settembre 2013
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