Iscriversi a, iscriversi in: come si entra all’università?

Alcuni lettori ci domandano se il verbo iscrivere debba essere seguito dalla preposizione a oppure in; e, conseguentemente, quale costruzione sia da preferirsi tra “mi sono iscritto in Medicina” e “mi sono iscritto a Medicina”.

Risposta

La questione
A insinuare dubbi nei parlanti, e a essere pertanto messa in discussione, è la reggenza del verbo iscrivere, in particolare con riferimento a un ben determinato contesto morfosintattico e semantico: l’uso riflessivo attraverso cui si esprime l’accesso a un percorso di studi universitari. Le domande dei lettori si inseriscono in un quadro circoscritto, ma per affrontare efficacemente la questione è imprescindibile una prospettiva ampia che abbracci l’insieme delle accezioni e degli usi del verbo; inoltre, l’intrinseca complessità di iscrivere può essere colta, e l’origine delle perplessità dei lettori riconosciuta, soltanto mediante una digressione storica propedeutica alla ricostruzione dei valori attuali, questi ultimi da affrontare e soppesare, necessariamente, in una duplice ottica linguistica e sociolinguistica.

La storia
L’etimologia del verbo iscrivere è lineare e ci riconduce al lat. inscrībere ‘scrivere (scrībere) dentro (in-) un elenco, un libro, ecc.’ (DELI). Dal nucleo semantico racchiuso nella parola latina discendono direttamente i significati propri di quella italiana, il cui rapporto con l’antecedente è trasparente: le sfumate accezioni del verbo in esame possono infatti essere organizzate in due campi semantici, documentati sia dai vocabolari storici sia dalla più ampia parte di quelli dell’uso, intersecanti e derivanti dalla funzione originaria.

1. ‘Scrivere, disegnare, incidere sopra qualcosa’ (GDLI). A questo significato si associa una più circoscritta referenza tecnica, specifica dell’àmbito geometrico, ossia ‘costruire all’interno di un poligono una circonferenza o una conica in modo che sia tangente a tutti i lati del poligono stesso’ (GRADIT); una accezione che però, oggi, è di preferenza resa attraverso la forma corradicale e concorrente inscrivere, da considerare ormai un allòtropo:

Trovò uno libro con fogli sottili, quasi di legno, ed era di volume quasi com’uno salterò: iscritto era di tre lingue, greca, ebraica e latina. (Giovanni Villani, Cronica, I, XXX, 1308-)

Per iscrivere un poligono regolare di qualunque numero di lati in un dato circolo, basta saper trovare una tanta parte della periferia, quanto è il numero de’ lati del poligono. (Eustachio Manfredi, Elementi della geometria piana e solida e della trigonometria, Bologna, Lelio dalla Volpe, 1755)

2. ‘Registrare, inserire qualcuno o qualcosa in un registro, in una lista’ (DISC).

Ordinamo che posa trare cascuno dei companni li quali sono iscriti in questo quadreno [sic] 1. sete per centinaio per anno. (Quaderno dei Capitali della Compagnia dei Boni, 1259)

Da chi in giù sarà iscripta la tassagione de’ fornaciari e’ quali cuocono dentro a la città di Siena, e debbono pagare XL soldi l’anno. (Statuto della Gabella di Siena, 1301-1303)

Giuseppo venne colla Donna Nostra in Beliem alla città sua per farsi iscrivere con gli altri. (Domenico Cavalca, Le vite dei Santi padri, a. 1342)

Da simili usi è maturata, per estensione, la consuetudine di impiegare il verbo per indicare l’azione di ‘entrare a far parte di (o includere in) un gruppo organizzato (istituzione, associazione, partito, scuola, corso di laurea)’.

Le informazioni sin qui raccolte ci consentono di delineare, nitidamente, le trasformazioni conosciute dal verbo: il primitivo logico-semantico si rintraccia nella scrittura, che può declinarsi anche come compilazione di un registro oppure inserimento di un nome nella lista degli appartenenti a un determinato gruppo, operazione da cui consegue l’inclusione della persona nello stesso. Quest’ultimo significato, è bene precisarlo, non è uno sviluppo recente: il GDLI lo attesta a partire dagli inizi del Trecento.

Siano tenuti questi capitani di non fare e non lasciare fare iscrivere quelli ch’entrano nela Compagnia di nuovo, se non istanno passate ivi tre processioni. (Testi fiorentini del Dugento e dei primi del Trecento, a. 1313)

Completiamo l’excursus storico rilevando che le accezioni discusse, sebbene essenzialmente coeve, non si distribuiscono uniformemente lungo l’asse cronologico: le attestazioni racchiuse nel corpus OVI (Opera del Vocabolario Italiano) indicano la forte predilezione dell’italiano antico per l’impiego di iscrivere con riferimento alla compilazione dei registri, così come abbondante è la documentazione relativa al più generico significato ‘scrivere’. Le medesime preferenze sembrano essersi preservate per quasi tutta la storia della nostra lingua: le testimonia lo spoglio della Biblioteca Italiana Zanichelli (BIZ) e del catalogo librario accessibile tramite Google libri, da cui si ricava che i rimandi all’ingresso in un gruppo oppure all’adesione a una società o istituzione si fanno consistenti e pervasivi solo a partire dal tardo Ottocento.

Oggi la valenza originaria del verbo appare sbiadita: tra le accezioni di iscrivere il GRADIT riporta ancora ‘scrivere, disegnare, incidere sopra una superficie a fini decorativi e ornamentali’, ma le attribuisce la marca BU (= Basso Uso) riservata a parole e significati rari. È invece ancora ben presente e riconoscibile l’impiego della parola per indicare la registrazione di atti e documenti, per lo più vitale nei linguaggi giuridico e burocratico, quest’ultimo, come è noto, comunque non alieno all’interazione con la lingua comune; in questa, come la nostra stessa esperienza ci testimonia, è ben radicata, forse persino prevalente, l’accezione su cui vertono le domande dei lettori.

I movimenti semantici abbozzati possono essere interpretati come tensione verso una crescente astrattezza che comporta una sempre più flebile, talvolta indistinguibile, relazione con la concreta attività scrittoria: crediamo si possa affermare senza timore di smentita che, nella percezione dei parlanti, l’iscrizione a qualcosa non evoca più la materialità della scrittura, il nesso con la quale è dunque retrocesso o svanito.

La norma
Nelle sue accezioni ancora vitali il verbo iscrivere presenta la struttura argomentale sogg-v-arg-prep.arg (DISC). In aggiunta, come peraltro additato dalle domande che ci sono state poste, esso ammette l’uso riflessivo, sebbene vincolato all’espressione del significato ‘compiere le formalità necessarie per essere ammesso a un’organizzazione o a un’attività come membro, socio, partecipante’; tale diatesi comporta la sovrapposizione tra soggetto e complemento diretto, la struttura si adegua pertanto allo schema sogg-v-prep.arg (DISC). In definitiva, per poter realizzare il proprio significato il verbo necessita di un argomento introdotto da preposizione: al riguardo sembrano non sussistere né incertezze né perplessità.

Giunti a questo punto della nostra riflessione, che è poi anche un’indagine, non si può più eludere la questione principale, con tanta chiarezza posta dai lettori; dobbiamo dunque domandarci: quale preposizione? La casistica offerta dai dizionari delinea un quadro coerente e privo di ambiguità.

1. Se l’azione consiste nell’inserimento di un documento o un nome in un registro o un elenco, le preposizioni ammesse sono le stesse che accompagnano normalmente il verbo scrivere: primariamente in e su.

Iscrivere una spesa nel bilancio (Devoto-Oli 2024);
iscrivi il mio nome nell’elenco dei partecipanti (DISC);
iscrivere una proprietà nel registro delle ipoteche (GRADIT);
iscrivere nell’albo dei soci (Vocabolario Treccani).

2. Negli altri casi, compresi gli usi riflessivi, trova concordi tutti i dizionari la selezione della preposizione a.

Iscrivere un bambino all’asilo, iscriversi a un partito politico (Devoto-Oli 2024);
iscrivere il figlio alla prima classe del liceo, iscriversi a un partito (DISC);
iscrivere una squadra a un torneo, iscriversi all’università (GRADIT);
iscrivere il figlio alla scuola media, iscriversi al Circolo canottieri (Vocabolario Treccani).

Siamo dunque pronti a risolvere la questione promuovendo la struttura descritta (o prescritta) dai repertori lessicografici e, di conseguenza, dichiarando la correttezza dell’espressione “iscriversi a medicina” e denunciando l’erroneità di “iscriversi in giurisprudenza”? Non ancora: è necessario rivolgere uno sguardo ulteriore alla storia della parola.

Gli esempi raccolti nel GDLI paiono confermare esattezza e linearità del profilo sin qui tracciato. Tra le sue pagine si possono infatti individuare le seguenti citazioni:

Nel 1295, essendosi vinto che chi dei grandi volesse abilitarsi agli uffici e agli onori, potesse, togliendosi dal novero de’ grandi e iscrivendosi a una delle Arti; nel 1295 Dante si faceva popolano. (Giovanni Pascoli, La mirabile visione, Messina, Vincenzo Muglia, 1902)

Raccomandò di non iscriversi ai partiti sovversivi, di non leggere la stampa anticristiana, e oscena. (Cesare Pavese, La luna e i falò, Torino, Einaudi, 1950)

Avevano qualcosa, contro Bruno? Se ce l’avevano, con lui, potevano vietargli di iscriversi al torneo. (Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi Contini, Torino, Einaudi, 1962)

L’ho iscritta a una scuola di dattilografia: ho pagato anticipato, un intero trimestre. (Mario Soldati, Le due città, Milano, Garzanti, 1964)

Un bel giorno arriva una lettera: abbiamo iscritto sua figlia ai corsi di ballo. (Guido Piovene, Madame la France, Milano, A. Mondadori, 1966)

La complessità delle vicende storico-linguistiche impone alla nostra attenzione anche un’eccezione e un’incrinatura, entrambe celate nelle fonti del GDLI. L’eccezione, sistematica, è data da un particolare sfumatura del significato considerato, ossia ‘ammettere a far parte di una determinata cerchia o categoria di persone; ascrivere’, che apre all’utilizzo della preposizione in.

Quando tu vedrai il messo di Dio, tu adorerai e ringrazierai Idio, e serai allora iscritta nella compagnia de’ santi e delle sante della città di vita eterna. (Collezione di leggende inedite, sec. XIV)

Senza volerlo, ero stato iscritto anch’io nella legione sempre crescente dei suoi nemici. (Eugenio Montale, Farfalla di Dinard, Milano, A. Mondadori, 1960)

L’incrinatura si origina invece da un passaggio della novella di Luigi Pirandello In silenzio (1a ed.: in “Novissima. Albo annuale d’arti e lettere”, V, 1905) che, per di più, fa riferimento proprio all’iscrizione a un corso universitario:

si sarebbe iscritto in legge; e se riusciva a ottener la laurea, questa gli avrebbe servito per qualche concorso di segretario allo stesso Ministero della Pubblica Istruzione.

Una singola eccezione non è probabilmente sufficiente a infrangere certezze che ci erano parse acquisite. Obbliga però almeno alla raccolta di indizi aggiuntivi, indispensabili per valutare se l’ambiguità assente nei dizionari è invece attestata negli usi; usi che potrebbero quindi esibire un maggiore grado d’incertezza, una più o meno intensa variabilità.

L’uso
L’ormai ampia disponibilità di corpora italiani consente un carotaggio in profondità delle realizzazioni linguistiche servendosi del quale è possibile prelevare ed esaminare campioni appartenenti a differenti strati diafasici; nello specifico, ci pare opportuno sottoporre a scrutinio sia gli usi letterari sia testi rappresentativi di registri che, non senza approssimazione, possiamo rispettivamente definire medio-alto e medio-basso. Di seguito riportiamo una sintesi dei risultati della nostra indagine, condotta avendo cura di discernere le effettive occorrenze di iscrivere da quelle del verbo scrivere preceduto da i- prostetica, che in passato poteva aversi non solo dopo parola terminante in consonante (come avviene tuttora nel caso della formula per iscritto), ma anche dopo vocale (in tal caso, più che prostetica, la i si direbbe pseudoetimologica).

I corpora PTLLIN (Primo Tesoro della Lingua Letteraria Italiana del Novecento) e BIZ aprono all’esplorazione degli scritti dei più importanti autori della nostra storia linguistica e letteraria, dalle origini sino alla contemporaneità. La ricognizione dei contesti pertinenti conferma il netto predominio della preposizione a, mentre in è relegata ai margini e alla condizione di anomalia. La struttura verbo + in riemerge però in Pirandello, non solo nella già citata novella In silenzio ma anche nei Quaderni di Serafino Gubbio operatore (Firenze, Bemporad, 1925):

rimasi a lungo perplesso, se non mi convenisse lasciar lì nel cassetto, ove da tant’anni dormiva, il diploma di licenza dall’istituto tecnico, e di procurarmi quella dal liceo, per iscrivermi nella facoltà di filosofia e lettere.

All’autore agrigentino si affianca il solo Giovanni Verga; una compagnia indubbiamente illustre, ma certo assai ristretta (e che insinua il dubbio, data la comune origine siciliana dei due scrittori, che possa trattarsi di un costrutto regionale; anche se, è bene sottolinearlo, oggi lo si rintraccia sull’intero territorio italiano):

è un galantuomo perché è iscritto nella vostra lega dei lavoratori! (Giovanni Verga, Dal tuo al mio, “La nuova antologia”, 16 maggio - 16 giugno 1905)

I corpora CORIS (COrpus di Riferimento dell’Italiano Scritto) e la Repubblica, che raccoglie gli articoli pubblicati sull’omonimo quotidiano tra il 1985 e il 2000, descrivono i medesimi rapporti di forza tra a e in. Le prime mille occorrenze del lemma iscrivere in CORIS mostrano che il verbo viene impiegato prevalentemente per esprimere l’associazione a qualcosa; 308 volte si tratta di scuole, università, facoltà e corsi di studio, una casistica ampia la cui uniformità sintattica è increspata da appena due emersioni della preposizione in:

ciò che preoccupa i francesi è il fatto che la percentuale di coloro che si iscrivono nelle facoltà scientifiche dopo il liceo S diminuisca;

era iscritto in Ingegneria quando decise di dedicarsi al lavoro full-time nel call center.

Affini sono gli usi caratterizzanti il quotidiano “la Repubblica”: lo spoglio di cento occorrenze del verbo in combinazione con nomi di facoltà e corsi di laurea rileva la presenza di a novantanove volte, di in solo una, all’interno di un virgolettato.

«Mi ero iscritta in economia e commercio ma ho dovuto abbandonare perché dietro l’angolo ci sono i primi segnali di una crescente disoccupazione […]». (Tiziana De Giorgio, L’autofficina della signora dei motori, 3/5/2018)

Una maggiore complessità emerge invece dall’indagine dell’archivio storico del “Corriere della sera”, all’interno del quale è presente un buon numero di attestazioni dell’uso di in, sebbene esso risulti comunque marginale rispetto a quello concorrente; più del dato in sé, a essere degna di nota è la distribuzione cronologica delle occorrenze, che paiono significativamente addensarsi negli ultimi venti anni, forse quale conseguenza di un rafforzamento della consuetudine o di un indebolimento della norma. Riproduciamo alcuni esempi pertinenti, in ordine cronologico inverso, sottolineando che la casistica, pur ben documentata, è nettamente minoritaria:

Ho frequentato il liceo linguistico Regina Margherita, poi mi sono iscritta in Economia, convinta da mia sorella Rosalia, ingegnere. (Elvira Serra, «Andavo male all’università, fu mamma a volermi cantante Non mi sposerò mai più», 16/3/2023)

«[...] Mi sono iscritta in Scienze politiche alla Luiss, dove già al terzo anno ho fatto uno stage, dopo aver vinto una borsa di studio». (Carlo Macrì, «Il mio orale con L’Antigone Sogno di fare la diplomatica», 24/7/2021)

Con il diploma superiore, nel 2013 decide di iscriversi in università: mediazione culturale? (Paolo Di Stefano, La laurea di Tawfik arrivato sul barcone, 15/5/2018)

Dopo la maturità classica al liceo Benedetto da Norcia mi sono iscritta in Giurisprudenza. (Elvira Serra, Legale anti-alcol ubriaca al volante «Non berrò più, neppure alle feste», 31/8/2008)

Mio figlio vuole iscriversi in ingegneria, qual è la migliore università d'Italia? (Isidoro Trovato, Dove la laurea è davvero eccellente, 20/2/2006)

«[...] Il problema qui si è capovolto: ci sono pochi ragazzi che decidono di iscriversi in facoltà scientifico-elettroniche». (Isidoro Trovato, Clamoroso al Cibali Catania batte Milano nel lavoro «hi-tech», 2/2/2001)

Concludiamo il nostro percorso allargando lo sguardo a registri meno sorvegliati, il confronto con i quali è indispensabile per valutare l’effettiva penetrazione del costrutto. Certamente interessanti, oltre che di grande significatività, sono i risultati delle verifiche sul corpus Italian Web 2020 (itTenTen20), che attinge a siti Internet e blog: limitando i rilievi ai soli contesti per noi di primario interesse (accesso a corsi universitari), emerge che nel 93% delle occorrenze (1.349 su 1.500 considerate) il verbo regge la preposizione a. Il dato è inequivocabile, la preponderanza della scelta palese. Al tempo stesso non si può ignorare che l’uso concorrente è tutt’altro che occasionale e trascurabile; ne riportiamo, di seguito, alcuni esempi:

A chi - come me - si è iscritto in giurisprudenza a metà degli anni ’60 sono capitate tante fortune (democraziaoggi.it);

Se tutto va bene io dovrei iscrivermi in ingegneria a fine estate (elaborare.com);

Per dimostrargli che sotto la sua chioma c'è ben altro, si iscrive in giurisprudenza (recensionifilm.com);

un regalo del nonno, che faceva il medico e che convinse il padre di Elda Pucci ad iscriverla in medicina (Repubblica.it);

Figlio di un musicista di origini italiane, Karl Venturini si iscrisse in teologia a Helmstedt nel 1788 (Wikipedia.it).

Le medesime considerazioni sono suggerite dal corpus di italiano parlato KIParla, le cui dimensioni sono più ridotte rispetto al precedente ma all’interno del quale sono comunque raccolte due attestazioni rilevanti, entrambe provenienti da Bologna:

appena arrivato a bologna mi sono iscritto in un corso its specializzato per il marketing digitale e la comunicazione su~ [sic] sui social media;

[…] lei non si è iscritta sicuramente in una facoltà.

La traversata compiuta in queste pagine ci ha portato a confrontarci non solo con la selezione compiuta dai vocabolari, ma anche con le preferenze degli scrittori e, più in generale, con le consuetudini degli italiani; paesaggi differenti, profondamente eterogenei, all’interno dei quali iscrivere mantiene però la sua predilezione per argomenti introdotti da a. Eppure, imbattersi nella preposizione in non è poi così raro, e ciò motiva e giustifica i dubbi dei lettori che riconoscono l’esistenza di soluzioni concorrenti.

In accordo con i processi storici ricostruiti, è improbabile che le incongruenze descritte scaturiscano dalla diretta influenza del significato originario del verbo e dunque che iscrivere evochi nei parlanti l’idea di inserire un nome in una lista: il valore etimologico si è ormai opacizzato. Appare inoltre poco plausibile che la preposizione in abbia indebitamente occupato spazi riservati ad a quale conseguenza dell’interferenza degli usi giuridici e burocratici, nei quali la sequenza iscrivere in è tutt’altro che infrequente ma primariamente correlata alla registrazione di documenti e atti; e questo nonostante si abbia ormai grande dimestichezza con frasi come “è stato iscritto nel registro degli indagati”, quotidianamente lette nei giornali e ascoltate nei notiziari televisivi. Siamo invece portati a credere che si sia progressivamente sviluppata una percezione più propriamente locativa, correlata a un’idea di iscrizione come ingresso in qualcosa che alcuni, in maniera forse inconsapevole, ritengono più efficacemente espressa da in: l’adesione a un gruppo o a un’istituzione diventa accesso a un luogo e frequentazione dello stesso, ciò che si studia e lo spazio in cui lo si fa si sovrappongono e “iscriversi a Medicina” viene interpretato come “entrare nella facoltà o nel dipartimento di Medicina”, peraltro assecondando un’associazione favorita dalle accezioni di dipartimento e facoltà come luoghi fisici. Una circostanza forse sospinta, o quanto meno sostenuta, dalla familiarità con locuzioni quali iscriversi in palestra o iscriversi in piscina e che, forse, potrebbe celare anche una inconscia ellissi: “iscriversi in Lettere” come “iscriversi al corso di laurea in Lettere”.

Una possibile risposta
Sulla base dell’accordo tra indicazioni dei dizionari, testimonianze storiche e usi prevalenti nello scritto sorvegliato, ancora abbastanza ben rappresentato dal linguaggio giornalistico, riteniamo che, nei contesti considerati, il verbo iscrivere debba reggere un complemento di termine introdotto da a. La struttura iscrivere in si associa primariamente a varietà di lingua meno controllate, ed espone quindi a una valutazione sociolinguisticamente negativa degli enunciati; ma forse non più così negativa se il sito di un importante ateneo italiano può permettersi di presentare ai navigatori una sezione intitolata Iscriversi in UniTo.

Giovanni Urraci

16 giugno 2025


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