Una lettrice messinese chiede: “Espressione italiana o dialettale, qual è l’espressione corretta?”. Ovvero in maniera specifica: “L’espressione di uso comune lasciare qualcosa piedi piedi è italiano o una traduzione del dialetto (siciliano in questo caso)?”. E aggiunge ancora: “si dice piedi piedi o a piedi piedi”?
“Italiano vs dialetto”? o “Pan-italiano vs italiano regionale”?
La contrapposizione della lettrice tra “espressione italiana” vs “espressione dialettale” o “traduzione dal dialetto” nello specifico siciliano, è da intendere in maniera teoricamente più adeguata come “espressione pan-italiana” vs “espressione dell’italiano regionale” (o “diatopico”) meridionale.
L’espressione meridionale è nella fattispecie lasciare qualcosa piedi piedi, che vale ‘in giro, in disordine, fuori posto’, ed è nel contempo definita dalla lettrice “di uso comune”.
A questo punto si tratta di accertare se tale espressione è effettivamente “di uso comune”, pan-italiano, oppure limitata geograficamente a Messina e più in generale alla Sicilia, ed eventualmente ad altre regioni.
Un micro-regionalismo
L’assenza di tale espressione nella vocabolaristica storica come il Grande dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia e Giorgio Barberi Squarotti (GDLI, vol. XIII 1996), e nei dizionari sincronici come GRADIT 20072, Il Nuovo De Mauro, Treccani-Simone 2005, Sabatini-Coletti 2007, Garzanti 2020, Devoto-Oli (dal 2017 al 2020), Zingarelli 2022, autorizza a sospettare fondatamente che tale uso non sia pan-italiano, ma un micro-regionalismo limitato alla Sicilia. Una micro-indagine con amici e colleghi (25 informanti) permette di accertare infatti che tale uso è ignoto nell’Italia settentrionale, in Piemonte (2 informanti: 1. “No, non conoscevo l’espressione e non l’ho mai sentita”; 2. “Non l’ho mai sentito”), in Liguria (un informante: “Io non l’ho mai sentita”), e a Roma (3 informanti: 1. “Io non uso questa espressione”; 2. “Mai detto, mai sentito, qui a Roma”; 3. “Da ‘romano’, non ho mai sentito quest’espressione”), nelle Marche (un informante: “Quanto all’espressione ti dico con assoluta certezza che sia io sia mia moglie non l’abbiamo mai profferita”), in Campania (un informante: “Ci è un modo di dire completamente sconosciuto”), in Basilicata (un informante: “No, in Basilicata questa espressione [= lasciare le cose piedi piedi, cioè ‘in giro’] è estranea”), in Sardegna (un informante: “No, mai sentito. Cosa significa?”. Alla mia risposta: “significa ‘in giro, in disordine, fuori posto’”, ha così commentato: «Io direi “c’è un sacco di roba in mezzo ai piedi! Facciamo ordine”». Assente anche nell’italiano della Calabria: un informante si è così espresso: “lo uso [il costrutto lasci sempre le cose piedi piedi i.e. ‘in giro, in disordine’] solo quando parlo in dialetto (dunque, raramente). In italiano, non credo di averlo mai detto (magari, mi sarà scappato senza che me ne rendessi conto...)”. Lo stesso ha ribadito: «In italiano evito strutture dialettali. In dialetto dico “Dassi sempri i cosi pedi pedi”». Un secondo informante: “Riguardo alla richiesta dell’uso lasciare piedi piedi, le confesso che non è un’espressione che conoscevo. Non l’ho mai sentita, probabile che qui non si usi”. La variante sei sempre piedi piedi cioè ‘fuori (casa)’ è ancora ignota a un albanofono («mai da me sentita prima e quindi ritengo sia “estranea” al contesto dialettofono, almeno a quello calabro-settentrionale»).
In Sicilia la frase lasciare qualcosa piedi piedi è invece confermata da 6 informanti (Catania: “da parte mia lasci le cose sempre piedi piedi!”; Catania: “Confermo. Lo dico anch’io”; Siracusa: “Confermo che conosco e uso l’espressione”; Caltanissetta: “Sì lo dico (mio figlio conferma e anche la sua ragazza dice di sentirselo dire da sua madre)”.
Un quinto informante di Messina usa il costrutto in una variante verbale. Alla mia domanda: “Tu dici da messinese italofono: lasciare qualcosa piedi piedi ovvero ‘in giro’?” la sua risposta è stata: “Non dico questa frase che mi pare agrammaticale, ma direi se ne va in giro piedi piedi”. La variante è familiare anche a me quando dico: sei sempre piedi piedi! ‘sei sempre in giro, fuori’.
Devo ancora aggiungere che l’amico e collega Francesco Altimari, albanofono dell’Università di Arcavacata (Cosenza) mi ha cortesemente inviato la foto della pagina di un suo quaderno di appunti dove scritta a mano si legge la seguente attestazione di Antonio Spadaro, Sj (i.e. della Societas Jesus ‘Compagnia di Gesù’), nato a Messina nel 1966, apparsa nell’“Espresso” il 13/6/2021: «“Sei sempre piedi piedi” mi diceva mia madre quando ero ragazzino. Intendeva dire: sei sempre in giro».
L’espressione è invece scartata da tre italofoni della Sicilia: 1. “Non ho l’abitudine né io e neanche mia moglie di usare piedi piedi per dire in giro. Ho ricordi lontani di un’utilizzazione da parte di mia madre e mi viene di pensare che si tratti di un uso dialettale italianizzato ormai dimenticato”; 2. “Meglio [...] mettere le cose in ordine”; 3. “in verità non lo diciamo”.
Un parlante di Bronte (galloitalico della Sicilia) alla mia domanda ha risposto subito: “No, dico: lasci le cose sempre in giro!”; un secondo informante: “Personalmente non uso quella espressione [= “lasci sempre le cose piedi piedi!”] ma ne conosco bene il significato”.
L’uso del composto pedi pedi nel dialetto siciliano
Stando al Vocabolario siciliano (VS) di Piccitto-Tropea-Trovato (Catania Palermo, Centro di studi filologici e linguistici siciliani, Opera del vocabolario siciliano, 5 voll., 1962-2002, vol. III, 1990 sub pedi n. 8), il composto pedi pedi è chiosato col significato proprio ‘in giro’, e un rinvio a Michele Castagnola, Fraseologia sicolo-toscana, Catania, Stabilimento Tipografico di Crescenzo Galatola, 1863: “(Cas.) irisinni p.p. andarsene in giro, bighellonare”. In realtà, il Castagnola riporta sì l’espressione “Irisinni pedi pedi” (sub pedi n. 9) ma con significato figurato: “Dicesi di chi lavora poco quasi a stento e di mala voglia”. L’espressione, che mancava nei precedenti vocabolari dialettali del Traina (Antonino Traina, Nuovo vocabolario siciliano-italiano, Palermo, Giuseppe Pedone Lauriel editore, 1868) e del Mortillaro (Vincenzo Mortillaro, Nuovo dizionario siciliano-italiano, Palermo, Stabilimento tipografico Lao, 18763), transita tale e quale dal Castagnola (1863) nel Dizionario siciliano-italiano di Vincenzo Nicotra (Catania, Stabilimento tipografico Bellini, 1883).
Polisemia del costrutto
Alla fine, l’uso regionale dell’espressione lasciare qualcosa piedi piedi appare con duplice significato. Nella fattispecie, (i) il significato letterale, localistico documentato dal VS, dalla lettrice messinese, dai due informanti siciliani di Siracusa e Caltanissetta, nonché da parte mia (Catania), con una variazione verbale dall’informante messinese e da Antonio Spadaro Sj, da me condivisa, e (ii) quello figurato, invece attestato dal Castagnola (1863) ripreso nel Nicotra (1883).
Correttezza normativa del costrutto piedi piedi
Quanto al problema della correttezza normativa di lasciare qualcosa piedi piedi posto dalla lettrice (del tutto sconosciuto è a me, invece il costrutto preposizionale a piedi piedi), si tratta di un uso corretto, in quanto, pur regionale, stando al mio micro-campione di informanti, non è “popolar-regionale”, tipico cioè dei parlanti semi(n)colti. Semmai si può riflettere sulla comprensibilità dell’espressione per i parlanti non meridionali, ma va anche detto che la sua trasparenza semantica e la sua iconicità lo renderebbero facilmente comprensibile in un determinato contesto.
Struttura formale del costrutto
Infine, riguardo alla struttura formale del costrutto iterato (o reduplicato), rinviamo la lettrice al bel saggio di Valentina Benigni e M. Cristina Lo Baido, La reduplicazione nella codifica della maniera [in it. e in sic.], in “Testi e Lingua” 14, 2020, pp. 151-179, con ricca bibliografia anche internazionale, e al volume a cura di Alexis Michaud e Aliyah Morgenstern, La réduplication, n. spec. di “Faits de langue” 29, 2007, alla base della breve analisi della tipologia di tale formato morfologico in Raffaele Simone, La grammatica presa sul serio (Roma-Bari, Laterza, 2022, pp. 65, 68-70).
Salvatore Claudio Sgroi
4 agosto 2023
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