Ci sono pervenute varie richieste sulla correttezza o meno dell’uso del verbo saggiare in riferimento a cibi. Altri lettori chiedono se il verbo sentire possa essere utilizzato come sinonimo di assaggiare.
Cominciamo subito con l’osservare che tutti i principali dizionari dell’italiano contemporaneo sono concordi nel giudicare l’uso del verbo saggiare nel senso di ‘sottoporre un cibo o una bevanda alla prova del gusto’ come “regionale” o “dialettale”; più precisamente GRADIT, Devoto-Oli, Garzanti e Zingarelli riconducono quest’uso all’Italia centrale.
In effetti, nell’italiano comune il verbo saggiare ha due accezioni: quella di ‘valutare scientificamente le qualità, le proprietà di un materiale, di una sostanza’ (“saggiare la purezza dell’oro”, “saggiare la durezza dell’acqua”) e l’altra, estensiva e figurata, di ‘mettere alla prova qualcuno o qualcosa, cercare di conoscerne la natura, le capacità, le caratteristiche’ (“saggiare l’avversario”, “saggiare il terreno”). Invece l’uso di tale verbo nel senso proprio di assaggiare sembrerebbe riconducibile ai dialetti settentrionali (come si ricava dalla voce exagium del LEI).
Nell’italiano antico e letterario le cose stavano un po’ diversamente. Il verbo saggiare è un derivato del sostantivo saggio nel senso di ‘prova, verifica, esame’, anticamente anche di un alimento (cfr. TLIO, s.v. saggio); assaggiare è a sua volta un derivato di saggiare mediante il prefisso ad- (con la d che si assimila alla consonante iniziale) o, in alternativa, potrebbe trattarsi di una costruzione parasintetica da saggio (il sostantivo assaggio costituisce invece molto probabilmente una conversione in nome di assaggiare). Questo spiega perché, nella lingua antica, i due verbi tendessero a sovrapporsi semanticamente e saggiare fosse utilizzato anche in riferimento a cibi, bevande o sostanze medicinali (cfr. TLIO, s.vv. assaggiare e saggiare). Esempi di quest’uso di saggiare si ritrovano anche in testi letterari cronologicamente più vicini a noi, come Bianca Cappello (1838) di Luigi Carrer (in Id., Racconti, Firenze, F. Le Monnier, 1857, p. 250): “Vorreste saggiare alcun che?... morsecchiare un frutto?”; la poesia Solon (1895) di Giovanni Pascoli (in Poesie, Milano, A. Mondadori, 1956, p. 622): “Erano le Anthesterie: s’apriva / il fumeo doglio e si saggiava il vino”; il romanzo L’età breve (Milano, Bompiani, 1958 [19461], p. 203) di Corrado Alvaro: “Credo che la padrona di casa vorrebbe saggiare un poco delle tue salsicce e del tuo formaggio” (cfr. GDLI, s.v. saggiare).
Tuttavia, fin dall’italiano antico assaggiare risulta adoperato molto più diffusamente di saggiare nell’accezione di ‘provare, assaporare un cibo, una bevanda’ (anche figuratamente, per esempio: assaggiare il bastone); mentre saggiare ha avuto subito una connotazione più tecnica e scientifica, come si può notare anche dai rispettivi derivati assaggiatore e saggiatore. Il primo è infatti parola d’uso comune per indicare ‘chi, soprattutto per professione, assaggia cibi o bevande per valutarne la qualità’, il secondo, invece, è termine di àmbito tecnico-specialistico, usato con riferimento a ‘chi valuta la qualità di un prodotto (dell’industria, della chimica, ecc.) o un elemento naturale’, specialmente ‘chi prova la purezza dei metalli preziosi’ (cfr. GRADIT, s.vv. assaggiatore e saggiatore). Sempre in àmbito tecnico-specialistico il termine saggiatore è (o era) impiegato inoltre per designare alcuni strumenti particolari: una ‘piccola bilancia di precisione’ adoperata dagli orafi, la quale ha ispirato il titolo di un celebre trattato di Galileo (Il Saggiatore, del 1623); un ‘tipo di sgorbia usata per assaggiare il formaggio senza spaccarne la forma’; un ‘piccolo tubo utilizzato per verificare la presenza di residui di deposito negli orci’ (cfr. GDLI, s.v. saggiatore).
Va detto che in passato il vocabolo saggiatore poteva indicare anche ‘l’assaggiatore di vini (il sommelier)’, tuttavia, come testimonia lo stesso Galileo, si trattava di un uso minoritario e giudicato già allora poco corretto rispetto a quello di assaggiatore (“il nome Saggiatore senza traslazione significa l’istesso che collybista, e non quello di praegustator vini, il quale noi chiameremmo assaggiatore”), questo perché – precisa lo scienziato – “si dice assaggiare il vino, e non saggiare” (cfr. GDLI, s.v. assaggiatore).
Indicativo è anche ciò che scrive Niccolò Tommaseo nel suo Nuovo dizionario dei sinonimi della lingua italiana (Firenze, presso Gio. Pietro Vieusseux, 1838, pp. 871-872) a proposito dell’uso dei verbi saggiare e assaggiare: «Saggiare, di metalli, piuttosto; così saggiatore; non assaggiatore. Di vivande, di vini, sempre assaggiare. “Saggiate questo vino”, a Firenze, suonerebbe strano».
Al di là di quel che si può trovare nella lingua antica o letteraria, consigliamo anche noi, con Galileo e Tommaseo, di dire “assaggia il brodo!”, “hai assaggiato la pizza?”, “vorrei assaggiare quella birra” e non “saggia il brodo!”, “hai saggiato la pizza?”, “vorrei saggiare quella birra”, anche perché in questi contesti l’uso di saggiare al posto del comunissimo e appropriato assaggiare ci pare frutto più che altro della volontà di parlare – ci si passi l’espressione – “in punta di forchetta”: ma nel far ciò si finisce, in realtà, con l’adoperare un vocabolo fuori luogo. Come abbiamo già detto, infatti, nell’italiano comune si è da tempo stabilita una chiara distinzione d’uso fra assaggiare e saggiare, e il secondo non è la variante “alta” del primo, ma è un verbo con una propria specificità semantica, utilizzato per lo più in àmbito tecnico e scientifico.
Un’ulteriore osservazione al riguardo. Le richieste giunte in redazione circa l’uso di saggiare per ‘assaporare’ provengono tutte da Napoli e provincia. Nel dialetto e nell’italiano regionale “basso” di quest’area, come di altre aree dell’Italia centro-meridionale, sono molto frequenti i verbi che presentano una a protetica: abballare, abbastare, arrubbare, astipare, ecc. (cfr. Aprile-Russo 2001, p. 20; Ledgeway 2009, p. 75; ma potrebbe anche trattarsi del prefisso ad-: cfr. Loporcaro 1988, p. 93; Formentin 1998, p. 272 alla nota 786): Proprio la frequenza di queste forme verbali può aver favorito una tendenza a sostituire impropriamente, per una sorta di ipercorrettismo, assaggiare con la forma senza la a iniziale saggiare (ma, lo ripetiamo, saggiare e assaggiare sono due lessemi distinti, anche negli usi). Un esempio precoce di questa tendenza sembra trovarsi in una lettera familiare (1854) di Luigi Settembrini: “Ho ricevuto il provolone, e ne ringrazio te e Maria. Non l’ho ancora saggiato, ma all’aspetto pare che dev’essere buonissimo” (Lettere dall’ergastolo, a cura di M. Themelly, Milano, Feltrinelli, 1962, p. 258; cfr. GDLI, s.v. saggiare). È molto verosimile, inoltre, che lo scambio dei due verbi sia stato agevolato anche dal fatto che assaggiare non è un verbo popolare in napoletano, dove tradizionalmente si adopera provare, tant’è vero che l’assaggio di un prodotto si chiama prova.
Diversa è la questione dell’uso di sentire come sinonimo di assaggiare, che riguarda piuttosto il registro linguistico. Il verbo sentire, il cui significato è propriamente quello di ‘percepire attraverso i sensi’, si adopera anche in riferimento al gusto: “ho sentito un sapore strano”, “ho sentito subito che il vino era acido”. Da questi esempi si ricava che l’oggetto di sentire non è l’alimento, ma una sua qualità, una sua caratteristica, perché l’azione del sentire è in realtà differente da quella dell’assaggiare, e si può dire che l’una sia l’effetto dell’altra: “ho assaggiato la pasta e ho sentito un sapore strano”. È pur vero che, soprattutto nel parlato familiare e colloquiale, sono frequenti frasi del tipo “senti la pasta!”, “hai sentito questa torta?”, in cui il verbo sentire assume, per metonimia, il significato di ‘assaggiare qualcosa (per verificarne la cottura, la bontà, ecc.)’, come nella memorabile scena del film Borotalco di Carlo Verdone nella quale l’attore Mario Brega, nei panni del rozzo e manesco pizzicagnolo suocero di Sergio (Verdone), “invita” quest’ultimo a sentire i prodotti della sua bottega.
Nota bibliografica
Antonio Vinciguerra
18 luglio 2025
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