Alcuni dei nostri utenti, che ci scrivono per lo più dall’area settentrionale della penisola, ci chiedono se sia possibile usare in lingua in dei in luogo di in alcuni.
La sequenza preposizione + articolo partitivo
si può usare in dei casi? E in quali?
Le richieste che ci sono arrivate in redazione ci interrogano essenzialmente sulla legittimità dell’accostamento della preposizione in con l’articolo partitivo (“in dei luoghi”, “in dei circuiti”, “in dei bicchieri”, “in dei sacchetti”, “in degli edifici”), ma il caso specifico richiama la questione più generale della sequenza preposizione+articolo partitivo, non sempre possibile in italiano. Si possono infatti individuare diverse gradualità nella legittimità e nella frequenza d’uso: del tutto inammissibile la sequenza che prevede la preposizione di con articolo partitivo (tale associazione porterebbe a frasi improponibili come *“ho appuntato il titolo di dei libri” per “ho appuntato il titolo di alcuni libri”, *“hanno saputo di delle nostre iniziative” per “hanno saputo di alcune nostre iniziative”), marginali anche se attestate quelle con da e in (“vedere da delle finestre”, “entrare in dei luoghi”), documentate e decisamente diffuse quelle con a, con, e per.
In effetti, se si esclude il caso della proposizione di, l’accostamento preposizione+articolo partitivo è attestato nei classici e largamente diffuso a tutti i livelli dell’italiano contemporaneo, nonostante le critiche dei puristi ottocenteschi che vi vedevano tracce di francesismo: e non era solo un’impressione, visto che proprio dall’Ottocento si assiste alla reale diffusione in testi italiani di questo costrutto largamente utilizzato in francese (“avec des”, “par des”, ecc.) e che le attestazioni antiche si riducono quasi solo a Bembo. E proprio Bembo viene citato a sostegno della prudente concessione all’uso presente nella Sintassi italiana di Raffaello Fornaciari (1881) che, a proposito della forma plurale dell’articolo indeterminativo (il cosiddetto articolo partitivo), dice che “si usa anche con la preposizione benché raro nei buoni scrittori” (p. 127), di cui comunque riporta alcune citazioni: “a degli altri” (appunto da Bembo) e “con de’ begli olmi” (da Manzoni).
Nelle grammatiche, fino ad anni anche molto recenti, si tramanda l’indicazione che la lingua di registro più alto debba evitare tale accostamento, ma non mancano, anche in questi casi, riferimenti a scrittori che si siano serviti del costrutto. Significativa l’apertura con cui Miklós Fogarasi, nella sua Grammatica italiana del Novecento (1969), tratta questo argomento con corredo di esempi di autori più recenti, anche se non manca di puntualizzare che in contesti più controllati l’italiano dispone di alternative: «In funzione di altri complementi il sostantivo munito dell’articolo partitivo può essere anche preceduto da altre preposizioni (più spesso con, per mai di): “una realtà che non si sentiva barattare per degli ideali …” (Pratolini); con degli amici, ecc. Ma anche qui sono da preferire i costrutti per ideali, per certi ideali; con amici, con alcuni amici, ecc. L’uso più elegante può però cercare di fare a meno dell’articolo partitivo e di sostituirlo con altri espedienti per es., invece di dire Ho bevuto dell’acqua, Ho portato dei fiori, potremo comporre la nostra frase in questi modi: Ho bevuto un po’ d’acqua, Ho portato fiori …») (p. 123).
La questione è stata riaffrontata negli ultimi decenni nell’ambito delle riflessioni che hanno portato alla definizione dell’italiano dell’uso medio da parte di Francesco Sabatini: la combinazione preposizione+articolo partitivo è stata infatti inserita fra i tratti che caratterizzano questa varietà di lingua media, anche se si continua a precisare che nelle varietà più alte (in registri formali) e in quelle più basse (regionali o popolari) si ricorre ad altre soluzioni con l’eliminazione dell’articolo o la sua sostituzione con altre forme come un po’ per il singolare, alcuni o certi per il plurale.
Proviamo, attraverso un confronto delle alternative a disposizione dell’italiano, a individuare con maggiore precisione le caratteristiche di ciascuna, per cercare di definire criteri un po’ più oggettivi che ci guidino nella scelta: l’articolo partitivo permette di mantenere l’indefinitezza sia in qualità sia in quantità (nella frase “esco con degli amici” il partitivo non dice niente né sul numero, né sul tipo di “amici”); alcuni (e al singolare un po’) risulta più preciso riguardo alla quantità (“esco con alcuni amici” esclude, ad esempio, che si tratti di un gruppo molto numeroso); certi introduce l’elemento della valutazione qualitativa (“esco con certi amici” può voler esprimere un giudizio non troppo convinto riguardo alla qualità degli amici a cui mi riferisco). Possiamo quindi dire che è proprio l’indefinitezza dell'articolo partitivo, la sua indeterminazione a favorirne l’uso, rispetto alle altre possibilità, nella lingua comune e in tutti quei contesti in cui l’indeterminatezza è proprio l’effetto ricercato. Un’altra opzione riguarda l’eliminazione dell’articolo, in forme del tipo “esco con amici”: in questo caso la genericità è totale, tanto da poter risultare fin troppo vaga e il rischio, quando non si tratti di un effetto desiderato, è quello di apparire eccessivamente distaccato o volutamente elusivo.
Si spiega allora la pervasività nel tempo e nello spazio di tale costrutto, la cui elasticità lascia grande libertà sia a chi decide di adoperarlo, sia al destinatario del testo. Non è strano quindi neanche trovarlo in testi letterari nei quali, se è vero che la sequenza rientra spesso in un contesto generale di abbassamento di registro o di “simulazione di parlato” (tale valenza assume sicuramente in Pratolini citato sopra, ma anche in Primo Levi così come in Verga in cui si rilevano alcuni casi), è altrettanto evidente che l’unione preposizione+articolo partitivo serve, anche a scrittori classici e anche in testi più sostenuti, a lasciare un ampio margine di genericità: la si trova, ad esempio, in Leopardi nella Storia dell’astronomia del 1813 “esistenti in dei manoscritti” (cap. II) e nel Saggio sopra gli errori degli antichi del 1815 “Questa pietra, a dir di Strabone, conservasi involta in delle fasce” (capo 12); la usa anche Manzoni nella quinta redazione del saggio Della lingua italiana “discorrer tra di loro alla lunga, per degli anni a un bisogno” e la si ritrova poi in Cuore di De Amicis, opera che a lungo ha rappresentato un modello di buona scrittura (“Due suore di carità andavano attorno con delle boccette in mano”). Molto più diffusa, come prevedibile, nell’italiano scritto contemporaneo senza particolari distinzioni legate alla tipologia testuale: anche se l’italiano della rete ne è senza dubbio il serbatoio più ricco, la sequenza preposizione+articolo partitivo è largamente presente anche in saggi, trattati, manuali delle più svariate discipline (dalla storia dell’arte, alla storia antica, alle scienze) e in riviste specialistiche.
Si tratta quindi di un costrutto non solo radicato e ricorrente nella lingua italiana, ma che recentemente ha avuto una sorta di lasciapassare normativo anche nella scrittura, proprio in virtù della non perfetta sovrapponbilità ed equivalenza semantica di costrutti affini. Resta valida, a mio avviso, l’importanza di conoscere le sfumature di significato di ciascuna alternativa per effettuare, di volta in volta, la scelta più adatta al tipo di testo che stiamo formulando e al messaggio che si intende trasmettere.
Per approfondimenti:
A cura di Raffaella Setti
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
27 luglio 2012
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