Un nostro giovane lettore si domanda se l’uso di verbale con accezione di ‘orale’ sia corretto.
Il quesito si riferisce soprattutto all’uso dell’aggettivo nell’opposizione scritto/verbale (che potrebbe equivalere, secondo il lettore, a scritto/orale) considerata però errata da una docente, la quale ritiene che verbale includa, dal punto di vista semantico, anche il concetto di ‘scritto’ e che, quindi, non possa essere usato in sostituzione di orale.
Per rispondere subito sulle accezioni dell’aggettivo verbale, diciamo che sì, esso può avere anche accezione di ‘orale’, come riportano i dizionari dell’uso, tra cui il GRADIT e lo Zingarelli 2022. La prima accezione registrata dai due dizionari è quella di ‘costituito da parole, che si manifesta con parole’. L’aggettivo infatti deriva dal latino tardo verbāle(m), a sua volta da vĕrbum ‘parola’ ed è dunque legato non solo al concetto di ‘scritto’, ma anche a quello, più generico, di comunicazione attraverso il linguaggio, dunque con parole. Proprio per questo motivo può assumere per estensione (come precisa lo Zingarelli 2022) anche il significato di ‘orale, espresso a voce’, in locuzioni molto diffuse come impegno verbale, ordine verbale o anche linguaggio verbale, che però può riferirsi alla lingua nel suo complesso (in questo caso, in opposizione spesso al linguaggio non verbale), con riferimento dunque anche all’uso scritto. Soffermandoci invece sull’aggettivo orale, possiamo dire che esso è riconducibile al latino ōs (genitivo ōris) ‘bocca’ e che ha come accezione principale quella di ‘della bocca, relativo alla bocca’. Anch’esso però può avere un significato esteso, cioè ‘espresso a voce’: i suoni, infatti, vengono articolati appunto nella cavità orale, la bocca. Entrambi gli aggettivi possono dunque avere un significato analogo: utilizzare verbale al posto di orale, come ha fatto il nostro lettore, non è dunque, in linea di principio, errato. C’è da dire però che per stabilire la correttezza di una parola non ci si può basare sul solo spoglio dei dizionari, ma è necessario prestare attenzione anche al contesto che la circonda e che, spesso in modo determinante, aiuta a decidere se sia più o meno adeguata. Innanzitutto, è fondamentale ricordare che in italiano (e non solo) la sinonimia assoluta è inesistente: tra due parole che possono essere considerate sinonimi esisterà sempre un’almeno minima differenza, se non nel significato quantomeno nell’uso (Aprile 2017, p. 32). La scelta di un termine rispetto a un altro può essere influenzata anche dai rapporti sintagmatici che intercorrono tra le parole, che danno vita alle cosiddette collocazioni: sequenze di parole che sono spesso combinate fra loro, diverse però dalle polirematiche perché nel primo caso è ancora possibile, almeno in parte, sostituire gli elementi della combinazione con sinonimi, senza modificare il significato complessivo dell’espressione (Aprile 2017, p. 18-20; D’Achille 2019, p. 144).
Le parole dunque si richiamano tra loro in modi piuttosto prevedibili ed è proprio ciò che avviene (o dovrebbe avvenire) nel caso sottoposto dal nostro studente, che ha utilizzato una coppia di aggettivi piuttosto diffusa nell’uso quotidiano, in cui scritto ha di solito un diretto rapporto antonimico con orale (possiamo dire che l’uno sia il contrario dell’altro). I due aggettivi si presentano spesso in collocazioni ben note, come esame scritto o esame orale, riassunto scritto o riassunto orale e simili, di cui si trovano numerosi esempi scritti e di cui sicuramente tutti abbiamo avuto esperienza nel parlato quotidiano. Sebbene dunque l’aggettivo verbale possa assumere un significato simile a quello di orale, suonerebbe strano sostituirlo a quest’ultimo in collocazioni come esame orale o riassunto orale. Un discorso analogo vale quindi anche per il nostro lettore, che ci riferisce di aver utilizzato in classe la seguente frase: “La parola info mi disturba sia in forma scritta che verbale”. Il significato di quanto espresso sarebbe certamente ben chiaro a tutti coloro che lo ascoltassero, ma altrettanto certamente tutti si aspetterebbero l’aggettivo orale: “La parola info mi disturba sia in forma scritta che orale”. In conclusione, dunque, possiamo dire che il nostro lettore ha usato l’aggettivo verbale in un’accezione non sbagliata, ma inappropriata al contesto. La correzione della docente intende esortarlo a fare maggiore attenzione al contesto e ai rapporti che intercorrono tra le parole, che spesso richiedono un sostantivo o un aggettivo più adeguati, per rendere l’enunciato ineccepibile sotto ogni punto di vista.
Nota bibliografica:
Elisa Altissimi
15 novembre 2023
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