Alcuni lettori ci interrogano su quale sia la forma corretta: porre o porgere un quesito? pongo o porgo una domanda?
Per rispondere alla domanda dei lettori analizziamo innanzitutto i diversi significati dei due verbi in questione: porgere e porre.
Il verbo pòrgere (indicativo presente pòrgo: pass. rem. pòrsi, porgesti, pòrse; part. pass. pòrto; alcuni dizionari contemporanei ammettono anche la pronuncia, oggi piuttosto diffusa, pórgere, pórgo, pórse) deriva dal latino porrĭgere ‘tendere davanti a sé’, formato da regĕre ‘dirigere’ con l’aggiunta del prefisso por-, variante di pro- ‘davanti’. La prima attestazione che segnala il DELI risale a prima del 1250, col significato di ‘tendere qualcosa a qualcuno perché possa afferrarla, impadronirsene, stringerla e simili’, mentre alla fine del XIII secolo, nel Novellino, troviamo la prima attestazione per l’accezione di ‘offrire, dare’. Nell’italiano contemporaneo il verbo assume svariati significati ed è registrato dal GRADIT, che lo marca come vocabolo appartenente al lessico di alto uso (“circa 2500 vocaboli di alta frequenza; da soli costituiscono circa il 6% delle parole che ricorrono nell’insieme di tutti i testi scritti o discorsi parlati”), con lo stesso significato con cui è attestato dal DELI (‘tendere, avvicinare una cosa a qualcuno affinché possa prenderla’: mi porgi il pane?, porgimi quel libro; a parti del corpo può essere riferito anche nel senso di ‘offrire’: porgere il braccio a qualcuno, l’espressione evangelica porgere l’altra guancia). Il significato figurato, marcato come comune, di ‘offrire, prestare’ (porgere l’occasione, il destro, porgere aiuto e anche porgere ascolto ‘dare retta’) è collegato all’accezione di ‘presentare’ che si ritrova in formule di cortesia, utilizzate specialmente nella lingua scritta (lettere, email o biglietti), come porgere cordiali saluti, sentite condoglianze. Sono segnalati come letterari dai dizionari contemporanei il significato, già presente in Dante, di ‘proferire’ (queste parole da lor ci fur porte, Inf. V, 108) e quello di ‘rivolgere’, nelle locuz. p. preghiere, parole e sim. (Vocabolario Treccani online). Sorvoliamo sulle restanti accezioni, perlopiù letterarie, riportate nei dizionari. Dunque, né il GRADIT né i dizionari moderni o contemporanei che abbiamo consultato (Palazzi-Folena, Zingarelli 1994, Sabatini-Coletti 2008, Garzanti 2017, Zingarelli 2020, Devoto-Oli 2021), riportano per il verbo porgere il significato di ‘rivolgere, formulare’ detto in riferimento a una domanda, un quesito e simili. Risalendo nei secoli, non si trovano tracce di tale accezione né nella lessicografia ottocentesca (Tommaseo-Bellini; Vocabolario italiano della lingua parlata di Giuseppe Rigutini e Pietro Fanfani, 1875), né in nessuna delle impressioni del Vocabolario degli Accademici della Crusca. Il TLIO non registra al momento né porgere né porre, sebbene di entrambi esistano numerose attestazioni nel corpus OVI dell’italiano antico.
Il verbo pórre (antico o letterario pónere) ha una coniugazione che può far sorgere qualche incertezza: indicativo pres. póngo, póni, póne; pass. rem. pósi, ponesti, póse; fut. porrò; congiuntivo pres. pónga, poniamo, poniate; part. pass. pósto. Deriva dal verbo latino pōnĕre ‘mettere giù, posare’, composto di po-, prefisso che indica allontanamento, e sĭnere ‘posare, lasciare’. Come data di prima attestazione, il DELI indica la fine del XII secolo, col significato di ‘mettere’, attestato nella Memoria d’un cambio di terra, testo in prosa di origine toscana. Nella voce del DELI sono segnalate anche le prime attestazioni di differenti accezioni del verbo e di costrutti tipici come, ad esempio, i boccacceschi porre fine ‘concludere’ (1353) e porre freno ‘contenere, frenare’ (1341-42), porre in essere ‘realizzare’ (1556, D. Barbaro), e il dantesco porre mente a qualcosa ‘considerarla con attenzione’ (av. 1321). Infine, il dizionario etimologico riporta anche la prima attestazione della locuzione che interessa i nostri lettori: porre una domanda ‘rivolgerla’ (datata 1958), attestata per la prima volta nel Dizionario enciclopedico italiano. In realtà, tra le pagine in italiano di Google libri, possiamo risalire ad alcune attestazioni ottocentesche della locuzione porre una domanda, un quesito (spesso in testi giuridici e amministrativi) e a una settecentesca (ma nel significato di ‘impostare un problema’), che consentono di retrodatare anche l’attestazione presente in ArchiDATA, 1870 Carlo Dossi):
Dopo esposte sotto il titolo di capitoli le sei esemplari forme di equazioni, già da Leonardo costituite, e dietro ad esso prescritte le regole per iscioglierle, soggiunge quattro essenziali notandi, il primo de’ quali versa su l’industria del porre il quesito in equazione. (Pietro Cossali, Origine, trasporto in Italia, primi progressi in essa dell’algebra: storia critica di nuove disquisizioni analitiche e metafisiche arricchita, volume I, Reale Tipografia Parmense, 1797)
In seguito a questi eccitamenti del re, l’ordine della nobiltà fecesi autore delle bramate proposte intorno alla religione, e nella sua raunanza dei 19 di dicembre deliberò che in capo all’altre sue rimostranze dovessi porre una domanda al re perché non volesse tolerare se non una sola religione nel suo reame [...]. (Storia dei Francesi di J. C. L. Simondo de’ Sismondi, recata in italiano da Luigi Rossi, volume XIX, Capolago, Tipografia Elvetica, 1841)
Vedano quindi, Eccellenze, come la dottrina e la giurisprudenza insegnino ben diversamente da quanto sostiensi dai signori difensori, i quali farebbero nulla meno che un obbligo alla Corte, di porre il quesito sussidiario, quando ne sia fatta proposta dalla Difesa. L’art. 480 letteralmente li condanna, facendo obbligo al Presidente di porre un quesito proposto dalla Difesa, sol quando si tratti di circostanza scusante. (“Monitore dei tribunali. Giornale di legislazione e giurisprudenza civile e penale”, 4, 1863)
Però ogniqualvolta sia da porre una domanda particolare sull’imputabilità, dev’essere modificata la principale [...]. (“Monitore dei tribunali”, 6, 1865)
Venendo ora al significato, come si legge nel dizionario novecentesco De Felice-Duro, il verbo porre “presenta una larghissima sfera di sign[ificati] e di usi che concorrono, determinandosi solo nelle varie realizzazioni concrete, con quelli di collocare, posare, impostare, fissare, rivòlgere, fare, e soprattutto con quelli di méttere”. L’affermazione è ancora valida anche nell’italiano contemporaneo. Inoltre, il De Felice-Duro segnala che, almeno nei significati condivisi con mettere, porre implica quasi sempre un tono più ricercato ed elevato. Il GRADIT marca il verbo come appartenente al lessico fondamentale (“circa 2.000 vocaboli frequentissimi; da soli costituiscono circa il 90% delle parole che ricorrono nell’insieme di tutti i testi scritti o dei discorsi parlati”) nei significati di ‘collocare, mettere’ (porre qualcosa in un cassetto, da parte, al riparo), ‘posare, appoggiare’ (porre una mano sul capo), nel senso figurato di ‘ammettere, supporre, sostenere come ipotesi, ritenere’ (poniamo che tu stia sbagliando) e in quello di ‘formulare, prospettare’ come nel caso di porre una domanda, un quesito, un problema, una questione. Appartengono al lessico comune (“vocaboli che sono usati e compresi indipendentemente dalla professione o mestiere che si esercita o dalla collocazione regionale e che sono generalmente noti a chiunque abbia un livello mediosuperiore di istruzione”) i significati di ‘piantare’ (porre un terreno a vigna) e, con valore assoluto, ‘specialmente in iscrizioni commemorative o sepolcrali, collocare, dedicare’ (i parenti tutti posero). Lasciamo da parte, anche in questo caso, i significati letterari, obsoleti e tecnico-specialistici del verbo.
Dunque, da quanto visto finora, possiamo senza dubbio affermare che porre una domanda, una questione, un problema nel significato di ‘rivolgere, formulare’ è attestato in italiano almeno dal XIX secolo e registrato dai principali dizionari moderni e contemporanei. Largamente in uso è infatti anche il participio impiegato con tale accezione in locuzioni del tipo una domanda mal posta, un quesito mal posto, di cui troviamo su Google libri una prima attestazione del 1880 (“il domandare se l’arte debba essere o non essere educatrice, è un quesito mal posto” in Luigi Sailer, Introduzione allo studio della letteratura, Milano, G. Agnelli, 1880). Stando alle indicazioni lessicografiche quindi la formula corretta è porre una domanda mentre porgere si usa per saluti, condoglianze e congratulazioni.
Tuttavia, è piuttosto evidente quanto porre e porgere siano semanticamente ricchi di sfumature e accezioni, talvolta sovrapponibili tra loro, e che ben si prestano a usi estesi e figurati, definibili perlopiù dall’oggetto cui si riferiscono. Ciò potrebbe aver contribuito alla sovrapposizione dei due verbi, riportata dai nostri lettori, nei contesti in cui il verbo entra in combinazione con domanda, quesito nel significato di ‘formulare, rivolgere’. In effetti, sia nella stampa sia in rete possiamo trovare diverse attestazioni dell’uso di porgere al posto di porre in tale accezione:
È corretto scrivere “gliel’ho fatto notare”?
È corretto, a qualunque cosa ci si intenda riferire nel porgere la domanda. (Risposta a un quesito nel magazine “Lingua italiana”, nel portale Treccani.it, 22/12/2014)
Poi Grasso porge l’interrogativo: “Prodi ritiene la finta coalizione che ha messo in piedi Renzi, che lo costringerà a votare Casini a Bologna anziché Errani, un centrosinistra unito? Noi in quel tipo di coalizione non ci possiamo stare”. (Prodi: “Voterò per il centrosinistra, chi è fuori dalla coalizione non è per l’unità”, “la Repubblica”, sez. Politica, 30/1/2018)
La moglie Chiara non ha comunque tardato a smentire la faccenda sui social, quando un follower gli ha porto la domanda riguardo alla veridicità del tradimento. (Fabrizio Corona: il suo libro e i suoi progetti per il futuro, Rumors.it, 23/1/2019)
Gentile paziente.
Porga pure i suoi quesiti, le sue richieste o le sue necessità in questa pagina. Verrà ricontattato al più presto o se preferisce una maggior privacy il contatto potrà rimanere soltanto virtuale. (dal sito www.giuliogasparini.it)
Per fornire qualche dato numerico abbiamo ricercato (il 12/3/2021) alcune stringhe significative tra le pagine in italiano di Google:
I dati mostrano una netta prevalenza per l’uso di porre. Le proporzioni tra i risultati si ripetono perlopiù identiche ricercando le locuzioni senza articoli (ad esempio: “porre quesiti” 45.400 risultati, “porgere quesiti” 359; “pongo domande” 7.210 risultati, “porgo domande” 123; “pose domande” 1.040 risultati, “porse domande” 54). Non emergono inoltre attestazioni per le locuzioni “domanda mal/ben porta”, “quesito mal/ben porto”, mentre se ne rintracciano alcune migliaia per “domanda mal/ben posta” e “quesito mal/ben posto”.
Guardando all’aspetto formale, è da evidenziare la somiglianza di certe forme flesse dei due verbi, che (a parte la possibile variazione di timbro della o, aperta o chiusa a seconda delle pronunce regionali) spesso differiscono per un’unica lettera: porgo/pongo, porto/posto, porse/pose, e anche porsi, che può essere sia la prima persona singolare del passato remoto di porgere, sia il riflessivo di porre, frequente nel caso di porsi una domanda (nel senso di ‘farsi una domanda, rivolgerla a sé stessi’). Inoltre, sempre parlando dell’aspetto formale, porgere rispetto a porre ha il vantaggio della maggiore regolarità nella coniugazione. Ciò potrebbe spiegare almeno una parte delle occorrenze di porgere riportate nella tabella.
In ambito letterario, generalmente più sorvegliato, l’uso sembra infatti limitato. Nel PTTLIN, corpus di italiano letterario moderno, ricercando le forme all’infinito, non si trovano attestazioni di porgere in tal senso, mentre possiamo contare 8 occorrenze per porre: “la gente s’era anche stancata di porre ogni volta la stessa domanda” (Michele Prisco, Una spirale di nebbia, 1966), “Il quesito che non aveva avuto il tempo di porre al suo formidabile esecutore” (Tommaso Landolfi, A caso, 1975), “Guglielmo non aveva più alcun diritto di porre domande” (Umberto Eco, Il nome della rosa, 1981). Anche nel DiaCORIS, corpus diacronico di italiano scritto, non troviamo attestazioni di porgere, né delle forme flesse porgo, porgi, porse, porto, riferite a domanda, quesito ecc. Alcune occorrenze si ritrovano invece su Google libri:
«Cosa ci fai qui?» Jake non esitò e gli porse il quesito che gli era balzato nella mente non appena lo aveva scorto fare la sua inaspettata comparsa. (Rossana Lozzio, Talent love, PubMe, 2018)
Ma, come uomo, so di poter tentare qualche domanda: so che è lecito porgere un quesito a chi, prima di noi, si è interrogato su Dio. (Armando Torno, Pro e contro Dio: tre millenni di ragione e di fede, Milano, Mondadori, 1993)
L’impiego di porgere nel significato di ‘rivolgere, formulare’ riferito a domande, quesiti, interrogativi, non sembra tuttavia un fenomeno recente. Tra le pagine di Google libri troviamo sporadiche attestazioni già a partire dal XVII secolo, anteriori quindi anche all’attestazione di porre una domanda che abbiamo precedentemente riportato:
A me par grande, e di gran consideratione, se bene ad alcuno, che io ne hò adimandato la solutione gli è parso una burla, & ò per non haver forse io saputo porgere il quesito, ò perche da quelli non sia stato inteso, mi hanno risposto cose generali [...]. (Ulisse Albergotti, Dialogo, Viterbo, Girolamo Discepolo, 1613, p. 20)
Fattosi dunque animo su l’assistenza che gli pareva che Iddio manifestamente gli promettesse, e consigliatosi con Giusto Ucondono, con Agostino, con Dario, ed altri simili cavalieri di corte, per cui mano si dovesse porgere la domanda a Cambacudono, perciochhè niun altro, per intimo che gli fosse, s’arrischierebbe a tanto, se non forse la reina sua moglie, in lei si fermarono. (Daniello Bartoli, Dell’historia della Compagnia di Giesu. Il Giappone, 1660, in Opere del padre Daniello Bartoli, vol. XXXVII, Napoli, Uffizio de’ libri ascetici e predicabili, 1857)
Pria di chiudere questa tavola statistica siami lecito di porgere un quesito. (Pietro Fuganti, Osservazioni pratiche sulla Coltivazione delle api precedute da un discorso sull’agricoltura, Rovereto, L. Marchesani, 1842)
Mi porgi una domanda che mi fa piacere di considerare: «Quali cose vorrei ritenere e scansare nei due culti cattolico e protestante per farne una religione perfetta». (lettera datata 30/5/1870, Carteggi di Bettino Ricasoli, vol. 27, Bologna, Zanichelli, 1974)
Il verbo porgere, come porre, ha inoltre una lunga tradizione nel linguaggio amministrativo e giuridico, probabilmente anche grazie all’influsso dell’antico verbo dotto porrigere, registrato nel TLIO nella forma porrèggere con i significati di ‘presentare un atto formale, una petizione a un’autorità competente’ e ‘dare, fornire’:
et altre illecite cose si fanno secondo che ne le petitioni porrette denanzi a li detti signori Nove et poscia lette nel sopradetto consèllio più pienamente si contiene... (Ranieri Gangalardi, Il Costituto del Comune di Siena volgarizzato, 1309-1310)
La rete restituisce diverse occorrenze, anche ottocentesche, di porgere una domanda, un quesito impiegato in ambito giuridico e amministrativo, analogamente a quanto già visto per porre, e che in alcuni casi parrebbe ricalcare la formula antica “porgere una rappresentanza o lagnanza” di cui è presumibile l’influenza:
Dovendo un Militare scrivere ad un altro per qualunque affare di servizio, per porgere una domanda o lagnanza, per fare un rapporto od una partecipazione [...]. (Regno di Sardegna, Regolamento di disciplina militare per le truppe di fanteria, Torino, Officina tipografica Giuseppe Fodratti, 1840)
[...] l’eguaglianza giudiziale non sarebbe punto turbata, poiché d’ordinario è l’attore che richiede l’urgenza e ne porge la domanda, ed allora non ha a lamentarsi se i mezzi di difesa del suo avversario gli sono presentati soltanto nel giorno della discussione. (“La legge. Monitore giudiziario e amministrativo del Regno d’Italia”, II, 1875)
Per ottenere lo status di membri o sezioni associate è necessario che un’assemblea parlamentare porga domanda di adesione al Bureau specificando la lista dei membri della sezione, la sua organizzazione interna e la composizione del relativo bureau, oltre che il ruolo della lingua francese nello Stato o comunità di riferimento. (Gabriella Angiulli, Un caso di cooperazione parlamentare multilaterale: l’Assemblea parlamentare della Francofonia, in Le vie di comunicazione del costituzionalismo contemporaneo: Atti del convegno biennale dell’Associazione di Diritto pubblico comparato ed europeo. Trento, Università degli Studi, 22-23 maggio 2008, a cura di A. Torre, Torino, Giappichelli, 2015)
Come suggerisce il secondo esempio, la formula porgere (la) domanda, ricorre oggi frequentemente nell’ambito della modulistica relativa alle iscrizioni ad associazioni, servizi, albi, istituti ed enti pubblici o privati:
Nel porgere domanda di iscrizione all’ENPA il sottoscritto dichiara, a pena di nullità della presente domanda, di conoscere lo Statuto dell’Enpa (disponibile sul sito web istituzionale www.enpa.it) e di non essere in possesso di permessi di caccia e di pesca, di non praticare l’uccellagione, la sperimentazione sugli animali, la vivisezione e di non esercitare, in generale, alcuna attività che arrechi sofferenza agli animali. (dal modulo Domanda di associazione per il 2021 all’Ente Nazionale Protezione Animali Onlus)
I cittadini in possesso dei requisiti possono porgere domanda di iscrizione all’albo delle persone idonee all’ufficio di scrutatore di seggio elettorale. (dal sito del Comune di Canischio, 14/11/2016)
Cerchiamo ora di trarre le conclusioni e rispondere ai nostri lettori. Se possiamo con certezza affermare che porre una domanda è una costruzione corretta e ben attestata in italiano, non possiamo però tacciare di scorrettezza grammaticale l’analogo, e da tempo attestato, uso di porgere, pur consapevoli che si tratti di un uso minoritario e meno sorvegliato. Tra le moltissime accezioni, ricche di esempi d’uso, che riporta il GDLI alla voce porgere (a cui rimandiamo per un’esaustiva analisi) troviamo infatti molti significati affini a quelli di porre e accezioni, alcune già viste, che ben si prestano, per estensione, all’uso del verbo nel senso di ‘rivolgere, formulare una domanda o simili’: ‘rivolgere parole, preghiere, lodi, lamentele, ecc.’, ‘dire’, ‘esprimere (verbalmente)’, ‘riferire, raccontare’, ‘pronunciare’ ‘presentare a un pubblico, comunicare (ai lettori o agli ascoltatori)’, ‘porre; fissare, stabilire’. Oltre alla somiglianza formale, abbiamo già evidenziato che, come porre, anche porgere è un verbo che consente un ampissimo ventaglio di usi e il cui significato è spesso desumibile dagli argomenti che lo accompagnano. Da considerare, inoltre, la venatura di garbo e cortesia che è associabile a porgere (‘dare cortesemente qualcosa a qualcuno’ Devoto-Oli 2021) e che in determinati contesti, come quello amministrativo-burocratico, potrebbe portare a prediligerne l’uso rispetto a porre. Di fatto, le formule di saluto o condoglianze formate con porgere si sono ormai cristallizzate nell’uso e appartengono a un registro formale a cui forse si mira quando si usa il verbo con altri oggetti come domanda e quesito. D’altronde, da ‘rivolgere una parola’ e ‘rivolgere un cordiale saluto’ a ‘rivolgere una domanda’ il passaggio semantico è breve e intuitivo.
Luisa di Valvasone
7 dicembre 2021
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