Ma che freddo fa? Come si rabbrividisce in Toscana

Per salutare i nostri utenti prima del Natale abbiamo pensato di proporre le diverse denominazioni e locuzioni usate in Toscana per indicare il freddo pungente della stagione invernale. Per farlo abbiamo soprattutto interrogato il corpus di ALT-web L’Atlante Lessicale Toscano in rete. Dedichiamo questa scheda in particolare a tutti coloro che per lavoro, perché vittime del terremoto o perché costretti dalla necessità, devono  affrontare il gelo anche in questi giorni di festa.

Risposta

La forma più diffusa in Toscana è zìzzola (con tutte le z sonore come in zanzara), che in area nord occidentale e all'Elba può essere anche un verbo (un freddo che si zìzzola o si zìzzola dal freddo) – o zìzzolo a Rio nell'Elba o zìzzera in alta Valtiberina e a Pitigliano nell'Amiata – che, se aggiunta a sizza di area fiorentino valdarnese, copre l’intera Toscana linguistica.

Occupano complessivamente una vasta area anche strizza (che, specialmente in area lucchese e pisana può essere anche verbo: un freddo che si strizza o che strizza l'ossa), strizzata (di freddo) e  strizzo (il tempo è a strizzo o freddo strizzo), diffusi soprattutto nel senese, nel grossetano-massetano, in area fiorentina settentrionale, nel pratese, nel pistoiese e nel pisano settentrionale; strizzone in area fiorentina occidentale.

Strìggine (raramente anche il tempo è a strìggine o strigginoso) s'incunea nell’area precedente coprendo il fiorentino della Val di Sieve e l’area compresa tra il pisano centro-meridionale il livornese il grossetano settentrionale e il senese occidentale.
Strinore è in area orientale dalla Valtiberina all’Amiata, mentre si strina dal freddo in area occidentale (Garfagnana e Montagna Pistoiese, pisano, Colline Metallifere e Elba e anche in due punti dell’Amiata). In entrambe queste aree troviamo anche stridore,termine che appare registrato dalla I alla IV Crusca ("Diciamo anche Stridore, a Freddo eccessivo") e fu usato nei suoi Saggi di naturali esperienze dal Sollevato ovvero l'accademico conte Lorenzo Magalotti.
Si bùbbola
dal freddo in area sia fiorentina sia aretina sia senese.

Nella Val di Chiana senese fino all’Amiata settentrionale c’è uzzauzzetta o uzzolina mentre è bruzza, bruzzina, brunzina o bruggina nell’aretino e ancora nella Val di Chiana.

La léppa è il freddo soprattutto in area pistoiese, ma a Badia Prataglia e a Chiusi della Verna, in Casentino si dice un freddo che leppa (olippa), probabili testimoni della forma più antica, visto che leppare "Usa[va]si anche dal volgo per Togliere, levar via" come attesta la prima edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca. Si tratta, insomma, di un antico modo per dire, come ancora si dice in Casentino, ma anche altrove, un freddo che porta via.

In Garfagnana c’è il sidro e dal freddo si assidrisce, che sarà affine all'assiderare "Agghiacciare, agghiadare, e quasi morir di freddo" già della seconda Crusca. Sempre in lucchesia, ma anche nel pistoiese  il sinìbbio, che in Versilia si presenta come zenìbbio, è un vento freddo che trascina con sé il nevischio.
Il sìdio è concentrato soprattutto nella Chiana senese. Ed è questa una parola antica perché il sido è "freddo eccessivo" già nella Crusca del 1612 e anche era nelle quattrocentesche Rime del Burchiello Poeta Fiorentino: "La stella Tramontana, è suta folle, A porsi in luogo da morir di sido".

E poi ancora: bisànfora o disànfora indicano il freddo soltanto a Volterra e a Montecatini Val di Cecina; tirizzànfola e tirizzàmpola sono usati rispettivamente a Treppio, nella Montagna pistoiese, e a Scarlino, in Maremma; la sirizzana è in alta Val di Sieve e in Casentino.

Soltanto la Lunigiana conosce ferdura, fardura, freddura, mentre la ghiacciura è a Porto Santo Stefano, nell'Argentario, e a Capoliveri, nell'Isola d'Elba. 
Infine solo a Olmo, nei pressi di Arezzo, e a Pontremoli, in Lunigiana, si usa bruscoriferito al tempo freddo così come si usava già nella trecentesca Cronica del Villani, ci dice la terza Crusca, "Onde Rabbruscarsi il tempo, diciamo, Quando si turba, e raffredda".

Il freddo può far tante cose: il freddo stricca, cioè comprime come in una morsa, frizza, il freddo arrabbia e  morde; oppure infila o entra nell'ossa, ma anche le buca o le strizza. E poi c'è il freddo che bucchia, pela, sbuccia, spella o monda e il freddo che porta via, che punge, schianta o sghiaina o fa rimpelluccire.

Dal freddo si gela, si mòre, s'abbaia, s’arrocchetta, si grenna, si zilla, si rassega, si pipa. E si batton le gazzette, anche a Firenze.

Ma ancora non è finita perché c'è anche un freddo bestia,biscia, rospo;un freddo boia, mostro; un freddo buggerone, buscherone, bussone. Il freddo può esser crudo, lecchino, marmato, pizzichino, rio, salvatico, sodo.

Naturalmente c'è il freddo da lupi  e quello da cani e il freddo cane. Parlando di cani si dice quando è freddo che passano i cani senza coda; anche perché il freddo porta via la coda ai cani. Gli uccelli, poi, volan o passan bassi, tanto bassi che si piglia gl’uccelli con le mani.

Per concludere ci piacerebbe proprio tanto che fosse vero, alla lettera, il proverbio antico, anche di Crusca, Dio manda il freddo secondo i panni.


Matilde Paoli
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                

 

 

 

Piazza delle lingue: La variazione linguistica

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