Ma dove si comprano le sigarette? Dal tabacchino, al tabacchino, dal tabaccaio o alla tabaccheria?

Ci interrogano Enrico Di D. e Mara A. su tabacchino e tabaccaio per avere conferma sulla parola "corretta" da usare; Massimiliano E. ritiene regionale tabacchino e si chiede se è sinonimo di tabaccaio; Myriam B. e  Mara, precisano che la domanda si riferisce al negozio che vende tabacchi, la tabaccheria dunque. Il quesito circola in rete almeno da qualche anno e altri "italiani", spesso col dizionario alla mano, vengono in aiuto.

Risposta

Tre sono i referenti per la parola tabacchino: 'l'addetto alla lavorazione del tabacco'; 'il rivenditore di tabacchi'; 'il negozio in cui si vendono i tabacchi'.

Preciso subito che mi occupo appena del primo significato che non rientra nelle domande che ci sono state rivolte. La parola è in certo senso tecnica perché riguarda la lavorazione del tabacco, ambito in cui designa l'operaio “addetto alle fasi di infilzamento, fermentazione, stagionatura e selezione delle foglie di tabacco”; la definizione è tratta dal Nuovo De Mauro, ma così anche in altri dizionari dove compare sempre come prima accezione. È ritenuta parola comune e nota (GRADIT), anche se oggi, forse, di minore attualità; il femminile tabacchina col sinonimo sigaraia, si riferisce all'operaia della manifattura dei tabacchi che ha fra le sue mansioni quella di arrotolare i sigari. Fra parentesi si deve almeno dire che la storia delle manifatture di tabacco – oggi numericamente assai ridotte – è una storia anche al femminile che si è snodata su tutto il territorio nazionale, dalle grandi città, Torino Milano Bologna Napoli, ai centri più piccoli. Le condizioni di lavoro erano dure, il continuo contatto col tabacco nocivo; se rispetto ad altre categorie di operaie il trattamento economico era migliore, le tabacchine seppero lottare per i propri diritti e per il miglioramento delle condizioni. Si segnalaa proposito Tabacco e tabacchine nella memoria storica (a cura di V. Santoro e S. Torsello, Lecce, Manni 2002), ricerca di storia orale con interviste alle operaie delle manifatture di Tricase e del Salento.

Nei dizionari tabacchino 'chi gestisce una rivendita di tabacchi, sale, francobolli e altri generi di monopolio statale' (DISC) è accolto come voce dell'italiano regionale rispetto a tabaccaio (GDLI, DISC, Vocabolario Treccani) e il GRADIT precisa la sua diffusione in area settentrionale e meridionale. Tabaccaio fa parte del vocabolario di base della nostra lingua ed è parola di alta disponibilità, cioè nota, ben conosciuta da tutti, ma di uso non frequente nello scritto e nel parlato (vedi anche Nuovo De Mauro).

Non è registrato nella principale lessicografia italiana tabacchino come 'rivendita di tabacchi', ma, naturalmente, è attestata tabaccheria; il dizionario HOEPLI inserisce la parola come regionale con questo significato e poi in sinonimia con tabaccaio.

Due ricerche, svolte in tempi diversi, si occupano, fra l'altro, delle denominazioni della rivendita e del rivenditore, segno di un interesse a "misurare" un uso nel parlato presupposto non compatto e non allineato al dettato dei dizionari. Negli anni Cinquanta dello scorso secolo Robert Rüegg rivolge l'attenzione alla lingua italiana parlata con una pionieristica e originale ricerca; i dati vengono assunti sulla base di un questionario con interviste a parlanti dislocati in diverse province della Svizzera italofona e del territorio nazionale da nord a sud, isole comprese. Fra le domande relative a “Commercio e denaro” Rüegg inserisce, accanto ai nomi dei negozi nei quali si vendono la frutta o i generi alimentari, 'rivendita di sale e tabacchi' (domanda 150) (Rüegg, p. 101). All'inizio del secondo millennio, quando l'italiano parlato è ormai a disposizione di tutti, la ricerca La lingua delle città (LinCi) si occupa anche di nomi che designano le attività per valutare il livello di unificazione nell'italiano comune, la presenza di parole regionali e la persistenza di elementi dialettali nelle dichiarazioni d'uso dei parlanti. Ecco dunque che l'attenzione va a mestieri ormai emarginati dalla vita di tutti i giorni (l'arrotino), ancora vivi ma in concorrenza con la grande distribuzione (fruttivendolo, venditore di formaggi e salumi) e appunto tabaccaio (domanda 44 del questionario predisposto per il rilevamento), nella formulazione in contesto: “le sigarette si comprano dal...”; dunque una domanda sospesa che l'informatore completa dichiarando il suo uso e precisando spesso anche il significato della parola impiegata. Al momento sono disponibili nella banca dati le risposte di 372 intervistati in 31 città (LinCi 2013).

L'inchiesta di Rüegg rileva tabaccheria e tabaccaio, ma anche tabacchino specialmente in città meridionali a partire da Foggia, spaccio a partire da Ferrara fino alle città delle Marche settentrionali e centrali e a Perugia, appalto specialmente in Toscana. In genere il venditore è tabaccaio. La LinCi rileva, in 31 città indagate, tabaccaio (291 risposte su 372 parlanti); tabacchino (115); tabaccheria (6); tabacchi (8); appalto (7). Spaccio non è presente nella banca dati, ma indagini condotte successivamente lo registrano a Rimini e Pesaro in accordo con quanto già rilevato da Rüegg per quest'area. Come si vede il numero maggiore d'intervistati dichiara l'uso di tabaccaio, mentre minoritaria è la scelta di tabaccheria per il negozio; dunque si deve approfondire su tabacchino, ben presente nelle diverse città e che è riservato al solo venditore, al solo negozio o ad ambedue, con quella irrisolta ambiguità sulla quale si sono interrogati gli estensori del quesito per sapere quale forma è corretta. Le attestazioni, con diverso peso numerico, si collocano sia in città settentrionali sia centrali sia meridionali; fanno eccezione Novara, Cuneo, Verona, Pesaro, Livorno, Rieti, Sassari, L'Aquila, dove la risposta compatta è tabaccaio e l'assenza potrebbe essere imputabile alla scelta degli informatori di porsi sul solo livello formale di lingua. Nei dati LinCi la denominazione tabacchino si riferisce prevalentemente al venditore; solo in 8 casi si riferisce al negozio, significato desumibile anche in altre 6 attestazioni per l'uso della preposizione: «le sigarette si comprano al tabacchino» e non dal tabacchino. La parola conviveper lo più con tabaccaio e mostra comunque una buona resistenza anche presso la generazione dei nati fra il 1970 e il 1980 senza che il grado di istruzione incida significativamente; nel complesso delle risposte sporadicamente viene precisato che si tratta di un uso familiare o raro. La forma dialettale tabachìn, è la prima risposta di una informatrice di Torino in contrapposizione all'italiano tabaccaio; tabacchìn unica forma per 2 informatori di Massa, è chiosata dialettale da altri 2 (Coli 2013, p. 140), come ad Alessandria. A Modena tabaccaio (11 testimonianze) alterna con tabacchino ed è presente anche fra gli informatori nati fra il 1960 e il 1970: tale termine, sconosciuto al dialetto modenese (in cui si ha la forma tabachèr), è invece molto diffuso nell'italiano regionale e in molti dialetti settentrionali – milanese, veneziano, parmense – (Proietti 2013, p. 122). Ma anche quando la parola è data in forma italiana è avvertita talora come dialettale; gioca anche qui la valutazione di italiano tout court per tabaccaio. Tuttavia anche nell'italiano regionale di Toscana, dove tabaccaio è ampiamente attestato e numericamente preponderante, si hanno 50 dichiarazioni d'uso per 11 città capoluogo di provincia su un totale di 132 informatori; comunque le due parole spesso convivono nel lessico di molti informatori. Simile la situazione nelle città del Lazio dove tabaccaio è prevalente e tabacchino abbastanza diffuso a Roma, Viterbo e Latina (D'Achille 2013, p. 231). Del resto, l'indagine allargata ad altre città del Lazio e alla periferia romana mostra come tabaccaio sia una di quelle parole che tendono ad una diffusione unitaria (Stefinlongo 2013, p. 257). In Sardegna, dove tutti i capoluoghi di provincia sono stati sottoposti a rilevamento, su 25 risposte tabacchino, 5 si riferiscono al negozio e non al venditore. A Lecce 8 informatori su 12 dichiarano tabacchino e a Catania tabbacchino un solo informatore; ulteriori indagini in Sicilia mostrano un numero maggiore di dichiarazioni d'uso ad Agrigento, 6 su 12, e a Trapani, 3 su 12.

Nell'insieme possiamo dire che l'italiano tende all'uso, seppure non incontrastato, di tabaccaio, sostantivo che indica un mestiere che entra nella serie dei denominali formati appunto da un sostantivo e dal suffisso -aio (latino -arius già con questa funzione, ad esempio argentarius 'che lavora l'argento'): benzinaio, carbonaio, fioraio, fornaio, carbonaio. Nei dialetti il suffisso evolve in forma diversa: abbiamo visto tabachèr nel modenese al quale possiamo aggiungere, ad esempio, il mantovano e ferrarese tabacar, il parmense tabaccàr accanto però a tabachèn, il milanese tabachee, il veneziano tabacchèr, il romanesco e il napoletano tabbaccaro. Tuttavia anche tabacchino è parola ben formata sulla stessa base tabacco con suffisso -ino (latino -īnus con funzione aggettivale, ad esempio divinus, e nell'italiano, ad esempio vaccino, caprino, adulterino) impiegato per designare mestieri: bagnino, postino, scalpellino. Secondo ROHLFS nei dialetti settentrionali tale formazione ha un certa vitalità e riporta esempi dal milanese, dal bergamasco, dal rovigotto, dal piemontese e i dizionari dialettali attestano in Piemonte tabachin e sporadicamente altrove nel Nord.

La base dei dizionari di lingua e le dichiarazioni d'uso dei parlanti sono già sufficienti per rispondere ai nostri interlocutori: i dizionari ci indirizzano all'uso di tabaccaio 'rivenditore di tabacchi' e tabaccheria 'locale di rivendita di tabacchi' (GDLI, DISC, GRADIT, ZINGARELLI), i parlanti mostrano la tendenza verso queste due parole, evidentemente avvertite come italiano rispetto ad altre che mostrano ancora una certa vitalità nell'italiano regionale. Dunque nell'italiano sorvegliato parlato e scritto è consigliabile l'uso delle voci di lingua registrate dai dizionari; nel parlato corrente la variabilità è un dato di fatto e il suo persistere è testimonianza ora di parole in via di abbandono (ad es. appalto), ora di estensione di significato come tabacchino per 'tabaccheria' e non solo per 'venditore di tabacchi' che vediamo in retrocessione. Possiamo inoltre aggiungere che lo si riscontra con notevole frequenza in giornali locali, indipendentemente dall'area geografica, come mostra la ricerca in rete; qualche esempio:

Alcuni tabacchini sono stati oggetto di furti e rapine (Varese)

In fiamme ... il deposito di un tabacchino (Bolzano)

A Cibiana riaprono il bar, il tabacchino e l’edicola (Belluno)

Ruba le offerte per i bambini africani in un tabacchino (Imperia)

Blitz in una tabaccheria di Sampierdarena, ma nell'articolo titolare di un tabacchino (Genova)

Furto con spaccata al tabacchino (Bari)

Striscia di benzina e va a fuoco il distributore di sigarette. Paura in un tabacchino (Lecce)

Colpi d’arma da fuoco contro la serranda di un noto tabacchino (Reggio Calabria)

Attentato incendiario nella notte a Cagliari contro un bar tabacchino

Bando per il tabacchino favorisce i profughi (Cagliari)

Inoltre non è insolito incontrare la parola nei tanti e-book presenti in rete, ma cito soltanto da autori noti che, con naturalezza, impiegano la parola sdoganandola dall'uso orale: “La veggente mi fu presentata da donna Vincenzina, proprietaria del tabacchino” (S. Cesareo Lecce, Manni, 1996, p. 94) della giornalista e scrittrice Rina Durante; “L'uomo del tabacchino mi dice [...] Cerco un altro tabacchino” in Viaggio nel cratere (Milano, Sironi editore, 2003, p. 70) dello scrittore avellinese Franco Mario Arminio, poeta e regista; “Una volta, si poteva andare dal tabacchino, comprare una sigaretta – una sola [...]” in Dizionario delle cose perdute (Milano, Mondadori, 2012 E-book) di Francesco Guccini; “Il bar sembrava la fotocopia del tabacchino” in La paranza dei bambini (Milano, Feltrinelli, 2016) diRoberto Saviano;“vicino allo stradale di Falabia c'è un tabacchino [...]. Dentro il tabacchino stanno seduti due vecchi [...]” in Prima che vi uccidano (Milano, Bompiani, 1976, ora in ebook con prefazione di Roberto Saviano) del giornalista, scrittore, saggista, drammaturgo siciliano Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia.

Dunque, considerandone la presenza anche nei siti di studi di consulenza che divulgano regole e modalità per “aprire un tabacchino”, possiamo dire che in questo significato si ha un allargamento dell'uso a fronte della retrocessione di tabacchino come nome di mestiere.

Vorrei ora soffermarmi sulla storia di alcune delle parole in questione.

La presenza di appalto, riscontrata solo in Toscana, ben si giustifica col fatto noto che si tratta di una rivendita di generi di monopolio affidata, nel rispetto dell'opportuna normativa, all'appaltante; nel tempo le tabaccherie hanno cambiato fisionomia con la gestione delle lotterie e delle scommesse sportive e la trasformazione in centri di servizi (pagamento del bollo auto e di altri bollettini, ad esempio). Ancora si vendono valori bollati (le marche da bollo), ma anche prodotti fuori dal monopolio come accessori per il fumo, articoli di cancelleria, profumeria, giocattoli (oggi soprattutto nei piccoli centri).

Nell'insegna caratteristica, che è stata oggetto di modificazioni e aggiunte, compare comunque una grande T e l'indicazione “sali e tabacchi”, ma il sale non è più soggetto a monopolio dal 1974. Le tabaccherie a partire dalla fine dell'Ottocento vendevano anche il chinino, prodotto dal Monopolio di Stato, per contrastare la malaria. Dunque una rivendita che andava ben oltre tabacco, sigari e sigarette e che comunque anche oggi offre ancora generi in "appalto".

Dunque tornando alla parola si tratta di un derivato da appaltare che come “luogo di vendita dei generi di monopolio” è già presente nelle Leggi di Toscana; così nel GDLI che ne sottolinea la regionalità. Già il TOMMASEO-BELLINI registra appalto come voce d'uso ‒ certo in Toscana dato che Tommaseo attinge e propone parole dal parlato toscano ottocentesco ‒ e si appoggia anche alla citazione del verso 6 (sestina XIX) di Antonio Guadagnoli, medico aretino, tratto dal Tabacco, dedicato Agli amatori del tabacco da naso e da fumo (1834); appalto è qui usato sia in senso proprio sia come rivendita:

XIX

XX.

    Essi voglion premiar chi pare a loro
    Degno di premio, sogliono i Regnanti
    Regalar sempre tabacchiere d’oro,
    Come avrà visto regalare a tanti;
    Ora, quel darle vuote, non è un dire:
    Ite all’Appalto, e fatevele empire?

    L’Appalto, saprà ben, ch’è un ritrovato,
    Ch’oltre a impedire l’anarchìa de’ nasi,
    Fa che il denaro resti nello Stato,
    E che ci resti, ne siam persuasi;
    Pur qualcun, guardi lei che cosa indegna!
    Se può gabbar l’Appalto se ne ingegna.


L'uso nella Firenze di secondo Ottocento è confermato dal vocabolario Giorgini-Broglio e il Vocabolario del fiorentino contemporaneo ne testimonia ancora la presenza nel quartiere di Santa Croce con la precisazione degli informatori che vi si vende “un po' di tutto” oltre i generi di monopolio. Si tratta ormai di una parola in via di estinzione, ma certamente di diffusione una volta più ampia in Toscana e oggi considerata obsoleta o di semplice competenza passiva da 7 informatori su 120 intervistati nei capoluoghi toscani, distribuiti fra Pistoia, Prato, Siena e Grosseto (LinCi 2013). I dizionari dialettali lo registrano nel pisano, nel senese, nell'aretino, nell'elbano; si ha anche appaltino in Val di Chiana (nell'amiatino denomina il venditore). Si trova sporadicamente nella lingua: ad esempio, in A spasso col Fucini (Empoli, Editrice Caparrini, 1956, postumo) dell'intellettuale empolese Vittorio Fabiani, in Racconti della distanza (Lampi di Stampa, Collana Narrativa e poesia, 2004, pp. 65-66), del filosofo Paolo Rossi, urbinate che ha vissuto a lungo a Firenze, in Io (BUR Rizzoli 2005) della senese Gianna Nannini. Significativa la citazione settecentesca riportata da Rino Manetti in Abitanti dell'Elba (Università degli studi di Firenze, Dipartimento di progettazione dell'architettura, 1984, p. 178) a proposito di Marciana dove si trova: “[...] in detta spiaggia lo appaltino del tabacco da fumare in polvere”; così scrive Vincenzo Coresi del Bruno, Governatore in Portoferraio per conto del Granducato di Toscana (1730 al 1737).

Sembra al momento trattarsi proprio di un uso regionale, anzi sub-regionale toscano, ma se ci spostiamo sull'altro versante dell'Appennino troviamo spaccio, sostantivo deverbale da spacciare 'vendere', che denomina la vendita al minuto di generi soprattutto alimentari' a partire dai primi dell'Ottocento (DELI) con un estensione del significato dall'atto del vendere, già nel Trecento, al luogo dove "si spaccia"; in particolare Migliorini ne sottolinea l'uso per quei locali situati nelle caserme dove si vendono generi alimentari vari, poi, in genere, all'interno di una comunità (ospedali, campeggi) dove tuttavia si precisa che rivende generi di monopolio (GDLI, GRADIT). Nessun dizionario ritiene la parola dialettale o regionale e viene utilizzata nel descrivere il significato di appalto: “spaccio di generi di monopolio” (GRADIT; Sinomi/contrari Treccani). A Rimini e Pesaro, recenti inchieste LinCi, ne confermano la presenza; nella città romagnola è un solo informatore anziano a dichiararne l'uso in alternanza con tabaccheria, mentre nella città marchigiana mostra una certa vitalità presso gli anziani che offrono anche la forma dialettale spacc.

Anche tabacchino, come spaccio e appalto, ha una sua storia e un suo statuto interessanti. Prima di essere confinato nell'italiano regionale e grazie a una sua "esistenza" nei dialetti, come abbiamo visto, è stato un concorrente di tabaccaio. II D'Alberti di Villanuova nel suo Dizionario universale critico ed enciclopedico della lingua italiana (1795-1805), nell'ultimo volume attesta la vitalità della parola: “tabaccajo venditore di tabacco. Oggi più comunemente tabacchino”. Del resto diversi dizionari dialettali ottocenteschi sono altrettanti testimoni della doppia possibilità in italiano, infatti affiancano, come traduzione della parola dialettale, tabaccaio e tabacchino proponendo di fatto la duplice possibilità in lingua (Casaccia, genovese, alla voce tabacante; Cherubini, milanese, alla voce tabachee; Boerio, veneziano, alla voce tabachèr; Peri, cremonese, che precisa “Tabachèer venditore di tabacco. Tabaccajo tabacchino: abbiamo anche noi tabachìin”; Malaspina, parmense, alla voce tabaccàr. In Piemonte la parola dialettale è tabachìn (che è emersa, come abbiamo già detto, dall'inchiesta della LinCi ad Alessandria) e fra i dizionari consultati soltanto il Sant'Albino (1859) segnala, oltre all'italiano tabaccaio, che “in alcuni luoghi fuori di Toscana” si ha tabacchino. Nel complesso si può dire che tabacchino e tabaccaio, a lungo coesistono come possibilità della lingua, senza che se ne metta in dubbio la "correttezza" dell'una e dell'altra forma. Ma si sa, la lingua va dove la portano i parlanti e l'uso di oggi pare tendere a una struttura a due membri differenziati per significato: tabaccaio 'rivenditore di tabacchi', tabacchino 'il negozio di rivendita'; a quest'ultimo si affianca tabaccheria, avvertito più formale. E che dire dell'altra possibilità? Semplicemente tabacchi che sottintende rivendita: “Alla posta c'è troppa gente stamani. Per il bollettino vado al tabacchi così compro anche le sigarette”. Del resto nelle insegne delle rivendite campeggia per l'appunto tabacchi con o senza sali. “Per il tabacco da pipa però dovrò andare alla tabaccheria in centro, così compro anche gli scovolini”. Allora la tabaccheria è più specializzata in articoli per fumatori? Per alcuni è proprio così, per quanto anche tabaccheria sia, forse con meno frequenza, parola "esposta".

 

Per approfondimenti:

  • Associazione Culturale Ottagono, Di qua dal fosso. Nuovo dizionario di chianino, Torrita di Siena, 20182.
  • Alberto Basi, L'aretino. Piccolo vocabolario, Cortona, Calosci, 1987.
  • Giuseppe Boerio, Dizionario del dialetto veneziano, Venezia, G. Cecchini, 18673.
  • Umberto Cagliaritano, Vocabolario senese, Firenze, G. Barbèra, 1975.
  • Giovanni Casaccia, Dizionario genovese-italiano, Genova, G. Schenone, 1876.
  • Francesco Cherubini, Vocabolario milanese italiano, Milano, Stamperia Reale, 1814.
  • Paolo D'Achille, I dati nella LinCi nel Lazio tra italiano standard, italiano de Roma e affioramenti dialettali, in La Lingua delle Città. Raccolta di studi, a cura di Aannalisa Nesi, Firenze, Cesati Editore, 2013, pp. 209- 246.
  • Francesco D'Alberti di Villanuova, Dizionario universale critico enciclopedico della lingua italiana, Lucca, Domenico Marescandoli, 1797-1805.
  • Giuseppe Fatini, Vocabolario amiatino, Firenze, G. Barbèra, 1953.
  • Giorgini-Broglio = Emilio Broglio, Giovan Battista Giorgini, Novo vocabolario della lingua italiana secondo l'uso di Firenze, Firennze, M. Cellini e C., 1870-1897.
  • LinCi 2013 = Annalisa Nesi, Teresa Poggi Salani, La lingua delle città LinCI. La banca dati, Firenze, Accademia della Crusca, 2013 con DVD.
  • Migliorini = Alfredo Panzini, Dizionario moderno, con Appendice di Bruno Migliorini, Milano, Hoepli, 19428.
  • Giuseppe Malagoli, Vocabolario pisano, Firenze, Accademia della Crusca, 1939.
  • Carlo Malaspina, Vocabolario parmigiano-italiano, Parma, Carmignani, voll. 4, 1859.
  • Angelo Peri, Vocabolario cremonese italiano, Cremona, Peradoli, 1847.
  • Maurizio Pipino, Vocabolario piemontese, Torino, Reale Stamperia, 1783.
  • Michele Ponza, Vocabolario piemontese-italiano e italiano - piemontese, Torino, Sghiepatti, 1847.
  • Domenico Proietti, L'italiano di Modena dai dati LinCi, in La Lingua delle Città. Raccolta di studi, a cura di A. Nesi, Firenze, Cesati Editore, 2013, pp. 111-136.
  • Robert Rüegg, Zur Wortgeograhie der italienischen Umgangssprache, 1956, ora disponibile in lingua italiana: Sulla geografia linguistica dell'italiano parlato, a cura e traduzione di Sandro Bianconi, con scritti introduttivi di Bruno Moretti, Tullio De Mauro, Mathias Rüegg, Firenze, Franco Cesati, 2016.
  • Vittorio di Sant'Albino, Gran dizionario piemontese - italiano, Torino, Unione Tipografico-Editrice, 1859.
  • Domenico Segnini, Dizionario vernacolare elbano, Portoferraio, Il libraio, 1994.
  • Antonella Stefinlongo, Le ricerche LinCi a Civitavecchia, Pomezia, San Cesareo, Belmonte Sabino e periferia romana, in La Lingua delle Città. Raccolta di studi, cit., pp. 247-277.

 

Annalisa Nesi

 

Piazza delle lingue: La variazione linguistica

12 giugno 2018


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