Alcuni lettori ci chiedono se tra le due locuzioni al contempo o nel contempo vi sia una qualche differenza ‒ una è più “corretta” dell’altra? ‒ o se invece siano del tutto equivalenti.
Tra i repertori lessicali che nel XIX sec. si pubblicarono numerosi in difesa dell’italiano di tradizione letteraria, uno dei più noti fu quello che Pietro Fanfani e Costantino Arlìa curarono per la prima volta nel 1877, assegnandogli il titolo di Lessico della corrotta italianità (Milano, Libreria d’Educazione e d’Istruzione di Paolo Carrara). Il lavoro, pur suscitando qualche polemica, ebbe un discreto successo e fu ripubblicato, con un nuovo titolo (Lessico dell’infima e corrotta italianità) e in versione sempre più accresciuta, ancora tre volte (1881, 1890, 1898). Fin dalla prima edizione, fu inserito il lemma contempo, il cui significato è spiegato dai due autori solo tramite esempi: “Passeggio, e nel contempo recito versi. – Vi mando il libro e nel contempo vi prego di restituirlo a me, non a Beppe”. Fanfani e Arlìa, per giustificarne l’inclusione tra il lessico “corrotto” e da evitare, spiegano che “questo falso modo è usitatissimo nel napoletano, e può esser sostituito dal modo Nel tempo stesso, Mentre, ecc.”. Apprendiamo, dunque, che con buona probabilità la locuzione avverbiale deve essersi affermata intorno alla metà dell’Ottocento e che appare fin dall’inizio nella sequenza nel contempo. I dizionari etimologici, probabilmente sulla scia del Lessico di Fanfani e Arlìa, indicano, per la prima attestazione, gli anni che precedono il 1876 (DELI e l’Etimologico, s.v. contempo), ma, grazie ai dati messi oggi a disposizione dall’immenso corpus di testi di Google libri, troviamo una prima testimonianza nel 1842, in un libretto di giurisprudenza stampato a Napoli e composto dall’avvocato Tommaso Rago, con buona probabilità napoletano:
[…] una potente ragione di equità la quale […] modera in vari casi il rigore del dritto e, nel mentre devia da’ principi la corrispondenza di taluni risultamenti, mostra nel contempo la utilità delle eccezioni […] (Rago 1842, p. 47).[…]
Si tratta di un’esegesi giuridica riguardante costruzioni e proprietà confinanti tra loro; solo qualche anno più tardi, però, leggiamo la stessa locuzione in un testo di storia tradotto dal francese a Napoli e qui stampato nel 1859:
egli è mestieri che nel contempo che si proclamerà il principio del non intervento dell’Austria, i sovrani dell’Italia centrale modifichino profondamente il sistema politico che seguono da sì lunga pezza all’ombra delle bajonette straniere (Guerra d’Italia 1859, p. 51).
Si confermano, pertanto, sia l’origine meridionale della locuzione sia il suo primo apparire con la preposizione nel; non si spiegherebbe, tuttavia, la sua capacità di penetrare nella lingua italiana e di affermarsi stabilmente, se non se ne riconoscesse l’origine proprio nella lingua del diritto e dell’amministrazione. Ne troviamo conferma, infatti, nell’alto numero di attestazioni in riviste e testi di questo ambito che, tra la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del secolo successivo, è sensibilmente superiore a quello riscontrabile in scritture di altro genere e di altra provenienza. Se in una prima fase, d’altro canto, la locuzione sembra prevalere in testi giuridici di provenienza meridionale, la sua presenza si estende abbastanza rapidamente anche a opere di altre aree della penisola, come confermano due tra le maggiori riviste italiane di giurisprudenza, “Il Foro Italiano”, fondato nel 1876 e stampato a Roma da “Forzani e C., tipografi del Senato del Regno” e gli “Annali della giurisprudenza italiana”, pubblicati a Firenze dalla tipografia di Luigi Niccolai. In entrambe le riviste, che riportano sentenze giuridiche commentate e analizzate, la locuzione nel contempo appare con progressiva frequenza, a partire, stando ai dati fin qui disponibili, dal 1879:
S’essa quindi è erede testamentaria, non potrebbe nel contempo assumere la veste di erede legittima (“Annali della giurisprudenza italiana. Raccolta generale delle decisioni delle Corti di Cassazione e d’Appello”, vol. XIII, 1879, p. 459).
La perenzione è una pena e nel contempo un rimedio contro il male delle liti (“Il Foro Italiano” vol. IV, 1879, p. 586).
È, del resto, caratteristica del linguaggio giuridico, che si estende anche a quello della pubblica amministrazione, usare, e talvolta coniare, locuzioni con valore avverbiale o preposizionale che, pur non svolgendo il ruolo di tecnicismi specifici, indispensabili per indicare concetti di un determinato settore, rientrano tra i cosiddetti tecnicismi collaterali, tipici di uno stile espositivo e quasi sempre volti a innalzare il registro (Serianni 2012). Non è da escludersi che sia stata una successiva adozione nel linguaggio burocratico, più che la sua presenza in quello giuridico, a favorire la diffusione del sintagma nel contempo nella lingua comune, diffusione confermata dall’accoglienza nei contemporanei dizionari storici e dell’uso. La locuzione avverbiale, infatti, è registrata fin dal 1964 nel Grande dizionario della lingua italiana (GDLI, s.v. contempo), che non ne segnala l’origine meridionale, anche perché, oltre alla testimonianza del repertorio di Fanfani e Arlìa e a un passo del napoletano Vittorio Imbriani, riporta un esempio tratto da un’opera di Alberto Moravia. Anche nel Grande dizionario dell’uso di Tullio De Mauro, che è di solito attento nell’indicare l’origine geografica dei lemmi, il sintagma appare privo di segnalazioni circa la sua provenienza (GRADIT 2007, s.v. contempo) e viene semplicemente incluso tra il lessico di uso “comune”. Nessuna marca di tipo regionale si legge in altri dizionari dell’uso, come il Devoto-Oli 2019, il Sabatini-Coletti 2018 o lo Zingarelli 2020 (tutti s.v. contempo), che è peraltro l’unico a segnalare la data del 1842 come prima attestazione. Si può concludere che nel contempo, affiorato nel linguaggio dei giuristi napoletani, sia da considerarsi non una parola originata dal dialetto (D’Achille 2010) ma un regionalismo (Foresti 2011) che ha fatto presto carriera, al punto che la sua provenienza meridionale non è più percepita dai parlanti e non è più segnalata dai principali dizionari dell’italiano.
Parallela, anche se lievemente diversa, appare la storia di al contempo, che si afferma, più o meno negli stessi anni, con la stessa funzione avverbiale e con lo stesso significato. Nella forma introdotta dalla preposizione al, tuttavia, sembra inizialmente prevalere nell’area siciliana, dove appare per la prima volta in un testo di argomento storico e più precisamente in un’appendice aggiunta nel 1867 a una delle edizioni postume della Storia cronologica dei viceré di Sicilia compilata dallo storico e monaco benedettino Giovanni Evangelista Di Blasi (1720-1812):
Il parlamento di Torino al contempo dava voto al Ministero per la immediata annessione delle Romagne e di Napoli e Sicilia (Di Blasi 1867, p. 959).
Il trattato, che ricostruiva le vicende siciliane nei secoli del viceregno spagnolo, era stato pubblicato una prima volta nel 1790, ma avrebbe avuto un discreto successo, anche grazie all’autorevolezza del suo autore, e sarebbe stato più volte ristampato e arricchito, anche dopo la sua morte, da altri compilatori (Cassani 1991). Il testo di Di Blasi fu punto di partenza per molte ricostruzioni storiografiche siciliane prodotte nel XIX sec., ma è difficile pensare che proprio le appendici, aggiunte successivamente all’opera, siano state la spinta decisiva all’affermarsi della locuzione al contempo, anche perché, nello stesso secolo, più numerose si rivelano, come per la locuzione introdotta da nel, le sue presenze nei testi di argomento giuridico. Anche in questo caso, del resto, le occorrenze si estendono rapidamente dai testi siciliani a quelli di tutta la penisola, come mostrano l’articolo di una legge pubblicata sulla “Gazzetta ufficiale” del 1888 e una sentenza della Corte di Cassazione di Palermo del 1891, riprodotta l’anno successivo nella rivista nazionale “La Legge”:
Le multe vengono inflitte dall’ingegnere capo, che ne dà al contempo circostanziata partecipazione alla deputazione provinciale (“Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia”, 4 gennaio 1888, p. 38).
[…] non vi è contraddizione nella sentenza impugnata, che ha rispettato la cosa giudicata […] ed ha bene applicato al contempo i principi sulla indivisibilità (“La legge. Monitore giudiziario ed amministrativo del regno d’Italia”, XXXII, 1892, p. 123).
Si tratta, come si diceva, di due storie parallele: entrambe le locuzioni sono di origine meridionale, con un uso iniziale lievemente prevalente a Napoli della costruzione introdotta da nel e in Sicilia di quella composta con al; la funzione, che ben presto assumono, di tecnicismo collaterale nella lingua giuridica e in quella della pubblica amministrazione, entrambe modelli frequenti per il lessico comune, ne favorisce la diffusione nell’italiano. Nel contempo ha avuto, però, almeno fino al Novecento, una diffusione più ampia, come conferma la sua registrazione in tutti i più importanti dizionari della nostra lingua, alcuni dei quali, sotto la voce contempo, ne segnalano l’uso “solo nella locuzione avverbiale nel contempo” (DELI, GDLI, l’Etimologico, Sabatini-Coletti 2018), mentre altri, come Devoto-Oli 2019, Zingarelli 2020 e GRADIT 2007, vi affiancano anche il sintagma al contempo. Se sia stato il prestigio, soprattutto ottocentesco, della scuola giuridica napoletana, e anche il numero di testi di diritto da qui provenienti e pubblicati in riviste a diffusione nazionale, a facilitare una maggiore, iniziale affermazione di nel contempo, non è facile da stabilire; è certo, tuttavia, che le due locuzioni avverbiali sono oggi perfettamente integrate nel lessico dell’italiano e possono usarsi entrambe con la stessa funzione e lo stesso significato.
Nota bibliografica:
Rita Librandi
8 maggio 2020
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