Ci sono arrivate domande su quale sia la forma corretta tra prosieguo, proseguo, proseguio e prosequio, e anche sulle forme sussieguo e sussieguoso, che si trovano a volte impiegate al posto di sussiego e sussiegoso. Sono accettabili? E come si spiegano?
Posso dire anzitutto di aver verificato io stesso la possibile interferenza tra prosieguo e sussiego: mi è infatti capitato di trovare, in un testo burocratico, l’espressione nel susseguio nel senso di ‘nel proseguimento’, ‘nel seguito’. Anche in rete esempi di susseguio ‘sequenza’ e a susseguio di ‘in seguito a’ non mancano. Ma si tratta di forme inaccettabili. In realtà prosieguo e sussiego sono due parole che hanno origine e significato del tutto diversi, ma che si possono indebitamente confondere per una certa somiglianza fonetica, data dalla presenza in entrambe della sequenza -sieg-, in grafia fonetica ['sjɛɡ], e anche per l’esistenza di forme come susseguente, susseguenza, susseguire, legate a prosieguo sul piano etimologico e semantico, ma simili, per il suss- iniziale e per la -g-, a sussiego. Facciamo dunque un po’ d’ordine.
Prosieguo ‘proseguimento, successione’ è un derivato del verbo proseguire, datato 1848 nel GRADIT e nello Zingarelli 2022. Si tratta di una conversione dal verbo al nome, con sostituzione della desinenza verbale (-ire, in questo caso) con quella nominale (-o, tipica della classe dei maschili). Questo tipo di derivazione era ed è tuttora usatissimo nell’ambito burocratico (pensiamo a forme come allaccio, inoltro, accompagno, spesso preferite ad allacciamento, inoltramento, accompagnamento) e proprio in tale settore la forma deve essere nata. La particolarità è che da proseguire si sarebbe dovuto avere proseguo (che sia il GDLI sia lo Zingarelli registrano come variante), ma la forma più diffusa, prosieguo, segue la regola del dittongo mobile, che prevedeva, in rapporto all’infinito proseguire (con la e protonica), le forme del presente indicativo prosieguo, prosiegui, prosiegue (con la e tonica dittongata); queste sono state poi sostituite, nello standard, da proseguo, prosegui, prosegue per l’esigenza di livellare analogicamente i paradigmi verbali; invece la i è rimasta nel nome prosieguo, che ha così ridotto il suo legame paradigmatico col verbo, differenziandosi dalla forma della prima persona. In ogni caso, la datazione al 1848 può essere anticipata di quasi un secolo grazie all’esempio seguente (attinto a Google libri), in cui si coglie un valore specifico che il termine deve aver avuto in ambito amministrativo-burocratico:
E stimandosi egli ben servito in Napoli dal Marchese de los Velez; a dì 6. Novembre 1679 li mandò la nuova Cedola di Vicerè del Regno: quando a gli altri (e particolarmente a Don Pietro di Toledo) si era dato il Prosieguo, non già la nuova Cedola. (Placido Troyli, Istoria generale del Reame di Napoli, tomo V, parte II, Napoli, s.n., 1753, p. 336)
La lessicografia ammette anche la già citata variante proseguo e anche prossieguo (registrata nel GDLI e, come ant[ica], nel GRADIT; la doppia s foneticamente avvicina ancor di più la forma a sussiego), che sono tuttora attestate, specie in rete, e che non possono quindi considerarsi erronee. Non sono invece segnalate nei dizionari le forme proseguio, che – quando non si tratta di un errore di battitura – presenta lo spostamento della i sulla postonica probabilmente per rafforzare sul piano formale il rapporto della voce con proseguire, proseguimento, ecc., e prosequio, in cui la q si spiega con l’influsso del latino sequor. Queste varianti sono documentate in rete più delle precedenti.
Passiamo a sussiego, che significa ‘contegno grave e sostenuto improntato ad altezzosità’ (GRADIT). Si tratta di un prestito dallo spagnolo sosiego ‘calma’ (dal verbo sosegar ‘calmare’, a sua volta da un antico sessegar, dal latino parlato *sessicāre, da sessum part. perf. di sedēre ‘star seduto’; Zingarelli e DRAE), entrato a metà Cinquecento (av. 1555 la data dello Zingarelli, 1557 quella del GRADIT). Da sussiego deriva sussiegoso ‘pieno di sussiego’, datato 1949 nel GRADIT, 1868 nello Zingarelli, ma registrato già, come variante di sossiegoso, nel Dictionaire italien et françois di Giovanni Veneroni (vol. I, Basle, Tourneisen, 1750, p. 446). Le forme sussieguo e susseguioso hanno varie attestazioni in testi sia del passato, sia del presente, che per brevità non riporto, ma che non bastano a legittimarle come corrette.
In definitiva, possiamo dire che, se lo standard ha ormai optato per le forme prosieguo da un lato e sussiego dall’altro, varianti antiche come proseguo, prossieguo, proseguio e prosequio da un lato, sussieguo (e susseguioso) dall’altro continuano ancora a circolare, come pure la forma susseguio ‘procedimento’, probabile frutto di un incrocio. Evidentemente, la polimorfia in italiano è impossibile da estirpare (con buona pace di Alessandro Manzoni!), ma alcune di queste forme sono oggi inaccettabili. È meglio attenersi allo standard e usare solo prosieguo, sussiego e sussiegoso; anzi, invece di prosieguo, suggeriamo di optare per alternative come proseguimento o prosecuzione, che non ammettono varianti e che sono anche più chiare quanto al significato.
Paolo D'Achille
24 gennaio 2023
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