Federica Zoldan vorrebbe avere chiarimenti sul significato di oblazione in ambito giudiziario. Proponiamo qui una risposta scritta dal prof. Piero Fiorelli.
Oblazioni, ammende, contravvenzioni e multe
Quando si parla di contravvenzioni, il legislatore e il privato cittadino fanno a gara a non intendersi.
Tizio racconta d'aver pagato una contravvenzione. L'ha detta grossa. Contravvenzione è quello che ha commesso, contravvenendo a una norma; non quello che ha pagato. O forse ha voluto dire d'essersi presa la soddisfazione di fare a modo suo in barba ai regolamenti, e le soddisfazioni si pagano.
Ma no, Tizio non è così cinico. Si corregge: ha pagato la multa. Peggio che andar di notte. Si veda il codice penale agli articoli 17, 18, 24 e 26: multa è la pena pecuniaria che si paga per un delitto, quella che si paga per una contravvenzione è ammenda. Proprio così, per definizione. E inversamente, sempre per definizione, è delitto un reato punibile colla multa, contravvenzione un reato punibile coll'ammenda. Proprio così, secondo una logica più degna di matematici che di esseri umani. Non si può chiedere al legislatore abbastanza fantasia da rendersi conto che nel parlar comune il concetto di multa può abbracciare sanzioni pecuniarie di ogni genere, anche ammende, anche solo soprattasse. In latino ammetteva estensioni anche più ardite.
Allora, Tizio ha pagato un'ammenda. Può darsi che l'abbia pagata, nel caso che gliel'abbia inflitta il giudice. Succede, per le contravvenzioni meno leggère e per i casi meno evidenti. Succede, soprattutto se ha puntato i piedi, non volendo riconoscere d'aver torto; e il suo torto è stato confermato da una sentenza. Ma questo non è il caso più comune.
Se non sono in gioco grosse somme, o questioni di puntiglio, o sottili interpretazioni di punti dubbi, si viene alla conciliazione. Il vigile, il controllore, la brava persona in genere che ha rilevato la contravvenzione, non sono loro l'autorità giudiziaria; non infliggono ammende. Si fanno sì pagare qualcosa da Tizio, per lasciarlo andare in pace: una somma ridotta, da versare sùbito, allo scopo e coll'effetto di estinguere il reato commesso. Ma non è una sanzione penale, è una sanzione amministrativa. Si chiama oblazione.
Oblazione: offerta. Come in italiano dal verbo offrire, participio passato offerto, si prende il femminile e se ne fa il sostantivo offerta, così in latino dal verbo offerre, participio passato oblatus, si ricava col suffisso -atio il sostantivo femminile oblatio. Di qui si riforma in italiano oblazione, come latinismo dotto: in teoria è un doppione di offerta, ma naturalmente ciascuna delle due voci ha preso significati e sfumature differenti. La stessa offerta in origine era cosa assai più solenne di quanto oggi non ci s'immagini. L'oblazione dal cielo delle astrazioni non è riuscita ancora a scendere per farsi ascoltare all'orecchio dei comuni mortali.
Il legislatore fa finta di credere che il contravventore, in isconto del reato commesso, abbia fatto un'offerta volontaria in danaro e così abbia meritato, prima ancora che il perdono, la cancellazione del reato stesso, la sua estinzione come se non ci fosse mai stato.
Tizio credeva d'aver pagato una contravvenzione. Un po' alleggerito nel portafoglio e nella coscienza, se ne va tranquillo. Ora si sente dire che no, ha pagato un'oblazione. Sarà. Ma bisogna scusarlo se si sente girare un tantino la testa.
Piero Fiorelli
Piazza delle lingue: Lingua e diritto
9 giugno 2003
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