Patrizio Del Duca, della provincia di Firenze, ci chiede quale sia l'origine di gibigiana.
Origine di gibigiana
La voce gibigiana (o gibigianna), registrata dalla lessicografia italiana col valore di 'lampo di luce riflessa su una superficie da uno specchio, dall'acqua ecc.' e con quello scherzoso di 'donna che sfoggia un'eleganza vistosa' (Sabatini Coletti 2008), è di origine dialettale, di area lombarda in particolare; la usa il poeta milanese Carlo Porta (1776-1821): "e per fà adoss ai picch la gibigianna / con quell topazz in did largh ona spanna" ['e per fare addosso ai gonzi la gibigianna con quel topazio al dito, largo una spanna'] (La guerra di pret 108) e si trova registrata nel Vocabolario milanese-italiano di Francesco Cherubini (1839-1856) che così la definisce "Quel riverbero di sole che ordinariamente per giuoco si fa dare addosso altrui, mettendo rimpetto al sole uno specchio". Cherubini aggiunge anche un sintetico e interessante panorama della varietà dei sinonimi usati nella penisola: "I Lucchesi dicono fare specchietto; i Napoletani la chiamano la palommella; i Corsi lucciola; la maggior parte de' Romagnuoli bagliore; in varie parti di Toscana, come nel Volterrano, Pisano e Livornese, dicesi Indovinello e Illuminello; i Cremonesi , i Mantovani e i Piemontesi la chiamano la veccia, ed i Modenesi lo spirito folletto".
La prima attestazione in italiano è ottocentesca e la si deve a un autore lombardo, lo scienziato e letterato Antonio Stoppani nato a Lecco, che usa ne Il Bel Paese, Conversazioni sulle bellezze naturali, la geologia e la geografia fisica d'Italia (I ed. 1875) la locuzione fare la gibigiana per 'abbagliare' (GDLI). Bruno Migliorini, in apparente contrasto col Cherubini citato sopra, scrive: "Per 'gibigianna' non esiste nell'uso toscano [dove forse si dovrà intendere 'toscano centrale'] un equivalente e si può dire che la parola appare soltanto in scrittori lombardi" (Storia della lingua italiana, p. 726) e cita, oltre allo Stoppani, Carlo Bertolazzi, nato a Rivolta d'Adda, in provincia di Cremona, che intitolò una sua commedia La gibigianna (1898) e il milanese Clemente Rebora (La Voce 6 novembre 1913). Il GLDI aggiunge le testimonianza del ferrarese Corrado Govoni (Poesie 1961) e, unica attestazione al di fuori dell'area padana, quella del livornese Guelfo Civinini nella sua raccolta dal titolo Poi ci si ferma (1934).
Il motivo per cui la forma ha fatto il suo ingresso in lingua, ed "è entrata nei lessici (è, forse, l'unica parola scopertamente dialettale registrata dal Petrocchi) [è] la risonanza avuta da uno scherzo manzoniano" (DELI). Lo "scherzo" cui fa riferimento il DELI è una delle Poesie giovanili di Alessandro Manzoni, conosciuta appunto come Gibigiana:
"Del sole il puro raggio
rotto dall'onda impura,
sulle vetuste mura
gibigianando va".
"Il Manzoni si interessò spesso del problemino" scrive ancora il Migliorini (Storia ibid.) che cita una lettera di Giovan Battista Giorgini, genero dell'autore dei Promessi Sposi e uno degli ideatori e autori del Novo Vocabolario della lingua italiana (1870-97), a Fedele Lampertico, datata 14 febbraio 1891; Giorgini scrive: «Io non mi sono mai sognato di dire al Manzoni che Gibigianna fosse parola toscana [...] Il Manzoni mi chiese, è vero, la parola toscana corrispondente alla lombarda, ma né io né il Giusti, che era pure con noi, si poté contentarlo. Ricevuta la vostra lettera scrissi al Del Lungo (pezzo grosso della Crusca) domandandogli se avesse qualcosa da proporre. Mi rispose [...]: "Ho cercato in città e fuori, ma inutilmente; tremolìo, luccichìo, balenìo, e che so io... tutte voci generiche e descrittive del tremulum lumen, che mostrano vergine e speciale di propria significazione la cosa". Fatto questo non tanto infrequente nel nostro benedetto toscano, del quale fatto sarebbe lungo e fuori di posto voler indagare qui le ragioni» (M. Scherillo - G. Gallavresi,Manzoni intimo, p. 268).
Per ciò che riguarda l'etimologia della voce in DELI si legge "forse nome composto, nella seconda parte del quale si può riconoscere un gianna 'strega' (dal nome della dea mitologica Diana, che sopravvive in tanti dialetti romanzi con i sensi di 'fata' 'strega' ed altri ancora [...]) tanto più che la vecchia e il riverbero sono strettamente legati nella tradizione popolare e che il milanese giübiana 'fantasma' (da giobia 'giovedì, giorno delle streghe': Prati Voci gergali 215 n. 2) significa anche 'riverbero'". Per l'accostamento al nome della dea Diana gli autori rimandano ancora a Bruno Migliorini che scrive: "Diana sopravvisse presso tutte le popolazioni romanze (ed in parte ancora sopravvive, almeno in derivati), nel senso di 'ninfa, fata, strega, (levatrice)'" (Dal nome proprio al nome comune, p. 312); l'autore cita le gianas sarde trattate da G. Bottiglioni nel suo Leggende e tradizioni in Sardegna (Genève, 1922) e aggiunge: «Anche nella nota voce milanese gibigianna 'abbagliocchi [sic], luminello' [..] par di vedere un'eco di queste superstizioni: se come avvertiva il Flechia (Archivio Glottologico Italiano, II p. 10), "non è tanto strano che silvano e vecchia, oltre l'incubo, denominino ancora il riverbero sopradetto, perocché fatto splendere e correre da persona non vista, agli occhi del volgo può facilmente assumere carattere e qualità di cosa diabolica o spiritesca", nemmeno è strano che il suo nome conservi un gianna 'strega' [...]. Il convergere della terminazione di Diana con quella di Silvanus fece sì che nel suffisso -ana [...] si sentisse un vago significato di 'fata, strega': esso finì pertanto col diventare un suffisso abbastanza produttivo».
A proposito della prima parte della voce Migliorini aggiunge: "Mi rimane oscuro gibi-. Il Riegler ("Archivium Romanicum", VIII, p. 491) pensava a giba 'giubba' (R.E.W. 3951) + Gianna 'Giovanna' (R.E.W. 4589), ma non saprei seguirlo. Certo vi ha a che fare l'onomatopea" (Ibid.).
Sia il DELI che lo stesso Migliorini, avvicinano la voce al lombardo giubbiana 'fantasima' e anche 'riverbero' e già il Cherubini concludeva così la trattazione della voce "Il Balestrieri [Domenico, autore milanese del XVIII secolo] usò anche Sgiubbianna per Gibigianna". È forse ipotizzabile che la correlazione tra queste voci sia più stretta, - come sembra sottintendere il DEI dove sv gibigiana si legge "v. milanese con numerose varianti fonetiche, cfr. lomb. giubbiana fantasima, trent. giuebiana" - e che all'origine di gibigianna possa trovarsi proprio giubbiana, magari attraverso un passaggio da giubiannare, gibiannare a gibigiannare, tutti attestati come equivalenti da Cherubini, col significato di 'civettare, pettegolare'; successivo sarebbe allora l'accostamento a giana proposto da Migliorini.
Attualmente la voce gibigian(n)a non appare molto diffusa, sicuramente anche per il suo significato così specifico che non la rende facilmente impiegabile in contesti di larga comunicazione; conserva però una suggestione particolare, per cui è ricorrente, oltre che come denominazione di locali di intrattenimento o ristoranti, anche come titolo di opere pittoriche o fotografiche; soprattutto è familiare per essere il nome dato a una lampada da tavolo a luce direzionabile ideata nel 1980 dal designer Achille Castiglioni, per cui, come si dichiara, «Il nome nasce dai ricordi della propria infanzia quando i bambini si divertivano a riflettere i raggi solari con un piccolo specchio, facendo la "gibigiana", così come veniva chiamato questo gioco nel termine popolare lombardo».
Per approfondimenti:
A cura di Matilde Paoli
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
Piazza delle lingue: La variazione linguistica
20 marzo 2009
Evento di Crusca
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