Perché il buio è pesto?

L’espressione buio pesto, che usiamo quotidianamente senza tanto interrogarci sulla sua origine, ha suscitato la curiosità di alcuni lettori, che chiedono lumi sulla sua etimologia e sul suo significato preciso.

Risposta

Effettivamente l’aggettivo pesto in questa espressione polirematica non appare del tutto trasparente, né i vocabolari aiutano a capire meglio questo accoppiamento, limitandosi in genere a registrare l’espressione, figurata, sotto il lemma buio sost. m., o sotto il lemma pesto: pesto agg. vale pestato, come part. pass. del verbo pestare. Pesto attribuito al buio significa ‘fittissimo’, ‘impenetrabile’, ‘totale’, ‘senza la minima luce’. Potremmo in certo modo avvicinarlo anche a ‘condensato’ o ‘compresso’, richiamando, per quello che può valere questo paragone, il significato e l’immagine di altri elementi come la carta pesta o cartapesta, in cui la carta è stata compressa in modo così forte da diventare, con l’aiuto di una sostanza legante, una massa compatta. Il senso della compattezza che, pur in modo figurato, possiamo attribuire al sintagma buio pesto è reso anche da alcune espressioni sinonimiche usate in passato: buio che s’affetta, buio che si taglia a fette (espressione, questa, che si usa tuttora, ma con riferimento a termini come tensione o sim.).

Nel significato di buio pesto è insito anche il riferimento alla difficoltà di orientarsi, segnalato da qualche dizionario (Devoto-Oli online: “buio pesto, buio fittissimo, oscurità assoluta [con particolare riferimento alla difficoltà di orientarsi]”). Nessuna vicinanza, invece, con il significato di pesto ‘ammaccato’, come in occhi pesti, o ‘indolenzito, fiaccato dalla fatica o da una malattia’.

Va rilevato inoltre che in alcuni testi e dizionari del passato si affaccia un altro risvolto semantico insito nel sintagma, quello dell’inutilità, che però non ne spiega l’origine: “Gli è buio pesto. È inutile come sarebbe pestare le tenebre. I Greci dissero in questo senso Batter l’acqua col pestello…” (Baldovini, Lamento, 1694); “Buio pesto, dicesi in modo proverbiale ad accennare che è tempo perduto, che non si può conoscere la cosa di cui si discorre” (Manuzzi, Vocabolario, 1859).

Nell’italiano contemporaneo l’espressione si usa tanto in riferimento all’oscurità fisica, alla mancanza totale di luce, quanto in senso esteso e astratto per indicare un’oscurità nella comprensione di qualcosa: ed è proprio questo secondo significato a dominare nell’uso del passato. Troviamo infatti documentata dal XVII secolo l’espressione buio pesto, che fino al XIX sembra, dalle attestazioni reperite, riferirsi solo all’oscurità nella comprensione di un testo o di un argomento, come mostrano questi esempi:

cotesti libri, che a ogni modo tu non gl’intendi, per te egli è buio pesto (burletta teatrale fiorentina Il filosofo maritato, 1743);

Tutto è buio pesto per me nella tua domanda, tanto il toscano, quanto il piemontese. Nel mio milanese non trovo nulla che ci somigli; e quindi per arrivare al francese, mi converrebbe andar dall’ignoto all’ignoto: metodo molto usitato, ma da non seguirsi (Alessandro Manzoni, lettera a Giovan Battista Giorgini, 1 luglio 1870).

Nei secoli dal XVII al XIX l’espressione, toscana, sembra essere caratteristica di testi comici o comunque non elevati, come dichiarato nella definizione della V edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca: “Buio pesto, dicesi in modo basso di una oscurità grandissima; e più spesso s’adopera in senso figurato”.

Dall’inizio del XX secolo il senso fisico appare più usato, come evidenziato dal Vocabolario nomenclatore di Palmiro Premoli, s.v. oscurità (1912) – “Oscurità grande, completa, fitta, impenetrabile, profonda: Buio fitto, che s’affetta, che s’affetta col filo, buio pesto” –, e dal primo esempio citato dal GDLI, di Aldo Palazzeschi: “giunto quella mattina a buio pesto”.

Seguendo il filo della cronologia, ci troviamo di fronte a risultati interessanti cercando la polirematica con lo strumento di Google Ngram Viewer: all’interno dei parametri cronologici offertici dal programma, 1800-2019, vediamo che fino al 1880 l’uso è molto basso, poi sale, con oscillazioni, fino al 2006, quando presenta una impennata in salita. Questo conferma che l’espressione, poco usata nell’Ottocento, ha nel Novecento e oltre conosciuto una diffusione decisamente maggiore.

Speriamo che queste note abbiamo soddisfatto la legittima curiosità dei lettori che ci hanno scritto: ma resta, ci pare, un margine di indeterminatezza e di scarsa chiarezza del perché si sia attribuito a buio, in questo significato, proprio l’aggettivo pesto, né la documentazione ci illumina del tutto.  Certe volte la lingua presenta qualche caso non del tutto chiaro, se non proprio misterioso, alla base del quale c’è talvolta la creazione di un singolo: la ricchezza della lingua passa anche attraverso casi non del tutto trasparenti o razionali, addirittura un po’ singolari. Crediamo quindi che questa risposta non abbia lasciato i nostri lettori nel buio pesto, ma certo i nostri chiarimenti non hanno potuto evitare che qualche ombra sia rimasta.


Nota bibliografica:

  • Francesco Baldovini, Il Lamento di Cecco di Varlungo di Fiesolano Branducci, Firenze, 1694 (consultato nell’edizione Lamento di Cecco di Varlungo di Francesco Baldovini con la versione latina e annotazioni, Firenze, presso Gaspare Ricci da Santa Trinita, 1817).
  • Il filosofo maritato, burletta da rappresentarsi in Firenze nel teatro di via del Cocomero il carnevale dell’anno 1743, Firenze, G.P. Giovannelli, 1743.
  • Giuseppe Manuzzi, Vocabolario della lingua italiana già compilato dagli Accademici della Crusca ed ora novamente corretto e accresciuto, Firenze, 2a, nella stamperia del Vocabolario e dei testi di lingua, 1859-65.
  • Alessandro Manzoni, Lettere dal 1854 al 1873, in BibliotecaItaliana.it.
  • Palmiro Premoli, Vocabolario nomenclatore, 2 voll., Milano, Aldo Manuzio, 1909-1912.


Ilaria Bonomi

7 agosto 2023


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