I nostri lettori si chiedono se il termine percoca, che indica una varietà di pesca, sia italiano o dialettale, quale sia la forma corretta tra percoca e percocca; altri chiedono se per indicare lo stesso frutto si possa usare il sostantivo maschile percoco.
Con il sostantivo percoca si indicano generalmente alcune varietà di pesca bianca o gialla, con polpa croccante e soda non spiccace (saldamente attaccata al nocciolo) e con buccia tomentosa (ricoperta di pelo). Queste pesche sono molto diffuse nell’Italia del centro-sud, tanto che alcune varietà (insieme ad alcune ricette in cui sono usate) sono state riconosciute dal MASAF (Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) come “Prodotto agroalimentare tradizionale” delle regioni Basilicata (Percoco di Tursi con il vino, Percoco di Tursi sciroppato), Campania (Percoca col pizzo, Percoca puteolana, Percoca terzarola), Puglia (Percoca di Loconia) e Lazio (Pesche o percoche sciroppate).
Sebbene in alcuni casi la comune opinione, che sembrerebbe però ormai superata, ritenga che la percoca sia un incrocio tra la pesca e l’albicocca, essa è in realtà una pesca a tutti gli effetti, anche se i due sostantivi, albicocca e percoca (attestati rispettivamente dal Trecento, v. TLIO, e dal Cinquecento, GRADIT), non sono così distanti dal punto di vista etimologico. Il primo deriva dall’arabo al-barquq ‘prugna susina’, che viene, attraverso l’aramaico bārqūqa, dal greco praikókion ‘albicocca’, a sua volta dal latino praecŏqŭu(m) ‘precoce’: l’albicocca è, infatti, uno dei primi frutti estivi a maturare. Percoca è considerato, invece, un derivato del maschile percoco, direttamente dal latino praecŏqŭu(m), variante di praecox, -cis ‘precoce, primaticcio’ (cfr. DELI, GRADIT).
Sia il maschile percoco, sia il femminile percoca, sono registrati nei dizionari GDLI, GRADIT e Zingarelli 2024, che definiscono il primo come una varietà di pesco e considerano il secondo il nome del relativo frutto, analogamente a quanto avviene nella maggior parte delle coppie di sostantivi che indicano l’albero e il suo frutto (come melo/mela, arancio/arancia, banano/banana), sebbene siano presenti in italiano vari casi di frutti ‘maschili’, come l’ananas, il lampone, il fico e anche il melograno (vedi la risposta di Matilde Paoli anche per il rapporto col femminile melagrana) e, almeno al centro-sud, l’arancio (probabilmente, come rileva Serianni nella sua grammatica, sulla scorta degli altri nomi di agrumi, quasi tutti maschili). I dizionari citati ritengono, inoltre, che il femminile derivi dal maschile, e che entrambi i sostantivi (attestati a partire dal sec. XVI) siano dei regionalismi di area meridionale; la diffusione dei termini a livello diatopico è confermata anche dall’Atlante italo-svizzero (AIS), che mostra (sulla carta 1283: ‘Una pesca tenera’) un’Italia spaccata quasi perfettamente a metà: al Nord si alternano pesca e persica, mentre nei dialetti meridionali si trovano persica e percoca (tutti, naturalmente, nelle diverse varianti fonetiche appartenenti a ciascun dialetto). Questa situazione potrebbe anche spiegare la differenza tra percoco/percoca e la base latina praecŏqŭu(m) nella sillaba iniziale, a seguito della metatesi (che è comune nei dialetti centrali e meridionali), per cui la vibrante -r- e la vocale che dovrebbe seguirla sono invertite all’interno della parola. Persica, al contrario, è aderente al latino pĕrsĭca (la cui origine detoponimica, dalla Persia, è diventata opaca nella forma standard pesca, prodotta dalla caduta della ĭ postonica e dalla semplificazione del nesso rsc in sc): proprio la sovrapposizione dei due termini nell’uso potrebbe aver determinato la metatesi, in seguito alla quale essi hanno in comune la sillaba iniziale. La carta dell’AIS ci mostra, inoltre, che non è raro trovare, a partire dalla Campania e dalla Basilicata, scendendo poi verso la Puglia meridionale, la Calabria e la Sicilia, il sostantivo declinato al maschile (percoco e sue varianti) per indicare il frutto; questo uso è confermato anche da vari dizionari dialettali, ad esempio il Nuovo dizionario dialettale della Calabria di Gerhard Rohlfs (s.v. percocu: “sorta di grande pesca gialla”). Peraltro, in alcune aree dialettali meridionali (Campania del sud e basso Lazio) e meridionali estreme (Calabria meridionale, Sicilia) il sostantivo percoco e le sue varianti possono indicare sia la nostra varietà di pesca, sia l’albicocca (cfr. AIS, carta 1276 ‘Albicocca, Albicocco’; Vocabolario siciliano di Piccitto e Tropea s.v. percocu: “pianta e frutto dell’albicocca”), forse proprio a causa della vicinanza etimologica, di cui si è detto sopra (e anche perché, in latino, praecoqua indicava sia l’albicocca sia la pesca, e questa situazione si riflette nei dialetti) fra i termini che indicano la percoca e l’albicocca, frutto che nel Centro-sud è detto in dialetto bricocola (o bercocola, brecocola, bericoccola e altre varianti; in alcune aree, come la Campania, c’è anche il grecismo crisommola) termine vicino al nostro percoca anche dal punto di vista fonetico, derivato ancora dall’arabo al-barquq (cfr. GDLI s.v. bericoca).
Percoca non è però l’unica variante del sostantivo che si riscontra nelle fonti lessicografiche e nell’uso. Percocca, segnalata dai lettori, è registrata nel GRADIT, che la ritiene una parola macedonia composta da persica e albicocca, indicante appunto un incrocio tra la pesca e l’albicocca, frutto che peraltro sembrerebbe non esistere, stando alle informazioni che è possibile reperire nel web. Nonostante questo, la variante con occlusiva intensa, che dal punto di vista fonetico non è aderente al termine latino da cui deriva, potrebbe comunque dipendere dall’analogia con il sostantivo albicocca (oppure da accidenti fonetici, per cui cfr. anche in siciliano varcocu e varcoccu ‘albicocca’), che ha una diffusione molto più capillare e panitaliana rispetto a percoca e che, quindi, potrebbe essere percepito come quello maggiormente corretto e scevro da possibili incertezze nella pronuncia. Possiamo dunque considerare più corretto il sostantivo percoca (con una sola c), che lo stesso GRADIT, come detto, ritiene una varietà di pesca.
In ogni caso, tra quelle segnalate dai nostri lettori, la variante che risulta oggi più diffusa, stando alle occorrenze che si trovano nei blog di cucina, nei quotidiani e nei social è senza dubbio percoca; eccone alcuni esempi:
Damiano Banzola è stato uno dei primi agricoltori nel Centro Nord Italia a recuperare una coltura, quasi abbandonata perché non più richiesta dal mercato, soprattutto da Roma in su: le pesche percoche […]. Le percoche sono perfette per la trasformazione: sono sode e dolci, richiedono pochi zuccheri aggiunti, mantengono un aspetto e un sapore molto naturale (Daniela Camboni, «Coltivo una pesca rara ma il risultato è garantito», Corrieresociale.it, 7/10/2016)
Un tempo si pensava fossero un incrocio tra pesche e albicocche: ora si sa invece che le percoche sono una qualità di pesche a polpa gialla, molto compatta, dalla dimensione medio-grande […]. La crostata con le percoche è una vera delizia: un disco di pasta frolla farcito con crema pasticciera (o marmellata) e guarnito da fette di percoca dolci e croccanti (Cristina Gambarini, Le percoche, le pesche che non ti aspetti, dal blog “La cucina italiana”, 16/7/2018)
’A percoca, quella col pizzo, succulenta e gialla come il sole, è il mio frutto preferito. Mangerei solo percoche (da un post su Facebook del 25/7/2023)
La percoca viene raccolta a mano, la sua eventuale caduta è protetta da strati di paglia stesi intorno all’albero; sempre a mano, spesso è calata nel vino, in un matrimonio riuscito (Patrizia Rinaldi, Nostalgia della percoca col pizzo, Repubblica.it, 29/9/2023)
Molto più raro è trovare invece, per indicare il frutto, la variante percocca: le poche occorrenze si trovano in shop botanici online (ad esempio: «Pianta di pesca percocca, varietà detta anche “pesca industriale” infatti per l’intensità del sapore, per l’intenso profumo e per la compattezza della polpa» dal sito Il Sorbo vivai; nell’esempio è da notare l’uso del termine come aggettivo, riferito a pesca, che in effetti è diffuso anche per la forma con una sola c); rare anche le occorrenze del maschile percoco, che invece è comunemente usato per indicare l’albero:
Vivai Spinelli dispone di diverse tipologie di piante di percoco che propone ai propri clienti in vendita da molti anni, avendone selezionato diverse tipologie resistenti a diversi climi, per una produzione di frutti ricca (dal sito Vivai Spinelli)
In conclusione, per rispondere ai nostri lettori, possiamo affermare che il termine percoca (che è la variante più diffusa, a scapito di percocca e della forma al maschile) è un regionalismo che possiamo considerare ormai noto a livello nazionale, come dimostrano la sua presenza nei dizionari italiani e le numerose occorrenze che possiamo trovare in rete. È dunque preferibile, in italiano, utilizzare il sostantivo femminile, e con una sola c, per indicare la varietà di pesca in questione e riservare il maschile per indicare l’albero che la produce.
Elisa Altissimi
4 settembre 2024
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