‘Pieno di talento’: talentoso o talentuoso?

Nel corso degli anni, diversi utenti ci hanno chiesto lumi riguardo all’aggettivo per ‘pieno di talento’: si dice e si scrive talentoso o talentuoso? Tra gli ultimi a interpellarci sulla questione segnaliamo Franca A. da Roma, Annalisa G. da Seattle e Lino M. da Rio de Janeiro.

Risposta

‘Pieno di talento’: talentoso o talentuoso?

 

L’aggettivo talentoso o talentuoso è registrato nei vocabolari con alcune differenze, che esploreremo tra breve, ma in sostanza con due significati: quello di ‘desideroso’ e quello di ‘dotato di talento’, che ci interessa per questa trattazione.

Tra i dizionari dell’uso, il GRADIT 2007 riporta entrambe le forme, indicando talentoso come primaria; il Sabatini-Coletti 2008 e il GARZANTI in rete registrano solo talentoso; il Devoto-Oli 2012 rimanda da talentuoso a talentoso; nello ZINGARELLI 2013 troviamo talentoso o talentuoso, senza ulteriori specificazioni. In generale viene classificato come “obsoleto” il significato più antico, ‘voglioso, desideroso’, e come “raro” o “di basso uso” quello di ‘dotato di grande ingegno’; l’unica eccezione è lo ZINGARELLI che, rispetto all’accezione di cui ci occupiamo oggi, non fornisce indicazioni particolari. C’è unanimità, comunque, nell’indicare come forma prevalente talentoso.

L’aggettivo deriva da talento, parola alla cui storia occorre accennare. Il termine viene dal latino talentu(m), a sua volta dal greco tálanton, che inizialmente significava ‘inclinazione (della bilancia)’ per passare a indicare l’oggetto pesato e poi la moneta, vista l’antica consuetudine di pesare il denaro. Il percorso della parola è spiegato molto chiaramente da Bruno Migliorini, che lo ricostruisce a p. 83 del suo saggio in francese Polysémie des latinismes dans le vocabulaire européen (in Interlinguistica. Sprachvergleich und Übersetzung. Festschrift zum 60. Geburtstag von Mario Wandruszka, 1971, Tübingen, Max Niemeyer, pp. 75-86) e che citiamo nella traduzione riportata nel DELI:

talento mostra due successive irradiazioni dell’impiego figurato di talento ‘peso d’oro o d’argento’, di cui il secondo almeno si fonda nella parabola evangelica (Matteo cap. XXV) dei talenti distribuiti in differente misura da un padrone ai servi. La prima accezione è quella di ‘desiderio, volontà’, ed ha avuto il predominio nel Medio Evo, avendo come centro d’irradiazione la Provenza; il secondo, quello di ‘attitudine naturale o acquisita’, si manifesta sporadicamente in Italia e in Francia, ma non esplode che durante il Rinascimento.

La parola viene menzionata da Migliorini anche all’interno della voce gallicismi nell’Enciclopedia Dantesca (pubblicata tra il 1970 e il 1978 dall’Istituto della Enciclopedia Italiana, ora disponibile anche in rete).

Talentoso si manifesta già nell’italiano nel XIII secolo con il significato di desideroso, voglioso: «Quand'io passo vegiendovi davanti, lo cor si parte, a voi vien talentoso di dicer ciò ch'io sento per amare» (Chiaro Davanzati, Rime, XIV, sec. XIII); all’epoca, l’aggettivo ricorre anche impiegato nel senso di ‘molto caro, gradito’. Nel corso del Rinascimento lo troviamo usato anche nel senso di ‘molto prezioso’ (derivante, per questa accezione, da talento come ‘antica unità di peso’, cfr. GDLI), come nell’attestazione di Francesco Colonna (1433-1527) dalla Hypnerotomachia Poliphili: «Chi possiderà tanto inextimabile et talentoso tesoro?».

La prima attestazione italiana dell’uso nel senso di ‘pieno di talento’ è molto più recente: il GRADIT riporta l’anno 1857, che nel GDLI corrisponde a una lettera di Francesco Domenico Guerrazzi: «Si può essere ... facilmente più talentosi ma facilmente altresì più meloni» (Lettere familiari con ricordi degli ultimi anni, a cura di Gian Francesco Guerrazzi, Milano-Roma-Napoli, 1924).

La prima occorrenza della forma talentuoso pare di poco successiva; il GDLI attesta una citazione dall’opera di Gian Pietro Lucini D'Annunzio al vaglio dell'Humorismo, datata 1913: «il povero borghese provinciale non avrebbe saputo che rispondere a quel mostro talentuoso del suo figliuolo». Tutti i dizionari che menzionano la forma talentuoso la fanno risalire all’influsso del francese talentueux.

In francese, consultando Le trésor de la langue Francaise informatisé, si scopre che è attestato l’uso di talentos nel senso di ‘desideroso’ nel Chevalier de la Charrette di Chrétien de Troyes, scritto tra il 1176 e il 1181; ma l’impiego dell’aggettivo nel senso di ‘qui a du talent’ è recente quanto in italiano: ancora una volta, compare attestata per prima la forma talenteux (1857) e poco dopo la forma talentueux (1876). Insomma, al di là di quanto attestato nei dizionari, si potrebbe ipotizzare un influsso del coevo uso francese su entrambe le forme italiane, sia quella senza che quella con la -u-.

Appurata l’origine delle due forme, possiamo ipotizzare alcuni motivi che hanno portato alla diffusione della forma talentuoso.

Da una parte, può aver influito la produttività dell’aggettivo -uoso. Nella maggioranza dei casi, la -u- era già presente nel tardo latino (come in affettuoso, flessuoso o mostruoso). Tra questi, si consideri soprattutto l’esistenza dell’aggettivo virtuoso, dall’accezione in larga parte sovrapponibile a talentuoso, che quindi può aver avuto particolare rilevanza nel dare una spinta alla diffusione della forma con la -u-.

Esistono d’altro canto anche aggettivi più recenti, creati direttamente in italiano tramite l’aggiunta del suffisso -uoso, che “in analogia con aggettivi di origine latina, forma aggettivi che indicano relazione con il sostantivo di base” (cfr. definizione di -uoso nel GRADIT): sono nati in questo modo delittuoso, lussuoso, pretestuoso e untuoso e i più rari perfettuoso, sensuoso e sessuoso. Anche dal punto di vista morfologico, dunque, talentuoso è del tutto regolare, e si inserisce in una serie lessicale esistente.

Ricordiamo che nell’Italia centrale l’uso di talentuoso rispetto a talentoso potrebbe essere anche legato a una forma di ipercorrettismo, dal momento che nella zona è diffusa, e molto vitale almeno a livello popolare, la riduzione del dittongo -uo- in -o- (normalmente -ò-), come in bono per buono, foco per fuoco, novo per nuovo. Questo potrebbe portare a considerare istintivamente meno corretta la variante -oso, finendo per preferire nell’uso quella con la -u-.

Dunque, entrambe le forme sono ben attestate. Tuttavia, rispetto alle risposte dateci dai dizionari, orientate quasi esclusivamente su talentoso, la verifica del reale uso dei due aggettivi fornisce qualche sorpresa.

L’archivio di “Repubblica”, che raccoglie testi dal gennaio 1984, contiene 242 occorrenze di talentoso e 3.019 di talentuoso. L’archivio del “Corriere”, che parte dal 1992, contiene 120 occorrenze per talentoso e 803 per talentuoso. Analizzando la suddivisione anno per anno delle occorrenze, appare evidente la crescita dell’impiego della forma “alla francese” a scapito di quella “all’italiana”.

Al di fuori del contesto giornalistico, eseguendo alcune ricerche con Google limitatamente a contesti di lingua italiana, otteniamo 21.200 occorrenze per talentoso e 671.000 occorrenze per talentuoso. Scorrendo la pagina dei risultati, si nota che la maggioranza riguarda il mondo del calcio o più in generale dello sport (anche se l’aggettivo compare impiegato anche in testi artistici, culinari ecc.): si trovano, per esempio, 18.200 occorrenze del sintagma giocatore talentuoso, mentre giocatore talentoso è usato solo in 126 casi. Questo permette di ipotizzare che negli ultimi anni ci sia stato un rilancio di questo aggettivo, forse proprio a partire dall’ambito calcistico – anche se i più diffusi saggi che trattano della lingua dello sport non menzionano il termine (cfr. ad es. Sport e comunicazione nella società moderna di Fabio Rossi, Antonio Ghirelli, Aldo Grasso, Fabio Ciotti [in Enciclopedia dello Sport Treccani 2003]) – e che tale rilancio, molto più sostanziale per la forma in -uoso, non sia ancora stato recepito dalla maggioranza dei dizionari, eccezion fatta per lo ZINGARELLI.

Curiosamente, ancora nel 2006, il professor Giorgio De Rienzo, recentemente scomparso, titolare per lunghi anni della rubrica Lo scioglilingua su Corriere.it, affermava con decisione «esiste solo (anche se poco comune) il termine talentoso». E chissà se, nel 1980, la traduttrice del romanzo di Patricia Highsmith The talented Mr. Ripley (diventato poi anche un film) abbia optato per dare alla versione italiana il titolo in Il talento di Mr. Ripley proprio per evitare il grattacapo di dover scegliere tra talentuoso e talentoso!

 

  

 

A cura di Vera Gheno
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca

31 maggio 2013


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