Ci sono pervenute molte domande sulla corretta grafia di plexiglas: la parola deve essere scritta con una o con due s?
Prima di dare una risposta sarà utile ricostruire brevemente la storia del termine.
All’inizio del Novecento il chimico tedesco Otto Röhm con il socio Otto Haas avviò in Germania le ricerche sugli acrilati, che nel 1933 portarono all’invenzione del polimetilmetacrilato (in sigla PMMA), una resina artificiale usata per lastre, lamine e tubi in luogo del vetro, per la sua maggiore infrangibilità e trasparenza: le fu dato il nome di Plexiglas, composto di plexus, participio passato del verbo latino plectĕre ‘intrecciare’ (a motivo della struttura polimerica) e dal sostantivo tedesco Glas ‘vetro’. Plexiglas è un marchio registrato fin dal 1933 dalla società Röhm & Haas GmbH (dal 1971 Röhm GmbH) con sede a Darmstadt, che vende i prodotti in tutto il mondo, tranne che negli Stati Uniti. Ciò si deve al fatto che nel 1909 nacque a Filadelfia una filiale americana della ditta tedesca. Nel 1917, con l’entrata della Germania in guerra, la filiale fu sequestrata, ma alla fine del conflitto fu restituita a Otto Haas, che viveva negli Stati Uniti dal 1909, e la società, con il nome di Röhm & Haas Company, iniziò la produzione e la commercializzazione del polimetilmetacrilato, che sul mercato americano acquisì una s in più, trasformandosi in Plexiglass.
Per quanto riguarda l’uso del termine nella nostra lingua, il DELI registra il termine nella grafia plexiglas, come voce inglese datata 1935, composta di plexi- e glass ‘vetro’. La data della prima attestazione italiana secondo il DELI risale al 1949, perché in quell’anno la nuova parola fu registrata nel Dizionario tecnico inglese-italiano, italiano-inglese di Giorgio Marolli (Firenze, Le Monnier, 1949, p. 604). E nel 1950 Bruno Migliorini inserì la voce Plexiglas, definita ‘una materia plastica’, nell’Appendice di ottomila voci al “Dizionario Moderno” di Alfredo Panzini.
Il termine è registrato come sostantivo maschile nei dizionari della lingua italiana sempre e unicamente nella forma plexiglas, con una sola -s finale: quasi tutti i repertori (Garzanti, GRADIT, Sabatini-Coletti, Zingarelli) fanno derivare il nome commerciale dall’inglese, mentre altri (Devoto-Oli e Vocabolario Treccani) lo dichiarano solo nome commerciale e marchio registrato.
I dizionari di lingua inglese oscillano tra le due forme: plexiglas, secondo il Webster’s Third New International Dictionary e il Collins English Dictionary; ma plexiglass secondo il Merriam-Webster Dictionary; l’Oxford English Dictionary registra plexiglas ma prevede anche la variante plexiglass; il Dizionario delle lingue italiana e inglese Sansoni nella parte Inglese-Italiano registra plexiglass e lo traduce con plexiglas. Infine un accenno alla pronuncia: quasi tutti i dizionari italiani accolgono sia la pronuncia plèxiglas sia la pronuncia plexiglàs, e così fa anche il DOP, che registra entrambe le pronunce.
Con il termine plexiglass, il più delle volte con due s, sono indicati in modo generico gli oggetti in polimetilmetacrilato: in corrispondenza con la pandemia da virus SARS-CoV-2, a partire dall’aprile 2020 c’è stata una grande diffusione, nei titoli e negli articoli dei quotidiani, di “box in plexiglass”, “barriere e pannelli di plexiglass”, “banchi separati con il plexiglass” e simili.
L’interrogazione in Google fa prevalere la forma plexiglas, con 25.000.000 risultati, mentre plexiglass ne ha 22.900.000. Tornando alla domanda sulla grafia corretta della parola, pur non potendo considerare sbagliata la forma plexiglass, conviene attenersi a quella lemmatizzata dai dizionari italiani, cioè plexiglas, corrispondente al nome scelto in origine dall’inventore tedesco.
Valeria Della Valle
7 luglio 2020
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