Salvatore Garraffa da Mascalucia in provincia di Catania ci chiede notizie a proposito del sostantivo premialità.
Premialità
Il sostantivo premialità è voce coniata per suffissazione dall'aggettivo premiale (a sua volta dal latino tardo praemiale-m 'che premia') - che designa, in particolare, un trattamento penale favorevole (con sconti di pena o altri benefici) previsto per i collaboratori di giustizia (soprattutto nei processi per reati mafiosi o terroristici); in questo senso, si è anche parlato di un "diritto premiale" in contrapposizione al "diritto penale", ovvero a un diritto che fa ricorso al "premio", anziché alla sanzione, per indurre i destinatari di una norma all'osservanza.
L'aggettivo premiale è regolarmente registrato nei maggiori dizionari generali; quanto alla frequenza, il GRADIT lo lemmatizza come vocabolo di basso uso.
La forma derivata compare invece nelle ultime edizioni (2010) dello ZINGARELLI e del Devoto-Oli, nel Vocabolario Treccani curato dall'Istituto dell'Enciclopedia Italiana (2008) e negli aggiornamenti del GRADIT e del GDLI (rispettivamente 2007 e 2009); tra i repertori di neologismi, Adamo e Della Valle accolgono premialità in Neologismi quotidiani. Un dizionario a cavallo del millennio 1998-2003 (Firenze, Olschki, 2003).
Con riferimento alla base, il sostantivo premialità definisce "la caratteristica di ciò che è premiale" (vedi ZINGARELLI 2010, s.v. premialità), ovvero "la facoltà di riconoscere premi o benefici come compenso per l'impegno mostrato nello svolgimento di un'attività" (Neologismi quotidiani, 2003).
Nelle recenti vicende di politica interna si è parlato spesso di premialità a proposito della riforma del pubblico impiego varata dal Ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta - che ha stabilito, tra l'altro, nuovi criteri di promozione dei dipendenti pubblici.
In ambito giuridico, premialità è - ancora - "l'attuazione del diritto premiale" (Devoto-Oli 2010) ovvero "il carattere delle norme premiali; il fatto di essere premiale" (Vocabolario Treccani 2008). Con questa accezione, il termine appare nel titolo di un saggio di Serenella Armellini - Le due mani della giustizia La premialità del diritto come problema filosofico (Torino, Giappichelli, 1996) che tratta il tema dell'aspetto premiale del diritto.
Con una specializzazione ulteriore rispetto alla forma di partenza, il vocabolo ricorre stabilmente anche nel linguaggio economico e finanziario, nel quale l'espressione premialità individua "il principio in base al quale vengono stanziati fondi a sostegno di un progetto o di un lavoro meritevole" (Devoto-Oli 2010).
La voce è presente nel sito ufficiale del Ministero dello sviluppo economico (Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica), dove si legge: "La riserva di efficacia e di efficienza, o riserva di premialità, è un meccanismo finalizzato a rafforzare l'impatto positivo degli interventi comunitari: premia i programmi migliori dal punto di vista dell'efficacia, della gestione e dell'attuazione finanziaria".
Allo stesso modo, il sostantivo compare in numerosi siti di regioni e enti regionali. Il termine premialità sembra infatti riferirsi, in particolare, a un "meccanismo che prevede l'assegnazione di risorse aggiuntive da parte dell'autorità centrale a regioni, enti locali, ecc. a titolo di premio per aver raggiunto o superato determinati obiettivi economici o aver rispettato le scadenze nella realizzazione di un progetto" (GRADIT 2007 e GDLI 2009). Nell'area "Programmazione" del sito della regione Abruzzo, ad esempio, si legge che "un obiettivo importante di lavoro della Programmazione 2007-2013 è legato al conseguimento della cosiddetta premialità condizionata al raggiungimento, da parte delle 8 Regioni Meridionali, di target vincolanti per un numero limitato di servizi".
Così, premialità appare spesso con un altro termine del mondo economico e finanziario - "patto di stabilità" (che designa il piano con cui, a livello europeo, i paesi membri hanno stabilito i requisiti di adesione all'Unione Economica e Monetaria): risale alla fine del 2009 il cosiddetto "decreto di premialità" - ovvero un sistema, da parte dello Stato, per monitorare e allo stesso tempo incentivare le economie locali nel rispetto dei parametri di Maastricht.
E ancora, ritroviamo l'espressione in siti di università, come quella di Sassari, in cui "Premialità" è una sottosezione della sezione "Ricerca scientifica", dedicata ai "Premi di produttività scientifica" (che sono stati istituiti dall'Università degli Studi di Sassari per promuovere la competizione fra i ricercatori e per stimolarne la internazionalizzazione).
Tutte queste attestazioni "istituzionali" di vario tipo concordano, dunque, nel conferire a premialità lo status di voce ben acclimata nella lingua.
Stando alle occorrenze in rete (che superano le 70.000, ben oltre quelle rilevate per l'aggettivo premiale), il vocabolo riscuote un certo successo - decretato del resto dal suo accoglimento nei dizionari dell'uso di oggi.
Si tratta di un termine molto attuale, che si inserisce nei tradizionali meccanismi di formazione delle parole a cui la lingua ricorre nella necessità di designare sempre nuovi referenti. La derivazione da premiale è infatti ottenuta attraverso il suffisso nominale -ità, caratteristico di sostantivi astratti a partire da una base aggettivale (altri esempi correnti glocalità e metrosessualità in Neologismi: parole nuove dai giornali, diretto da Giovanni Adamo e Valeria della Valle, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2008).
È anche, possiamo dire, una voce molto "moderna", che richiama la più recente pubblicistica - tutta incentrata sull'idea del vantaggio e degli incentivi a fini promozionali - e la cultura "meritocratica" da più parti sostenuta.
A cura di Chiara Mussomeli
Redazione Consulenza Linguistica
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