Priorizzare, prioritare, prioritizzare, prioritarizzare: a quale forma assegnare la priorità?

Carla Mezzaro dalla provincia di Vicenza, Antonio T. da Genova, Eros Cavadini dal Canton Ticino, Stefano Angiolillo e Valerio Sorano da Roma ci chiedono come si possano sintetizzare le espressioni "assegnare la priorità" o "stabilire le priorità". In particolare ci domandano se siano corretti il verbo priorizzare (ed eventualmente il sostantivo priorizzazione) o, in alternativa, le forme prioritare, prioritizzare, prioritarizzare.

Risposta

Priorizzare, prioritare, prioritizzare, prioritarizzare:
a quale forma assegnare la priorità?

 

La questione che ci viene posta riguarda, dal punto di vista generale, la derivazione da sostantivi o aggettivi di una forma verbale sintetica in luogo di una espressione analitica. Soprattutto in tempi recenti e in special modo in ambito burocratico e scientifico, si assiste a un proliferare di verbi uscenti in -are di nuova coniazione: così attenzionare, per 'richiamare l'attenzione di', o efficientare, per 'rendere efficiente' e simili. Questo aspetto è già stato trattato in questo stesso sito da Raffaella Setti.

 

Venendo al caso particolare dei verbi priorizzare, prioritare, prioritizzare, prioritarizzare per esprimere il concetto di 'assegnare la priorità a qualcosa' o 'stabilire le priorità in una serie di oggetti, eventi, o simili', le quattro alternative proposte sono diverse dal punto di vista formale in quanto a derivazione, ma tutte ammissibili: prioritizzare è sicuramente un adattamento recente dell'inglese prioritize; prioritarizzare deriva dall'aggettivo prioritario introdotto in lingua nel XX secolo (1963); prioritare è riconducibile direttamente a priorità, voce dell'inizio del XV secolo, dal latino medievale prioritas 'precedenza'; infine priorizzare si presenta come un termine dotto derivante dal latino prior (gen. prioris) 'primo di due, precedente', comparativo di prī 'davanti, prima', forma che sta alla base di priorità, nonché dell'italiano priore.

 

Cerchiamo di capire se una tra le forme proposte sia legittimata dalla tradizione scritta o, quanto meno, sostenuta da una larga diffusione nell'uso.
Per quel che riguarda le attestazioni lessicografiche, non troviamo le forme nel Vocabolario Treccani, né nel Dizionario italiano on line della Hoepli, né in Sabatini-Coletti 2008, Devoto-Oli 2012, ZINGARELLI 2011, GARZANTI 2007. Solo GRADIT 2007, opera che programmaticamente registra l'uso anche legato ad ambiti specialistici, riporta unicamente priorizzare la cui prima testimonianza risalirebbe a un articolo del "Corriere della Sera" datato 1992.
Esaminando l'archivio del "Corriere" ci rendiamo conto che l'impiego nell'articolo citato da GRADIT (Antonio Costa, Democrazia o prosperità: il dilemma irrisolto del post comunismo, 19.01.1992) costituisce l'unica occorrenza nel corpus; nessuna traccia delle altre forme verbali, né di sostantivi derivati. Non troviamo attestazioni utili nell'archivio di "Repubblica", mentre in quello della "Stampa" abbiamo due occorrenze di priorizzare e una del sostantivo priorizzazione: il primo riscontro del verbo risale al 2004 (Incontro nello stabilimento di Belo Horizonte - Morchio vede Lula «Brasile strategico») e il più recente al 2009 (Il viceministro Fazio: «No alla corsa al farmaco è inutile e dannosa»); ancor prima, in una lettera datata 25.04.2003, si parla di "un'innovativa modalità di priorizzazione viaria del servizio pubblico".
Lo stesso quotidiano sembra essere l'unico a testimoniare l'uso di prioritizzare in un intervento di Roberto Quaglia, direttore generale di ESCP Europe Italia, dal titolo Una vetrina per i giovani stranieri, dello scorso 12 febbraio: "Prevederei anche un retrobottega pensante, che definisca le priorità per il territorio, in collegamento con la politica locale. Prioritizzare è necessario, sparando nel mucchio si sprecherebbero le poche cartucce a disposizione". Neanche nell'archivio della "Stampa", troviamo attestazioni delle altre due forme verbali prioritare e prioritarizzare, né dei sostantivi connessi.

 

La consultazione del GDLI, che tratta le testimonianze della tradizione scritta della nostra lingua, non offre riscontri per nessuna delle forme verbali; troviamo però il sostantivo priorizzazione registrato come sinonimo disusato di 'priorità'. Nel dizionario si cita un passo dagli Errori di lingua italiana che sono più in uso di Antonio De Nino (1866): "M'è dispiaciuto di leggere anche in opera di egregio scrittore vivente la voce priorizzazione, poiché abbiamo priorità non ancora uscita d'uso: mentre priorizzazione è usata da pochi. Sarò da riprendere se stento ad accoglierla per buona? Non credo" (p. 44 sg.). La stessa condanna della voce troviamo nel Lessico dell'infima e corrotta italianità di Pietro Fanfani e Costantino Arlìa (1877), dove, dopo la citazione dallo stesso De Nino, si dice "Molti degli egregi scrittori viventi, pur troppo, sig. De Nino, non solo non curano ma affettano, e se ne vantano, di non curare la lingua. Questa voce, che è accia, se è usata da pochi, e' debbon esser di quelli che vanno cercando col fuscellino di cosifatte sgarbate, strampalate e cervellotiche voci e frasi...". Parrebbe quindi che il sostantivo, che ripetiamo non è registrato dalla lessicografia dell'uso attuale, sia stato introdotto nel XIX secolo.

 

Una ricerca condotta nel corpus offerto da Google libri permette di ricondurre le prime testimonianze scritte di prioritizzare e prioritarizzare al XXI secolo (rispettivamente al 2005 e 2006) e quelle dei relativi sostantivi agli anni Ottanta del secolo scorso: prioritizzazione appare nel 1983 nel volume XXVII della rivista "Il Veltro", edita dalla Società Dante Alighieri, in un brano che tratta di informatizzazione di testi («prioritizzazione dell'ordine delle scansioni o "runs"»), prioritarizzazione nel 1986, in un testo di Graziella Tonfoni, Intenzione comunicativa e interpretazione nelle conversazioni, "Studi italiani di linguistica teorica ed applicata", ("prioritarizzazione del ruolo del parlante"). Prioritare risalirebbe invece al 1985 in "Nord e Sud", Volume XXII ("prioritare la pre-scuola e l'istruzione degli adulti"), mentre non c'è traccia di un ipotetico prioritazione.
Più antico invece risulta priorizzare, la cui paternità, insieme a quella del sostantivo priorizzazione, sembra potersi attribuire a Simone Corleo (1823-1891), filosofo e politico siciliano, che nella sua Filosofia universale (Palermo 1860 e 1863), aveva coniato il principio della "priorizzazione dei concetti". All'interno dell'opera ricorrono assai spesso sia il sostantivo sia il verbo, soprattutto il participio passato priorizzato. Solo qualche esempio: "La scoverta della priorizzazione dei concetti mi diede la chiave per ispiegare la necessità ed universalità de' giudizii assoluti; [...] ebbi a vedere che i concetti, una volta formati, divengono punti fermi ed immutabili, e prendono, per cosi dire, il davanti, si priorizzano"(p.261); "imperocché tutte le verità assolute del regno logico [...] non son altro, che i concetti priorizzati, cioè i punti fermi delle idee" (p.547) [corsivi nostri]. Il verbo e il sostantivo sarebbero quindi nati nell'ambito intellettuale della Sicilia risorgimentale; in seguito, a partire dalla pubblicazione della Filosofia universale, la "priorizzazione dei concetti" è stata discussa in ambito filosofico (lo fecero tra gli altri Benedetto Croce e Giovanni Gentile), favorendo il diffondersi di verbo e sostantivo nell'ambito della disciplina; successivamente priorizzare e priorizzazione si sono affermati negli studi di sociologia e pedagogia, di politica e storia, fino a quelli di economia.

 

È possibile che priorizzare, una volta uscito dall'ambito culturale di origine, intorno agli anni Ottanta si sia inserito tra le possibili "risposte italiane" all'inglese prioritize (e prioritization), che si stavano affermando in quel periodo, trovando un nuovo impulso alla sua diffusione. Da un sondaggio in rete si può dedurre che attualmente gli ambiti d'impiego delle forme verbali citate e dei sostantivi derivati siano pressoché gli stessi: la gestione aziendale e il marketing, le associazioni sindacali, le amministrazioni pubbliche e la sanità, l'informatica, la telefonia mobile e perfino, con discreto successo, il body building: si possono priorizzare o prioritare o prioritizzare o prioritarizzare i prodotti turistici e le richieste dei clienti, gli obiettivi e gli interventi, gli atti amministrativi e i flussi ciclabili, i problemi di salute e i pazienti in lista d'attesa, i frame e i file, i pacchetti e le connessioni di rete e perfino i quadricipiti.

 

Se non appaiono ormai differenze sostanziali in rapporto ai settori d'uso, è però riscontrabile un'occorrenza decisamente minore di prioritazione rispetto ai sostantivi concorrenti; anche prioritare sembra (la ricerca presenta troppo "rumore" per permettere affermazioni certe) meno diffuso degli altri verbi. Prioritarizzare e prioritarizzazione hanno una diffusione discreta e praticamente equivalente; infine i più usati risultano decisamente l'anglismo prioritizzazione, ma non prioritizzare, e il verbo priorizzare, ma non il sostantivo priorizzazione.

 

Per concludere, priorizzare e priorizzazione, presenti nella tradizione scritta della nostra lingua da quasi due secoli, rappresentano a nostro avviso la più idonea tra le possibili scelte, anche se non è da escludere per il futuro un accoglimento di prioritizzare e prioritizzazione grazie alla loro larga affermazione nell'uso.

A cura di Matilde Paoli
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca

 

 

18 novembre 2011


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