Problemi di accordo

Con la presente scheda si risponde ai molti utenti che hanno posto domande su vari tipi di problemi di accordo.

Risposta

Problemi di accordo

I casi che pongono problemi di accordo presentano una questione basilare comune, la non coincidenza tra significato logico o naturale e la categoria grammaticale: è noto infatti che in italiano (come in tutte le lingue alfabetiche) l'attribuzione del genere, ma più in generale il legame che tiene unito significante e significato, è del tutto arbitrario. Il mancato accordo può riferirsi sia al genere che al numero: per il genere, in alcuni casi non vale nemmeno il criterio del sesso per gli esseri animati e può accadere che al genere maschile o femminile grammaticale non corrisponda lo stesso genere in natura (la guardia, la vedetta, la sentinella ad esempio sono sostantivi femminili che per lo più si riferiscono ad un essere animato di sesso maschile; oppure il soprano, il mezzosoprano sono cantanti donne indicate però con sostantivi di genere maschile); per il numero si possono trovare elementi grammaticalmente singolari che però rimandano ad una pluralità di oggetti e che, quindi, logicamente, vengono percepiti come plurali.

Casi problematici per l'accordo del genere:

  • Tra i residui di neutri latini qualche cosa, qualcosa, ogni cosa presentano problemi di accordo di genere in quanto il neutro latino richiederebbe l'accordo con il maschile in italiano (qualcosa è andato storto), ma la presenza del sostantivo femminile cosa può generare dubbi. Per qualcosa (con il partitivo è sempre richiesto l'accordo al maschile: qualcosa di nuovo è accaduto) la possibile incertezza è dovuta alla differenza di genere tra l'aggettivo qualche (di genere maschile) e il sostantivo cosa (di genere femminile), nonché all'alternanza che si nota nell'uso letterario che, comunque, recentemente sembra preferire l'accordo al maschile. Sull'aggettivo qualche bisogna notare che tra Settecento e Ottocento alcuni scrittori l'hanno usato anche con sostantivi plurali: "Quelli forse furono qualche versi di una nenia lugubre" (Muratori); "Li Francesi sono sparsi in grosso numero nel Parmigiano, facendo alle volte qualche scorrerie per quelle terre" (Alfieri); "Passi questa lettera alla nostra Teresa; e sottragga per ora qualche mezze giornate ai suoi propri affetti..." (Manzoni, Fermo e Lucia).
  • con gli allocutivi. Nascono problemi di accordo con gli allocutivi di cortesia, in particolare quando il lei sia riferito a un uomo. In questo caso è opportuno usare il femminile secondo la grammatica o il maschile secondo natura? L'uso generale, sia nello scritto che nel parlato, ormai prevede l'accordo al maschile con l'allocutivo lei e se ne possono trovare numerose documentazioni. Con ella è rimasto più radicato l'accordo grammaticale (quindi al femminile).

Casi problematici per l'accordo di genere e numero:

  • con si impersonale: quando ci sia una forma passiva del verbo costruita con il si detto appunto passivante ci possono essere motivi di dubbio. Per fare un esempio, la frase: "dal terrazzo si continuava/continuavano a sentire i treni passare" permette l'uso sia della forma singolare del verbo, nel qual caso la forma è impersonale e "i treni" fungono da complemento oggetto, sia la forma plurale del verbo che quindi sarà usata personalmente e "i treni" diventeranno soggetto. In casi del genere è comunque consigliabile scegliere formulazioni più snelle
  • con i participi passati: il dubbio sull'accordo del participio passato con l'elemento cui si riferisce sorge nei casi in cui il participio abbia la funzione di attributo, in quanto è regola nota che l'elemento grammaticale usato per qualificare un nome si deve accordare con esso in genere e numero. Quando però il participio passato serve a realizzare una forma composta di un verbo con l'ausiliare avere ("tra i molti libri che ho letto/letti, non saprei quale consigliarti"), la forma verbale può rendersi autonoma dall'accordo, assumendo la forma impersonale e invariabile del genere maschile. Naturalmente questo non esclude che gli scrittori, per motivi legati al genere letterario o al gusto stilistico, possano scegliere, anche in questi casi, di accordare il participio passato al nome. Storicamente, riprendendo la trattazione di Rohlfs, si noterà che, giacché i tempi composti con avere per indicare il passato muovono dalla forma tardo-latina DOMUM CONSTRUCTAM HABEO («ho una casa costruita» che passa a «ho costruito una casa»), «appar chiaro che in origine il participio s'accordava col relativo oggetto-accusativo». Tuttavia, «col passare dei secoli s'è avuta una sorta di fossilizzazione del participio» e «col perdersi della coscienza del significato originario, l'accordo del participio non fu più strettamente osservato». La casistica è ricca di esempi e conferma, come ha rilevato Serianni nella sua Grammatica italiana che "l'uso più tradizionale sembra essere o essere stato quello di accordare il participio col complemento oggetto, sia che questo seguisse il participio, sia che lo precedesse", ma "la tendenza attuale è quella di lasciare invariato il participio, quale che sia la posizione del complemento oggetto: tuttavia se l'oggetto è rappresentato da un pronome (es.: chi ti ha accompagnata?) i casi di accordo sono ancora abbastanza frequenti."

Casi problematici per l'accordo del numero:

  • Si tratta del tipico mancato accordo soggetto-predicato (concordanza a senso), tanto più in presenza di un collettivo, largamente accolto e per nulla percepito come irregolare, cosicché la sua piena accettabilità potrebbe essere sancita anche dalla norma e alcuni linguisti ne hanno proposto l'inserimento in una "lista di tolleranze" per evitarne la censura da parte di correttori troppo rigorosi.
  • Per il caso di mancato accordo tra verbo singolare e più soggetti singolari posposti al verbo riporto le considerazioni di Paolo D'Achille che ha dedicato al fenomeno un'analisi approfondita: "Il fenomeno è stato rilevato nel parlato, soprattutto nella varietà bassa settentrionale (Berretta 1993), ma ha precedenti in italiano antico (Durante 1981). La condizione che consente questo mancato accordo, come è stato notato negli studi citati, è che il soggetto sia "nuovo", non tematico e non espresso nel contesto precedente. Nello scritto la mancata concordanza, oltre al numero, può riguardare anche il genere, ed è piuttosto frequente, almeno nel caso di più soggetti coordinati, dove anzi tende quasi alla grammaticalizzazione. Riporto alcuni esempi colti (e corretti) durante la revisione di testi altrui, dell'Enciclopedia dell'arte medievale e del Dizionario biografico degli Italiani (D'Achille 2001):

(1) Ma è anche da notare il colore delle vesti e la fluidità del tratteggio (correzione: sono);
(2) Un secolo dopo fu ampliato il transetto e il coro (correzione: furono ampliati);

(3) Fu in questo periodo che conobbe G. Mazzini, cui lo legò subito una profonda amicizia e una comune visione degli ideali patriottici (correzione: legarono).


È interessante notare che spesso si è pervenuti a correzioni del genere in una fase piuttosto avanzata della lavorazione, dopo che il testo era stato letto e riletto da più persone, senza subire correzioni. Anche qui, come nel caso precedente, l'antichità del fenomeno, la diffusione anche nel parlato e l'assenza di controindicazioni sul piano della chiarezza dei rapporti sintattici ne potrebbero consentire la definitiva accettazione, almeno in testi che non siano "fortemente vincolanti".

Tra gli esempi riportati da D'Achille ce n'è un altro che riguarda l'accordo dell'aggettivo con una lista di sostantivi maschili e femminili ("un sistema cosmologico a più livelli, dove sono raffigurate le immagini dei mesi, i pianeti, i segni dello zodiaco", correzione: raffigurati): anche in questi casi può sorgere il dubbio sul genere dell'aggettivo. La regola prevede l'accordo al maschile, ma la vicinanza dell'aggettivo ad un sostantivo femminile può condizionare la scelta del genere dell'aggettivo, soprattutto quando, come nell'esempio riportato, l'aggettivo (o participio passato) preceda la lista dei sostantivi.

Da questa sintetica rassegna dei casi più controversi, sembra emergere una tendenza diffusa verso la cosiddetta "concordanza a senso" e in direzione di un allentamento della norma, fondata spesso sull'esempio degli usi letterari, che prevedeva un rigido accordo grammaticale, anche quando il genere e il numero logico non corrispondesse a questo.

Per approfondimenti:

  • M. Berretta, Morfologia, in Introduzione all'italiano contemporaneo. Le strutture, a cura di A.A. Sobrero, Roma-Bari, Laterza, 1993, pp. 193-245.
  • P. D'Achille, Sintassi del parlato e tradizione scritta della lingua italiana. Analisi di testi dalle origini al secolo XVIII, Roma, Bonacci, 1990.
    M. Durante, Dal latino all'italiano moderno, Bologna, Zanichelli, 1981.
  • G. Nencioni, Risposta ai quesiti, in La Crusca per voi, n° 22 (aprile 2001), p. 19.
  • G. Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, 1966-1969, § 725.
  • F. Sabatini, Una lingua ritrovata: l'italiano parlato, in «Studi latini e italiani», IV, 1990, pp. 215-234.
  • L. Serianni, Italiano, Milano, Garzanti, 2000, p. 180.

A cura di Raffaella Setti
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca

19 marzo 2004


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