Alcuni lettori ci chiedono delucidazioni circa il significato della parola propaganda e il suo rapporto con altre parole che potrebbero esserle sinonimiche.
La parola propaganda ha una storia relativamente recente: risale alla fine del XVIII secolo (il DELI ne rintraccia una prima attestazione del 1797 all’interno delle Assemblee della Repubblica Cisalpina) e deriva dal francese propagande, tratto dalla locuzione Congrégation de la Propagande (ossia ‘Congregazione della Propaganda’), traduzione di quella latina Congregatio de propaganda fide indicante la congregazione istituita nel 1622 da papa Gregorio XV che aveva il compito di diffondere, e quindi propagare, la fede cristiana. Nella locuzione il sostantivo latino propaganda, gerundivo del verbo propagāre ‘diffondere’, ha il significato letterale di ‘che deve essere diffusa’, riferito alla fede (l’Etimologico). In francese, a partire dalla fine del Settecento, la parola propagande aveva cominciato a riferirsi alla politica, come attesta il Trésor de la Langue Française informatisé: risale al 1790 una prima attestazione in cui propagande significa “association ayant pour but de propager certaines opinions (surtout politiques)” (ossia “associazione avente per scopo quello di propagare certe opinioni (soprattutto politiche)”) e al 1792 quella di “action organisée en vue de répandre une opinion ou une doctrine (surtout politique)” (“azione organizzata per diffondere un’opinione o una dottrina (soprattutto politica)”; traduz. mia).
Il termine si è arricchito nel tempo di molte accezioni, che ne hanno reso la semantica alquanto complessa. Riportiamo di seguito il primo significato della parola registrato dal GRADIT e dal GDLI confrontato con quello proposto dal Dizionario di Politica di Norberto Bobbio, Nicola Matteucci e Gianfranco Pasquino (Torino, Utet Libreria, 2004, p. 775):
GRADIT: Attività volta alla diffusione di concetti, teorie o posizioni ideologiche, politiche, religiose e sim., al fine di condizionare o influenzare il comportamento e la psicologia collettiva di un vasto pubblico: p. contro l’energia nucleare, una p. martellante, p. elettorale
GDLI: Attività volta alla diffusione e al sostegno delle idee politiche, di credenze o fedi religiose, di posizioni ideologiche, culturali, di tutto ciò che può costituire oggetto di persuasione per svariati destinatari, o, anche a fornire un’immagine positiva, lusinghiera, accattivante della realtà che ne è oggetto, o a indurre il maggior numero possibile di persona e seguire determinati comportamenti.
Dizionario di Politica: La p. può essere definita come la diffusione deliberata e sistematica di messaggi indirizzati ad un determinato uditorio e miranti a creare una immagine positiva o negativa di determinati fenomeni (persone, movimenti, avvenimenti, istituzioni, ecc.) e a stimolare determinati comportamenti. La p. è quindi uno sforzo consapevole e sistematico diretto ad influenzare le opinioni ed azioni di un certo pubblico o di un’intera società. È in questo senso di diffusione di idee, cioè senza connotazioni esplicitamente negative, che il termine viene originariamente utilizzato dalla Chiesa cattolica per indicare attività di proselitismo.
Da questa accezione deriva quella di ‘proposta e illustrazione del programma politico da parte di un candidato nelle elezioni’ e quindi concretamente ‘l’insieme dei vari mezzi (manifestazioni, riunioni, comizi, volantini e altri mezzi pubblicitari) usati per far conoscere un candidato o un partito politico e il rispettivo programma al fine di ottenere il maggior numero di voti’ (GDLI). Sempre alla stessa accezione vanno ricondotti i significati di ‘attività svolta da appositi organismi burocratici ai quali, in regimi totalitari, sono affidate la scelta a la diffusione dell’immagine del potere’ (es. Ministero della stampa e della propaganda; ufficio di propaganda) e ‘attività di informazione svolta da un apposito organismo di un esercito belligerante’ (GDLI). Rispondiamo subito a un lettore che ci chiede la differenza di significato tra propaganda e disinformazione: a proposito di quest’ultima accezione di propaganda (ossia ‘attività di informazione svolta da un apposito esercito belligerante’), il GDLI parla più specificamente di “attività di informazione, di contro-informazione e di disinformazione”. La parola disinformazione, usata nella definizione di propaganda nel vol. XIV del GDLI pubblicato la prima volta nel 1988, non è stata in precedenza lemmatizzata nel dizionario perché, come chiarisce Edoardo Lombardi Vallauri nella sua risposta, essa ha una storia relativamente recente: dall’inglese disinformation (probabilmente dal russo dezinformacija, a sua volta dal francese désinformation), attestato nei testi in lingua inglese soltanto a partire dal 1955 circa, trova in italiano le prime occorrenze nel 1983. Nel Supplemento del 2004 al GDLI viene registrata disinformazione con due definizioni: “mancanza di informazione; scarsa o errata informazione” e “insieme di informazioni errate o distorte diffuse intenzionalmente per influenzare l’opinione pubblica su un dato argomento”. Con questo secondo significato la parola è stata usata all’interno della definizione di propaganda. Ma tornando al confronto tra i significati delle due parole va fatta una precisazione: una cosa è la diffusione (cioè l’attività di propagazione) di informazioni errate o distorte (ossia la propaganda nel significato che abbiamo analizzato), un’altra cosa è l’insieme delle informazioni errate (ossia la disinformazione nel suo secondo significato del Supplemento) che possono essere o non essere oggetto dell’attività di propagazione. Si tratta dunque di due referenti differenti il cui scopo, cioè quello di imprimere nel destinatario una visione distorta o non vera della realtà, può coincidere: la disinformazione è l’insieme delle informazioni distorte o false, la propaganda può servirsi della disinformazione. In quest’ultimo senso, il termine propaganda ha assunto una connotazione negativa che il Dizionario di politica chiarisce:
In sostanza il termine ha assunto una connotazione largamente negativa: la p. è spesso collegata all’idea di manipolazione di grandi masse da parte di gruppi ristretti; certamente lo sfruttamento della propaganda effettuato in questo secolo da regimi totalitari ha notevolmente contribuito al diffondersi di questa connotazione.
Le due parole, disinformazione e propaganda non sono sovrapponibili sia per il motivo che abbiamo poc’anzi esplicitato sia perché la propaganda può anche propagare informazioni che non sono necessariamente poco veritiere, distorte o false. Questa considerazione emerge leggendo il seguente brano tratto da un articolo dalla “Repubblica” in cui l’autore vuole attribuire un valore negativo all’attività politica di Trump:
Secondo Wylie avrebbe acquisito illegalmente 50 milioni di profili Facebook di elettori, in buona parte americani, e ne avrebbe influenzato le scelte con messaggi di propaganda e disinformazione mirati. (Jaime D’Alessandro, Il trucco di una app e il tesoro di dati su 50 milioni di utenti, repubblica.it, 21/3/2018)
Con il significato che abbiamo appena analizzato, la parola propaganda è inserita nella locuzione propaganda elettorale, la cui connotazione è neutra e può assumere valore più o meno negativo a seconda del contesto e del modo con cui viene utilizzata. La propaganda elettorale, infatti, viene definita dal comma 2 dell’articolo 7 della Legge 12 luglio 2017 in questi termini:
La propaganda elettorale consiste unicamente nell’espressione di programmi e intendimenti e non è svolta in modo da ledere il prestigio della categoria o di altri candidati. (Legge 12 luglio 2017, n. 113, Disposizioni sulla elezione dei componenti dei consigli degli ordini circondariali forensi, “Gazzetta Ufficiale” del 20/7/2017)
Continuiamo a rispondere ai lettori parlando ora delle differenze semantiche tra le parole propaganda e pubblicità. Il secondo significato riportato dal GDLI per propaganda è ‘campagna pubblicitaria e promozionale di un prodotto, in particolare industriale’, le cui prime attestazioni letterarie citate dal dizionario risalgono all’inizio del Novecento:
Quando avrai qualche stampato circa il linoleum, mandamelo perché io possa fare una propaganda più efficace. (Antonio Fogazzaro, Lettere scelte, a cura di Tommaso Gallarati Scotti, Milano, Mondadori, 1940, p. 553)
Oggi sono libero, a propaganda prima esaurita, di spedire io per mio conto a chi voglio, a persone intelligenti e care, ad amici comprensivi e misericordiosi. (Carlo Emilio Gadda, Lettere a una gentile signora, a cura di Giuseppe Marcenaro, Milano, Adelphi, 1983, p. 202)
‘Divieto della propaganda pubblicitaria di qualsiasi preparazione o sostanza comprese nelle tabelle previste dall’articolo 12 è vietata’ (Legge 22 dicembre 1975, n. 685, 78)
L’ultima delle tre citazioni non è di ambito letterario ma normativo e associa la parola propaganda all’aggettivo pubblicitario derivato dal sostantivo pubblicità. La parola pubblicità, dal francese publicité, è entrata nel lessico italiano alla fine del XVII secolo con il significato di ‘l’essere pubblico, l’essere accessibile al pubblico’ (l’Etimologico) – ha infatti come base il sostantivo latino pūblĭcus ‘pubblico’ (“da avvicinare a pŏpulus ‘popolo’” come afferma il DELI) – e ha cominciato a diffondersi dalla prima metà dell’Ottocento con il significato comune di ‘divulgazione, diffusione tra il pubblico di dati, informazioni, fatti o sim.’, del tipo: dare pubblicità a una notizia o una notizia che non ha ricevuto alcuna pubblicità. Da questa accezione si è estesa poi quella, diffusasi maggiormente nella seconda metà dell’Ottocento, di ‘propaganda svolta da un’azienda per richiamare l’attenzione del pubblico sul proprio prodotto e incrementarne le vendite’ (GRADIT).
Partendo da quest’ultimo passaggio semantico (ossia da ‘diffusione di dati, informazioni e fatti’ a ‘propaganda per richiamare l’attenzione su un prodotto commerciale’), rispondiamo a un lettore che distingue la divulgazione delle idee (propria, a suo dire, solo della propaganda) da quella delle informazioni merceologiche (propria, sempre a suo dire, solo della pubblicità): non possiamo adoperare questa distinzione categorica tra le due parole, che potevano (ieri più che oggi) essere usate in maniera sinonimica per quanto riguarda la divulgazione di informazioni su prodotti con fini commerciali. A confermare che il termine propaganda veniva comunemente usato in ambito commerciale vi è il fatto che la parola è entrata, con funzione appositiva, in numerose espressioni del gergo commerciale come offerta propaganda, pacco propaganda e simili “per indicare la particolare convenienza e popolarità di offerte commerciali” (GDLI): con questa particolare accezione, propaganda è sinonimo di pubblicità di cui sono anche sinonimi, l’anglismo semantico promozione (ingl. promotion) e il francesismo réclame. Bisogna comunque specificare che, conducendo una ricerca nell’archivio della “Repubblica”, oggi il termine propaganda viene quasi esclusivamente utilizzato in ambito politico e quasi mai in quello commerciale per cui ci risulta addirittura difficile reperire un esempio contemporaneo. Anche il sintagma propaganda pubblicitaria, in cui pubblicitario, derivante da pubblicità, viene usato prevalentemente in ambito commerciale, ha finito per assumere un valore più politico (o ideologico):
«Arriverà l’ostensione della Sindone, vedrete che guadagni... Poi ci saranno i festeggiamenti dei 150 anni dell’unità d’Italia: sarà come un’altra Olimpiade...». E il tutto condito e presentato con i toni della propaganda pubblicitaria, con più di un privilegio di casta o familistico, con la dissennatezza di chi crede che tutti possano vivere nel proprio mondo dei sogni e, soprattutto, con la colpevole responsabilità di aver alimentato mentalità e pretese. (Ettore Boffano, I bimbi sfrattati e la città in crisi, repubblica.it, 28/8/2011)
Contro il festival, l’assessore regionale alla Sicurezza Riccardo De Corato aveva subito presentato un esposto in Procura, per chiedere ai magistrati di «valutare, e nel caso perseguire, la propaganda pubblicitaria» dell’evento. Del resto, aveva aggiunto il politico, «lo slogan “Io non sono una droga” è un evidente messaggio di istigazione all’utilizzo e al consumo della marjuana», mentre «surrettiziamente passa il messaggio ingannevole che la droga non sia dannosa e possa tranquillamente essere consumata». (Andrea Galli, Festa della canapa. La polizia sequestra un chilo di droga, “Corriere della Sera”, 7/5/2019, p. 5)
Ora cerchiamo di rispondere a un nostro lettore che ci chiede le differenze di significato tra propaganda e le parole istigazione e apologia. Anzitutto, il terzo significato proposto dal GDLI per propaganda è ‘incitamento’, di cui di seguito le citazioni letterarie appartenenti rispettivamente a Trucioli di Camillo Sbarbaro (la cui prima edizione risale al 1920) e Le furie di Guido Piovene (la cui prima edizione è del 1975):
È che i piccini rifiutano la pietà. Con questa propaganda di gioia che menano intorno, sono essi che regalano i passanti. (Camillo Sbarbaro, Trucioli, Milano, Mondadori, 1963, p. 249)
Si affacciava per vedermi subito con il suo berrettino di panno floscio in testa. Quasi mai a mani vuote, perché gli sarebbe parsa una propaganda dell’ozio. (Guido Piovene, Le furie, Milano, Bompiani, 2019, p. 35)
Con questo significato possiamo paragonare in parte la parola propaganda a istigazione, sebbene quest’ultima parola abbia una connotazione prettamente negativa mentre incitamento no. Il GDLI fornisce una complessa descrizione del primo significato di istigazione:
L’istigare, opera di persuasione, di convincimento; esortazione, consiglio, influsso esercitato in modo insistente e pressante o subdolo e insidioso perché venga compiuta un’azione, presa una decisione o un’iniziativa per lo più considerata dannosa o riprovevole, illecita, delittuosa. - In partic. nella morale cattolica, sollecitazione al peccato esercitata sull’uomo dal diavolo; tentazione.; [...] - ispirazione; [...] - in senso concreto: ciò che ha azione o funzione stimolatrice; incentivo, stimolo.
Come si nota dalle definizioni (e ancora più leggendo le varie citazioni che per brevità non riporteremo), la parola istigazione ha una connotazione negativa tant’è che il secondo significato, proposto da tutti i dizionari contemporanei e nato per estensione, appartiene al diritto penale e riguarda il reato di istigazione cioè ‘consistente nell’istigare qualcuno a commettere una specifica azione criminosa o un determinato atto giuridicamente illecito’ (GRADIT). A questo proposito troviamo la parola propaganda associata a istigazione e incitamento all’interno del Decreto-legislativo del 1° marzo 2018 n. 21, in cui si legge (evidenziamo in grassetto anche i verbi propagandare e istigare):
Art. 604-bis. (Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa). Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito: a) con la reclusione fino a un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; [...]
b) Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda ovvero l’istigazione e l’incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6,7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale. (Decreto legislativo 1 marzo 2018, n. 21, Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell’articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103, “Gazzetta Ufficiale” n. 68 del 22/3/2018)
In questo contesto il termine propaganda assume una connotazione negativa; tuttavia, a differenza della parola istigazione, che ha valore negativo a prescindere dal contesto in cui viene inserita, propaganda non ha questa valenza intrinseca e può assumere, dipendentemente dal contesto e dall’accezione con cui la si usa, connotazione positiva o negativa. Sicuramente le due parole condividono il significato di ‘opera di persuasione, di convincimento’, ma nel caso di istigazione la finalità è far compiere un’azione o far prendere una decisione dannosa o riprovevole (GRADIT), mentre nel caso di propaganda lo scopo può essere anche a beneficio di qualcuno.
Veniamo ora al confronto con la parola apologia (dal greco apología mediato dal latino tardo apologia(m)) che viene registrata dal GRADIT con il significato, proprio del lessico specialistico storico usato nell’antica Atene, di ‘discorso di autodifesa pronunciato dal condannato’ (del tipo l’apologia di Socrate); da questo deriva per estensione il significato più comune di ‘discorso o scritto a difesa o a esaltazione di qualcuno o qualcosa’. Come nel caso di disinformazione, l’attività di propaganda può servirsi dell’apologia all’interno di un’operazione propagandistica può essere inserita un’apologia, cioè un discorso atto a esaltare o difendere qualcuno. I due termini non sono sinonimici ma possono condividere la finalità di propagare presso il pubblico un’immagine positiva di qualcuno o qualcosa. L’apologia tende a “esaltare” questa immagine mentre all’interno della propaganda non è detto che l’esaltazione sia necessaria. Dopo aver fatto questa distinzione preliminare, dobbiamo dire che comprendiamo la legittima richiesta del nostro lettore, che potrebbe essere scaturita dopo la lettura del quarto articolo della legge n. 645 del 20 giugno 1952, la cui materia riguarda la riorganizzazione del disciolto partito fascista:
Art. 4 Apologia del fascismo. Chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità ideate nell’art. 1 è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire duecentomila a lire cinquecentomila. (Legge 20 giugno 1952, n. 645, Norme di attuazione della XII disposizione transitoria finale (comma primo) della Costituzione, “Gazzetta Ufficiale” n. 143 del 23/6/1952)
La richiesta è dunque lecita perché nell’articolo riguardante l’apologia del fascismo si parla di propaganda. In effetti nel linguaggio legislativo esiste la locuzione apologia di reato ‘esaltazione o difesa pubblica di fatti o comportamenti contrari alle leggi, prevista e punita dal codice penale’ (Devoto-Oli online, consultato il 15/12/2022). Nell’articolo appena citato ci si riferisce all’esaltazione del fascismo che, come chiarisce l’articolo stesso, può attuarsi attraverso la propaganda
In definitiva, il termine propaganda ha un significato molto complesso e continuamente sottoposto a modificazioni giornalistiche e politiche, dipendenti dal contesto e dal modo con cui lo si vuole utilizzare. Possiamo senz’altro dire che l’accezione maggiormente diffusa oggi è quella in ambito politico, che non necessariamente ha una connotazione negativa e che non può essere sostituita in maniera sinonimica né da disinformazione, né da istigazione, né da apologia: la propaganda, cioè l’attività di propagazione di informazioni con determinate finalità persuasorie, può servirsi della disinformazione o dell’apologia o può avere come finalità l’istigazione. In ambito commerciale il termine propaganda risulta meno vitale; in questo caso raramente lo si può incontrare al posto di pubblicità, réclame o promozione.
Miriam Di Carlo
5 luglio 2023
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