Il testo che segue è pubblicato anche sulla nostra rivista La Crusca per voi n. 40 (aprile 2010).
Quanti ne sono?!
«Paolo Tieri ed Elisabetta Balia, entrambi da Bologna, chiedono spiegazione del costrutto, che hanno colto nell'uso di parlanti di origine abruzzese, "quanti ne sono?", in cui il ne pronominale gli risulta fuori luogo.
Non solo nell'italiano regionale abruzzese, ma anche in altre regioni, si coglie quest'uso, nel quale il ne è chiaramente pleonastico, e dunque erroneo, perché il costrutto è privo di riferimento partitivo. Se, ad esempio, vedo qualcuno che sta contando una pila di piatti su un tavolo, gli potrò chiedere quanti sono? (sottintendendo "questi piatti"), usando il verbo essere per il suo valore di copula, accompagnato dall'aggettivo quanti, che serve a indicare il loro numero. Si tratta, in fondo, della stessa costruzione che abbiamo in sono puliti?
Il caso sarebbe diverso se, invece, facessi riferimento a una certa quantità di piatti che ho davanti a me e dovessi prenderne un determinato numero, o anche tutti: allora dovrei introdurre il ne e usare un verbo non copulativo, dicendo, ad esempio, quanti ne prendo? o quanti ne servono? (sottintendendo "di questi piatti"). Il valore partitivo si ha anche nell'espressione del tipo quanti ce ne sono?, che fa riferimento a una quantità indeterminata come punto di partenza: qui appare di nuovo il verbo essere, ma non più come copula, perché, accompagnato dalla particella locativa ce, essere ha valore 'esistenziale' (o 'presentativo' o 'attualizzante'). (Con l'occasione ricordiamo che le particelle pronominali ci, mi, ti, gli, vi, si diventano ce, me, te, glie, ve, se quando sono seguite dalla particella atona ne o dai pronomi dimostrativi lo, la, li, le; glie si lega sempre graficamente all'altra particella)».
Francesco Sabatini
7 agosto 2010
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