Alcuni utenti, fra cui Nichiudo Schneider da Rho, Massimiliano Desantis da Manduria, Alessandro Saottini da Brescia, ci chiedono se il plurale di rène sia i reni o le reni.
Rène ha due plurali?
Nell'italiano standard attuale i due plurali i rèni e le réni (con e chiusa), stando alla pronuncia registrata nel DOP) rimandano a due lemmi distinti: il primo è del sostantivo maschile rène, che indica l'organo interno, dal latino rene(m) l'altro è un sostantivo femminile usato solo al plurale che indica la 'regione lombare' o anche la 'schiena', dal latino plurale renes (GRADIT). Bruno Migliorini, in Lingua d'oggi e di ieri, Roma, S. Sciascia 1973, scrive: "Il termine latineggiante il rène si è imposto nella lingua dei medici, e attraverso di essa nella lingua comune, respingendo nell'uso veterinario o culinario il termine di arnioni e rognoni, e invece lasciando sopravvivere in altro senso il termine ereditario le reni" (p. 203). Il sostantivo maschile rene quindi avrebbe fatto tardivamente ingresso nella nostra lingua (alla fine del XVII sec.), quando lo sviluppo della scienza medica ha creato la necessità di una denominazione specifica per l'organo in riferimento all'uomo, distinguendolo dalla parte commestibile dell'animale macellato.
In effetti la prima edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca (1612) registra soltanto a lemma il plurale femminile reni, che alternava con la forma analogica le rene attestato per ben sei volte nelle descrizioni di altri lemmi, come "La deretana parte del corpo, dalla spalla alla cintura". L'organo interno è invece arnione che è definito "parte carnosa, dura, e massiccia, fatta per espurgar le vene dalla sierosità, ed ha il suo seggio nelle rene". Solo nella terza Crusca (1691) compare il lemma maschile singolare rene "Lo stesso, che Arnione", con un esempio tratto da Francesco Redi (Osservazioni intorno agli animali viventi 26, a. 1684); e per il plurale Redi è ancora la sola fonte per il maschile, mentre tutti gli altri esempi riportati sono femminili. Rimane in questa edizione il lemma plurale le reni e naturalmente arnione, sotto il quale si trova la definizione relativa all'organo. Nella quarta edizione (1729-1738) la situazione viene riesaminata e scompare il lemma reni, inglobato sotto rene con la glossa "Nel numero del più si trova usato tanto nel genere maschile, quanto nel femminile"; in un successivo paragrafo si aggiunge: "Pur nel numero del più, ma solamente nel genere femminile, vale anche La deretana parte del corpo, dalla spalla alla cintura"; resta invariato il rapporto con arnione sotto il quale rimane ancora la definizione. Sostanzialmente identica la quinta edizione.
La reintroduzione come lemma distinto di reni femminile plurale per indicare la parte posteriore del corpo si trova nel Vocabolario italiano della lingua parlata compilato da Giuseppe Rigutini e Pietro Fanfani, Firenze, Tip. Cenniniana, 1875. A questo punto quindi la lingua italiana dispone di un lemma maschile, rene, plurale reni, per indicare l'organo interno di uomo e animale e di un lemma femminile plurale per indicare una parte esterna del corpo. Per ciò che riguarda invece la voce arnione, nello stesso Vocabolario italiano della lingua parlata, come anche nel coevo Dizionario della lingua italiana di Nicolò Tommaseo e Bernardo Bellini (Torino, Unione tipografico editrice, 1861-1879), è ormai passato ad indicare esclusivamente il rene dell'animale macellato, soprattutto bovino, e sembra destinato a regredire, per lasciare il campo a rognone. Quest'ultimo termine, già presente anche nel Supplimento a' vocabolarj italiani di Giovanni Gherardini (1852-1857), secondo il Rigutini - Fanfani sarebbe la "forma corrotta" di arnione "filtrata anche a Firenze", tanto che "di arnioni, tolti dall'animale macellato e cucinati, ormai non si dice che rognoni"; in realtà arnione e rognone, sono continuatori diretti del latino tardo *renionem da rene(m), il primo di area romagnola il secondo attraverso il probabile tramite provenzale o francese (DEI); in ogni caso il successo di rognone è ormai definitivo visto che, secondo il GRADIT, arnione sopravvive come italiano regionale nell'area di origine, mentre rognone è il termine dell'italiano comune odierno.
In sostanza si è avuta, rispetto alla situazione della lingua fino al Seicento, una ristrutturazione semantica che ha portato da un unico lemma per indicare il rene ad una coppia i cui membri coprono l'uno l'area specifica del riferimento all'anatomia specialmente umana, l'altro quella della terminologia relativa alla macellazione e alla gastronomia. Nel corso di questo processo il preesistente reni, femminile plurale, è stato temporaneamente e parzialmente integrato quale plurale di rene, pur continuando a mantenere il suo valore originario con il quale è stato poi definitivamente riconosciuto come lemma indipendente. Questa situazione può essere erroneamente interpretata dai parlanti, come una sovrabbondanza di plurali per un unico singolare, quasi si trattasse di un caso analogo ai plurali doppi del tipo il braccio/i bracci-le braccia.
Resta da chiedersi quale sia il motivo della persistenza, a ristrutturazione semantica avvenuta, del lemma "asimmetrico" (le) reni, che ha sinonimi più o meno perfetti (schiena, fianchi, lombi) in lingua, visto che anche in Toscana, dove è anche voce tradizionale, è ormai in disuso: non è da escludersi che l'uso e la conseguente registrazione in opere recentissime e aliene dall'indulgenza verso i toscanismi, come il Sabatini Coletti 2008, sia da attribuirsi al noto "spezzeremo le reni alla Grecia" pronunciato da Benito Mussolini nel suo discorso alla radio del 18 novembre 1940. L'affermazione minacciosa è divenuta uno slogan più o meno ironico, usato specialmente in articoli di argomento calcistico: in Internet si incita a "spezzare le reni" (ma significativamente appare qua e là anche spezzeremo i reni) alle varie squadre di calcio, ma anche (più in sintonia con il modello originale) a gruppi politici e etnie di immigrati, fino all'umoristico, ma non troppo, spezzeremo le reni al cous cous.
A cura di Matilde Paoli
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
20 febbraio 2009
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