Alcuni ci hanno chiesto delucidazioni sul modo di dire "se non vado errato". Riportiamo una risposta di Giovanni Nencioni, pubblicata sulla Crusca per voi (n° 7, ottobre 1993), dedicata proprio ad alcuni modi di dire che si usano frequentemente.
Se non vado errato...
«Ci sono modi di dire come "tenere uno sulla corda", "rispondere a volta di corriere", "aver voce in capitolo", "essere male in arnese", "essere un luogo comune", "fare il punto" ecc. che, sebbene molto appropriatamente usati, non si spiegano senza risalire a costumi, oggetti o concetti di altri tempi; e ce ne sono altri che tramandano usi antiquati della lingua, come la locuzione "vista la mala parata", dove parata conserva eccezionalmente il significato di 'situazione', quindi "vista la situazione spiacevole, la piega negativa presa dagli avvenimenti", oppure [...] "se non vado errato", che risale al costrutto antico errare da 'allontanarsi da', usato spesso in senso morale: "errare dalla fede, dal vero" (per es. in Leopardi: "O forse erra dal vero, Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero"), e anche andare errato da o nel ("andare errato dalla religione, nel giudizio"). Perciò usare locuzioni linguisticamente più o meno fossilizzate come "vista la mala parata", "se non vado errato", "stare all'erta", cioè in guardia, non è scorretto, ma conferisce al discorso comune un tocco di ricercatezza o di gergalità, insomma un "vezzo", che può essere fatto di pura ripetizione mnemonica, cioè d'inerzia linguistica, ma anche di modulazione scherzosa o ironica.
Chi ha dubbi come questo può risolverli anche da sé consultando i grandi dizionari di cui disponiamo (il Tommaseo-Bellini e il "Battaglia", ricchi di esempi di autore) e anche quelli di taglia minore, detti scolastici o familiari, che sono spesso informati dell'uso sia antico che moderno.»
14 luglio 2003
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