Alcuni utenti vorrebbero delucidazioni in merito all’espressione adire le vie legali. In particolare, chiedono se sia corretto dire adire alle vie legali (Leandro Dipietro di Messina) e adire per le vie legali (Elisa Freddi di Guastalla). Alcuni dubbi riguardano invece il verbo: aderire o adire le vie legali (Rita Spagnuolo di Reggio Emilia)?
Se proprio si vogliono adire le vie legali…
Il verbo adire, ‘ricorrere a’ (adire il giudice per ‘ricorrere al giudice’), è oggi usato principalmente nell’espressione adire le vie legali con il valore di ‘ricorrere alle vie legali, intentare un procedimento giudiziario’.
La sua prima attestazione letteraria, secondo il GDLI, risale al romanzo A Milano non fa freddo di Giuseppe Marotta (1949): “Gli ho scritto dicendo: se non mi indennizzerete adirò le vie legali”. Com’era prevedibile, da una ricerca in rete attraverso Google Libri, la prima attestazione non letteraria può essere anticipata alla metà del XIX secolo, in un testo amministrativo. Si tratta di un decreto sulle discipline generali per gli appalti pubblicato nel “Bullettino officiale della Repubblica e Cantone del Ticino” (vol. XXVI, 1850): “Qualora le parti non si intendano fra loro, e la controversia debba adire le vie legali, le somme contestate rimarranno in deposito presso l’Ispettorato fino a questione decisa”. Nei testi ottocenteschi adire le vie legali convive con altre formule simili come adire le vie giudiziali, adire le vie giuridiche, adire le vie della giustizia, adire le vie de’ tribunali, adire le vie di rigore, adire la via contenziosa.
Per quel che riguarda la reggenza, da una prima verifica condotta sui principali vocabolari dell’italiano contemporaneo si riscontra soltanto l’indicazione relativa all’uso transitivo del verbo; anche i moderni prontuari (Salvalingua, 1998; Viva la grammatica, 2011; Come dire. Galateo della comunicazione 2011; Ciliegie o ciliegie, 2012) prescrivono come unica forma corretta adire le vie legali. Il vocabolario storico GDLI riporta invece adire con costruzione sia transitiva che intransitiva, anche se quest’ultima è segnalata ormai in disuso. Come testimonianza dell’uso intransitivo ottocentesco, il GDLI cita il Vocabolario di parole e modi errati che sono comunemente in uso, specialmente negli Uffizi di publica amministrazione di Filippo Ugolini (1848): «Ho notato pur anche trovarsi spesso usato dai publici Uffiziali questo verbo adire nel senso di ‘offrire ad un appalto’: p. e. “Chi vuole adire a questo lavoro, dovrà ecc.”. È costrutto da non adoperarsi». Un costrutto da non adoperarsi dunque, anche se Ugolini non lo condanna per l’uso intransitivo del verbo, ma per la scelta di un termine troppo burocratico, e quindi poco chiaro per i cittadini, come il verbo adire, e suggerisce di sostituirlo con sinonimi più semplici. L’uso intransitivo del verbo è ancora pienamente attestato nell’Ottocento e lo si riscontra anche in formule come adire alle vie giudiziali.
Una possibile ragione della doppia costruzione transitiva/intransitiva va ricercata nell’etimologia del verbo adire che deriva dal latino ADĪRE, composto da ĂD ‘verso’ e ĪRE ‘andare’. In latino il verbo significa ‘avvicinarsi, raggiungere’ e con valore traslato ‘accedere a, rivolgersi a’, e regge l’accusativo semplice o l’accusativo preceduto dalle preposizioni AD e IN. Ancora alla fine del XVIII secolo, le due costruzioni convivono nei testi in latino ed è probabile che nel passaggio dai testi giuridici latini a quelli italiani si sia conservato insieme al verbo adire anche la sua costruzione con la preposizione a.
Da dove nascono dunque le incertezze e i dubbi dei nostri lettori?
Una spiegazione potrebbe riguardare il significato del verbo adire: quando infatti se ne riconosce il valore di ‘ricorrere a’ – o perché si tratta di un termine noto o soltanto perché se ne è intuito il senso attraverso il contesto – facilmente si è portati a estendere la reggenza preposizionale propria del verbo ricorrere anche al verbo adire che finisce così per essere costruito con la preposizione a.
Un’altra osservazione può essere fatta a partire dalle domande dei nostri utenti: la sovrapposizione, ad esempio, tra adire e aderire denuncia la comprensibile difficoltà nel capire pienamente, e quindi saper usare in modo adeguato, un latinismo giuridico ormai sopravvissuto soltanto in rare formule cristallizzate della pratica del diritto come appunto adire l’eredità (‘entrare in possesso secondo le modalità di legge di un’eredità’), adire il giudice o adire le vie legali. I due verbi si “confondono” non solo foneticamente, ma anche per la loro vicinanza semantica: adire le vie legali significa in qualche modo ‘seguire’, ‘mettersi dalla parte’ delle vie legali e cioè in fondo ‘aderirvi’. Allo stesso modo si può spiegare anche la seconda espressione proposta da Elisa Freddi: nella costruzione errata adire per le vie legali è possibile ipotizzare una sovrapposizione, fonetica e semantica, con il verbo agire, noto tra l’altro in ambito giuridico nell’espressione agire per vie legali.
Le incertezze sull’espressione sono documentate in rete, dove è ben testimoniata la presenza non esclusiva dell’espressione adire le vie legali (238.000 occorrenze):
- adire alle vie legali e adire a vie legali sono presenti circa 80.000 volte e 70 volte negli archivi di “Repubblica” (47) e “Corriere” (23);
- adire per le vie legali e adire per vie legali hanno 17.200 occorrenze e 3 nell’archivio di “Repubblica” (nessuna invece nel “Corriere”);
- aderire le vie legali e aderire alle vie legali sono presenti con quasi 6.000 occorrenze e 2 volte perfino nell’archivio di “Repubblica”.
Tiriamo dunque le fila: adire è un verbo transitivo e l’unica espressione attualmente corretta tra quelle proposte è adire le vie legali. Ma allora, viste le difficoltà nell’uso di questo verbo, testimoniate in articoli di giornale e anche in documenti amministrativi comunali, torniamo a chiederci – con Ugolini – se forse non sarebbe meglio trovare un modo più chiaro e semplice per esprimere lo stesso concetto, come ricorrere alle vie legali,seguire le vie legali o tuttalpiù iniziare un procedimento giudiziario.
A cura di Angela Frati e Stefania Iannizzotto
Redazione Consulenza linguistica
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