Se t’ha detto pedalino vuol dire che sei stato sfortunato

È giunta la domanda di una lettrice sull’origine dell’espressione romanesca dire pedalino ‘essere sfortunato’; ci viene anche richiesto di aggiungere qualche indicazione bibliografica sui dialetti laziali.

Risposta

Il sostantivo pedalino, diminutivo di pedale (dal lat. pedāle(m) ‘relativo al piede’, der. di pes, pedis ‘piede’; cfr. GRADIT, che, nell’accezione ‘calzino, pedalino’, marcata “RE centr.” [ossia regionale, in partic. dell’Italia centrale], rimanda al lat. mediev. pedale), è anch’esso un regionalismo, spec. di area centro-meridionale, che indica un calzino da uomo o da bambino (cfr. DISC, Devoto-Oli 2024, DELI, GDLI, GRADIT, Zingarelli 2024) e che ha, secondo il GRADIT, la sua prima attestazione agli inizi del Novecento (av. 1910). È tuttavia possibile retrodatare il vocabolo con alcune occorrenze del secolo precedente, la prima delle quali romana:

pedalino ‘calcetto’ (‘calzamento di lana o di lino a foggia di scarpa’). (Tommaso Azzocchi, Vocabolario domestico, 1839; cit. in Luca Serianni, Norma dei puristi e lingua d’uso nell’Ottocento nella testimonianza del lessicografo romano Tommaso Azzocchi, Firenze, Accademia della Crusca, 1981, p. 200)

Calze: vale calzoni. Le calze nostre le chiamano calzette, o pedalini se son da uomo. (Caterina Pigorini-Beri, Le cantafavole nell’Appennino marchigiano, “Nuova Antologia di Scienze, Lettere ed Arti”, XXII, 1880, pp. 36-54: p. 36 nota 3)

Alcuni esempi anteriori, tutti di area napoletana, mostrano che in origine con questo vocabolo si indicava la parte della calza che copre le dita e la pianta del piede:

PEDALE, uom di vil estrazione, plebeo, facchino, e quel pedalino che usiam attaccare alle calzette, quando il primo siesi consumato. (Ferdinando Galiani, Vocabolario delle parole del dialetto napoletano, che più si scostano dal dialetto toscano, Napoli, Giuseppe-Maria Porcelli, 1789, vol. II, p. 21; pubblicazione postuma avvenuta due anni dopo la morte dell’autore)

[Il pedule] è quella parte della calza, che noi diciamo pedalino. (Basilio Puoti, Regole elementari della lingua italiana, Napoli, Stamperia e Cartiera del Fibreno, 1834, p. 32)

*SOLETTA DELLA CALZA. Specie di pedule fatto separatamente co’ ferri, che copre le dita e la pianta del piede, e che viene cucito alle staffe della calza. (Pedalino). (Francesco Taranto, Carlo Guacci, Vocabolario domestico italiano, 2a ed., Napoli, Stamperia del Vaglio, 1851, p. 90)

CALZETTA. Sf. Specie di vestimento della gamba. Calza. – Quello che si chiama Pedalino, in italiano va detto Pedulo. (Domenico Ruggiero Greco, Nuovo vocabolario domestico-italiano, mnemosino o rimemorativo per avere in pronto e ricercare i termini dimenticati o ignorati, Napoli, Rondinella, vol. II, 1856, p. 110)

Questo valore semantico è, confermato dal Vocabolario del dialetto napolitano di Emmanuele Rocco (a cura di Antonio Vinciguerra, Firenze, Accademia della Crusca, 2018, vol. III, p. 631).

Lo sviluppo del significato attualmente in uso, ottenuto per sineddoche, è testimoniano a Roma, oltre che dal citato Azzocchi, anche, tra la fine del XIX secolo e l’inizio di quello successivo, da Cletto Fasano (Viaggio a Roma. Sprachführer für Deutsche in Italien, Berlin, Herbig, 1891, p. 7), Giovan Battista Ballesio (Fraseologia italiana, Firenze, Bemporad, vol. II, 1903, p. 192, che marca il termine come “roman.”) e, soprattutto, da Giggi Zanazzo (Usi, costumi e pregiudizi del popolo di Roma, Torino, Società Tipografico-Editrice Nazionale, 1908, p. 101):

Se pija ’na carzetta o un pedalino, che l’abbi portato la persona che je se vô ffa’ la fattura, e sse mette in d’una cunculina piena d’acqua e sse lassa infracicà.

La lessicografia romanesca registra la parola sin dal dizionario di Filippo Chiappini, edito postumo da Bruno Migliorini (Filippo Chiappini, Vocabolario romanesco, a cura di Bruno Migliorini con aggiunte e postille di Ulderico Rolandi, 3a ed., Roma, Chiappini, 1967, p. 217; 1a ed., 1933; 2a ed., 1945). È opportuno segnalare che, nella prefazione, lo stesso Migliorini (pp. XXII-XXIII) scrive:

Ma Roma non ha solo il vernacolo plebeo e questo parlare pseudo-civile (che è poi un’altra prova del sempre ripetuto sforzo della plebe di lasciare il suo tristiloquio): essa ha anche un suo tipo di parlare civile, un po’ scosso dalle ondate immigratorie delle ultime generazioni, ma ancora vivo nel cosiddetto generone, cioè nell’alta borghesia e nella piccola nobiltà cittadina: quelli che, p. es., non dicono finestra, nipote, ricamare, salsiccia, tamburo, ma fenestra, nepote, recamare, salciccia, tamburro, e poi pedalino e non calzino, pedicello e non foruncolo, ecc. ecc.

Il vocabolo esaminato è, dunque, una di quelle parole del “generone”, non propriamente dialettale, ma comunque diffusa, in quegli anni, anche nell’uso delle classi più agiate. Va, inoltre, osservato che pedalino aggettivo, “con bisenso volgare e grossolano si dice del cacio che abbia troppo fermentato ed emani acuto odor”, figura nelle aggiunte di Rolandi al suddetto Vocabolario (F. Chiappini, Vocabolario romanesco, cit., p. 430). Tutti i principali dizionari dialettali posteriori lo registrano: Pietro Belloni e Hans Nilsson-Ehle (Voci romanesche. Aggiunte e commenti al Vocabolario Romanesco Chiappini-Rolandi, Lund, Gleerup, 1957, p. 110, s.v. pedàle), Fernando Ravaro (Dizionario romanesco, Roma, Newton Compton, 1994, p. 469, che riporta due esempi letterari, uno tratto dalle poesie del già citato Chiappini e l’altro da Trilussa), Giuliano Malizia (Proverbi, modi di dire e dizionario romanesco, Roma, Newton Compton, 20045, p. 233; 1a ed. 1994) e, da ultimo, Paolo D’Achille e Claudio Giovanardi (Vocabolario del romanesco contemporaneo, con la collaborazione di Kevin De Vecchis, Roma, Newton Compton, 2023, p. 337; d’ora in avanti VRC).

Pedalino è particolarmente produttivo nella fraseologia: oltre che nel modo di dire qui considerato, lo troviamo nelle espressioni romanesche arivortà come un pedalino ‘minacciare una persona di conciarla male, di rovesciarla (ovviamente in senso figurato) dall’interno all’esterno come si fa, normalmente e senza alcuna fatica, con un calzino’ e sentisse pedalino ‘sentirsi demoralizzato, privo di forze ed energie, sfinito, tanto vicino a terra quanto lo è un calzino’, entrambe riportate dal repertorio di Ravaro e la prima anche dal VRC, s.v. arivortà(re), sia nell’accezione sopra ricordata, sia nel significato recente di ‘sottoporre a indagini cliniche molto accurate’) e in quella, genericamente marcata come “fam., scherz.” (‘familiare, scherzosa’) dal Vocabolario Treccani online – che cita anche rivoltare qualcuno come un pedalino –, ridurre come un pedalino ‘conciarlo male, spec. in senso fisico’ (tutte e due menzionate sono pure dal DISC).

I significati metaforici di pedalino sono, dunque, inseriti in contesti fraseologici dalle sfumature negative, che richiamano situazioni non particolarmente piacevoli. Lo stesso si nota nell’espressione dì(re) pedalino, che, per quanto concerne la lessicografia italiana e dialettale presa in considerazione, è presente solo nel VRC (p. 337, s.v. pedalìno). Quest’unica attestazione lessicografica nel romanesco contemporaneo trova conferma anche nella documentazione rintracciata: è a partire dallo sketch, citato dalla lettrice che ha richiesto la consulenza, di Gigi Proietti del 2000 sul dialetto della Capitale (in rete su Youtube.com; e poi in G. Proietti, Ndo cojo cojo, Milano, Rizzoli, 2021: «Il romano ha regalato alla lingua italiana espressioni, parole, significati per i quali dovrebbero ringraziarci. Per capirci, se invece di dire: “Sono stato particolarmente sfortunato in quella circostanza”, uno dice: “M’ha detto pedalino”. Oppure: “M’ha detto zella”, se fa’ [sic] prima») che il modo di dire ha avuto una certa diffusione, almeno nelle produzioni dialettali. Lo ritroviamo, infatti, in scritture mistilingui italiano-romanesco, in diversi siti web e nei social (che spesso citano proprio Proietti):

Mi sa che cià ’na vita triste, porella, ma io nun la potevo migliorà in niente – ueikàp befana, t’ha detto pedalino: io nun so’ ’n oggetto. (Walter Siti, Bruciare tutto, Milano, Rizzoli, 2017, [s.i.p.])

A Roma c’è un modo di dire, “t’ha detto pedalino”, per dire “t’ha detto male, ti è andata male, sei stato sfortunato”. L’etimologia viene persa nella nebbia dei tempi, come l’ultima vittoria della Lazio in un derby di campionato. Perché la verità è che il 26 maggio è lì, nelle giornate che hanno fatto la storia, ma la storia della Serie A dice che ci troviamo nella peggior serie temporale degli ultimi 13 anni nella stracittadina. E potrebbe diventare la peggiore nel giro di un paio di partite. (TEMPI BELLI – V’ha detto pedalino, laziochannel.it, 5/12/2016)

Se sei già nato e t’ha detto pedalino, magari sei abbastanza giovane da fatte adottà da na famiglia ricca. Sbarazzate de sti morti de fame che t’hanno procreato, passerai magari mezza infanzia in orfanotrofio ma co’ la speranza della botta de culo dei ricchi in cerca de prole. (Post di X della pagina Stacce2021 del 15/5/2023)

Quanto all’etimologia, si trovano in rete alcune ipotesi che, però, non è stato possibile confermare con una documentazione. In una puntata della rubrica Il minuto del Salustro della radio Dimensione Suono Roma, il “Salustro”, oltre a ricordare la variante t’ha detto pedalina (con cambio di genere grammaticale dovuto, probabilmente, all’influenza di calza), spiega che anticamente un pedalino consumato, messo a cuocere all’interno dell’acqua bollente affinché si lacerasse, era utilizzato come strumento per far giungere a qualcuno un sortilegio. In un altro sito (ernesto.it nella sezione faq [link non più attivo]) l’espressione appare con un significato diverso, non attestato altrove, quello di ‘raccontare bugie o storie esagerate’, che viene legato all’esistenza di un tale Pedalino, personaggio immaginario associato – come si legge – a “racconti fantastici e poco credibili”.

Rispetto a queste spiegazioni, sembra invece possibile ricondurre l’origine del fraseologismo a un dato “concreto” e non ascriverlo agli aneddoti della cultura popolare, vista anche la natura della documentazione rintracciata; in particolare, si potrebbe rimandare a uno degli usi traslati di pedalino, referente, come abbiamo visto, di espressioni dalla caratterizzazione semantica non del tutto positiva. Questa (possibile) soluzione riprende quanto accennato anche da Gigi Proietti, che, nel suo numero sul romanesco, sottolinea proprio come si tratti di un calzino logorato, che emana odori poco gradevoli. Non va, per questo, esclusa una continuità semantica con l’aggettivo segnalato da Rolandi tra le sue aggiunte al vocabolario chiappiniano (e forse neppure con quelle di pedale indicate nel primo esempio di Galiani).

Concludiamo, come richiesto dalla lettrice, con alcuni riferimenti bibliografici essenziali sui dialetti laziali, in attesa delle uscite dei volumi dedicati al Lazio nelle collane sui dialetti italiani da poco varate dagli editori Il Mulino e Carocci. Un quadro sintetico e, allo stesso tempo, completo sulle varietà in questione è sicuramente quello proposto da Francesco Avolio (s.v. laziali, dialetti, in Enciclopedia dell’Italiano, diretta da Raffaele Simone, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, vol. I, 2010, pp. 762-767, disponibile anche in rete; si veda anche la bibliografia ivi citata), a cui può essere utilmente aggiunto un precedente contributo di Paolo D’Achille (Il Lazio, in I dialetti italiani. Storia, struttura, uso, a cura di Manlio Cortelazzo et al., Torino, UTET, 2002, pp. 515-567), il quale ha redatto anche la voce Roma, italiano di per la stessa Enciclopedia dell’italiano (vol. II, 2011, pp. 1262-1265). Per le vicende storico-linguistiche della Capitale e del Lazio è necessario il rimando a due volumi di Pietro Trifone (Roma e il Lazio, Torino, UTET, 1992 e Storia linguistica di Roma, Roma, Carocci, 2008).

*Data ultima consultazione corpora e siti in rete: 19/2/2024

Andrea Riga

22 luglio 2024


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