L'espressione (senza) soluzione di continuità è oggetto abbastanza frequente dei quesiti che arrivano alla nostra redazione. Oltre a veicolare un significato originariamente specialistico e quindi conosciuto da pochi, si tratta di una locuzione che si è cristallizzata e che perciò può dar luogo a fraintendimenti; infatti la presenza della preposizione senza introduce una sorta di "doppia negazione": 'senza interruzione della continuità', quindi 'con continuità'.
(Senza) soluzione di continuità
La locuzione soluzione di continuità (accanto alla sinonimica soluzione di continuo) mutua il suo significato dalla terminologia medico-chirurgica in cui significa "separazione di parti di un organo o di un tessuto congenita o causata da fattori accidentali o da traumi" (GDLI); in questa accezione soluzione è l'atto di sciogliere ciò che è fisicamente omogeneo. La formula compare già nel Fasciculo di medicina volgare (1494), un volgarizzamento di sette opuscoli medici in latino, in questo contesto: "El ventre può patire ogni generazione de infermità, cioè mala complessione, mala compossione e soluzion di continuità"; è presente nei testi del chirurgo francese Ambroise Paré (1509-1590) e ripresa da Francesco Redi nei suoi trattati. Proprio un passo del Redi è citato nella quarta edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca (1729-1738), s.v. irritazione (è possibile recuperare voci non a lemma attraverso l'edizione elettronica del Vocabolario): parlando degli effetti dell'irritazione Redi dice che "Fa sì ec. che segua ec. la soluzione del continuo, il dolore, e le punture", ovvero l'irritazione può far sì che i tessuti si lacerino e perdano quindi la loro uniformità.
L'espressione rimarrà legata all'ambito medico fino all'Ottocento e la sua estensione ad altri ambiti e contesti è attestata dalla prima metà del XIX secolo in testi francesi (in particolare in Balzac). Nei dizionari italiani di fine Ottocento come il Tommaseo-Bellini e il Rigutini-Fanfani continua però a essere inserita soltanto l'accezione medica: è noto infatti che l'uso di termini tecnico-scientifici in ambiti non specialistici sarà a lungo avversata dai puristi. L'espressione soluzione di continuità la ritroviamo, proprio a conferma di questo atteggiamento, in una lunga serie di tecnicismi citati da Edmondo De Amicis nel suo Idioma gentile (1905): nel capitolo intitolato A chi la dice peggio è rappresentata una conversazione tra uno scrittore, un avvocato, un professore di fisica, chimica e matematica e un cronista in cui si discute sulla diffusione nella lingua comune di parole ed espressioni proprie di discipline specialistiche; soluzione di continuità è inserito, in un divertente botta e risposta tra il professore di materie scientifiche e lo scrittore, tra i molti tecnicismi che si stanno diffondendo nella lingua comune; il professore porta numerosi esempi e si compiace di questa capacità di penetrazione della lingua scientifica, mentre lo scrittore vede in questo gravi rischi per la lingua letteraria: "Prof.: Caro mio, noi non ci abbiamo nessuna colpa nel fatto che la lingua diventi sempre più scientifica, o per dir meglio, scienziata. Non siamo noi che divulghiamo, portandolo in tutti i campi del pensiero, il nostro linguaggio tecnico, del quale non possiamo far di meno. È il gran pubblico, sono i giornali e la cattiva letteratura che ce lo pigliano.... Ma è un fatto, te lo confesso, di cui il nostro amor proprio si compiace. Al vedere che ogni interruzione o lacuna di qualunque cosa diventa una soluzione di continuità, ogni scopo un obbiettivo, ogni caso un fenomeno....".
De Amicis testimonia così che, in quegli anni, la formula soluzione di continuità era entrata nell'uso e infatti, nonostante le resistenze degli scrittori e dei puristi, la locuzione è registrata nel Vocabolario della lingua italiana di Giulio Cappuccini (Paravia, 1916) con significato di "interruzione, intervallo nella continuità di una superficie o d'altro" e, con definizioni analoghe, continuerà a essere presente nei dizionari successivi.
Mentre la formula soluzione di continuità si è affrancata dall'esclusivo ambito medico, soluzione di continuo rimane tuttora specifica della terminologia medica.
Nell'italiano contemporaneo la locuzione, che ricorre con maggiore frequenza in testi di registro abbastanza elevato, ha come significato corrente quello di 'interruzione della continuità': nel Vocabolario Treccani, a corredo della definizione (del tutto analoga a quella precedente) viene riportato un esempio tratto dalla terminologia della geologia che mi pare possa aiutare a "visualizzare" il significato dell'espressione: "per esempio in geologia, soluzione di continuità in una roccia per significare fessurazione", quindi una fessura, una crepa rappresenta l'interruzione della continuità della roccia.
L'uso più frequente è quello negativo, cristallizzato ormai nella formula senza soluzione di continuità che significa, di conseguenza, 'senza interruzione della continuità (temporale, spaziale, ecc.)', quindi 'continuativamente'.
A cura di Raffaella Setti
Redazione Consulenza Linguistica
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15 ottobre 2010
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