Una lettrice chiede se l’uso di “nuovo convenzionamento”, in luogo di “nuova convenzione”, per indicare un rinnovato accordo, sia o meno appropriato.
Per quanto convenzionamento non si trovi neppure nei grandi lemmari del GRADIT e del GDLI, è tuttavia usato nel linguaggio amministrativo, che non si accontenta dell’astratto convenzione e si serve anche di convenzionamento nel senso di ‘procedura e sistema che attiva convenzioni ed è regolato da esse’.
Così, ad esempio, in un testo del 2012 di Nicola Centofanti (fonte Google libri) sulle Convenzioni urbanistiche ed edilizie si legge che “la convenzione (è) il convenire di più parti in un accordo per regolare le reciproche posizioni” e che “il procedimento di convenzionamento trova la sua prima manifestazione nella convenzione di lottizzazione”. Dunque il convenzionamento viene per così dire prima della convenzione, la prepara e la indica, ma non coincide con essa. All’astratto in -mento la lingua dà quel valore telico, dinamico e anche collettivo che non si sente in convenzione, che esprime più il risultato puntuale di quello speciale accordo che non il modo e i mezzi per ottenerlo o per ottenerne un certo numero e tipo.
In una circolare sulla “Gazzetta Ufficiale” del 1986, relativa alle prestazioni mediche regolate da convenzione tra sanità pubblica e sanità privata, si parla di “regime di convenzionamento esterno”, cioè di insieme di rapporti regolati da convenzioni, dando così al sostantivo in -mento il valore di iperonimo di tutto ciò (procedure e risultanze formali) che riguarda una o più convenzioni, ovvero di tutto ciò che è regolato tramite convenzioni.
Nel Corpus CORIS della lingua amministrativa convenzionamento ricorre una ventina di volte con questi valori: vi si legge infatti di “sistema, regime, rapporto di convenzionamento”.
Non che convenzionamento sia indispensabile. Convenzione farebbe benissimo la funzione, ma la burocrazia è insaziabile di astratti e grazie a Google sappiamo che usa convenzionamento almeno dal 1978. Formalmente l’astratto in -mento è ineccepibile, perché derivato, come da norma, da un verbo, convenzionare, usato soprattutto in forma pronominale (convenzionarsi) e di participio passato (convenzionato, ‘regolato da convenzione”, ‘in rapporto regolato da convenzione’).
Dunque: si stipula una convenzione, probabilmente al termine di una procedura di convenzionamento; ma non si stipula un convenzionamento. E così, ci sarà una nuova convenzione e non un nuovo convenzionamento, a meno che con questo non si intenda l’apertura, l’avvio di un nuovo processo, sistema ecc. di convenzionamento, necessario per arrivare a una nuova convenzione. Se proprio vogliamo cavillare…
Vittorio Coletti
2 febbraio 2021
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