Siamo bravi in italiano?

Ci sono pervenute molte domande che si chiedono se l’aggettivo bravo possa reggere un complemento introdotto non solo dalla preposizione in (bravo in matematica), ma anche da a (bravo a matematica) e se, prima di un verbo, oltre ad a (bravo a fare), si possa usare anche di (bravo di fare). Le stesse incertezze fra le tre preposizioni riguardano il verbo interrogare e il sostantivo interrogazione, nonché  l’espressione prendere un bel voto: si dice ho preso otto in italiano o di italiano o a italiano

Risposta

Le incertezze dei nostri lettori riguardano, in tutti questi casi, reggenze preposizionali relative a uno stesso àmbito: quello delle prestazioni scolastiche. Proprio questa identità determina il sovrapporsi, non sempre appropriato, di costruzioni diverse. Cerchiamo dunque di mettere ordine, distinguendo le reggenze di bravo da quelle di interrogazione e di interrogare.

Dei diversi significati che l’aggettivo bravo ha nell’uso italiano contemporaneo, quello che prevede una reggenza preposizionale è specialmente uno.

Quando bravo significa ‘abile’, ‘particolarmente capace in un’attività’, l’àmbito della bravura, se espresso, è delimitato dalla preposizione in (più raramente dalla preposizione con) se segue un nome o dalla preposizione a se segue un verbo (non un nome!) all’infinito: via libera, dunque, ai tipi bravo in inglese, bravo con l’inglese, bravo a parlare inglese, ma non al tipo bravo a inglese e neppure al tipo bravo di inglese, reggenze non previste dal nostro aggettivo.

Fra interrogazione e interrogare bisogna distinguere. L’interrogazione può essere in inglese (in questo caso, la preposizione in circoscrive o limita l’àmbito dell’interrogazione) o anche di inglese (in questo caso la preposizione di specifica l’àmbito dell’interrogazione); invece, si può interrogare solo in inglese, non di inglese: il verbo interrogare ammette soltanto una reggenza che ne circoscriva l’àmbito, mentre non ne ammette una che lo specifichi.

Quanto all’espressione prendere un buon voto, anche in questo caso il complemento di limitazione seguente va correttamente introdotto dalla preposizione in. In questo caso, però, un’inchiesta condotta in varie città italiane (cfr. Annalisa Nesi, Teresa Poggi Salani, La lingua delle città LinCi. La banca dati, Firenze, Accademia della Crusca, 2013, dvd) documenta da un lato come, accanto al verbo prendere (o pigliare), nel parlato si usi anche il più generico avere oppure, in alcune varietà regionali di italiano, meritare; dall’altro che, accanto a in, siano impiegati non di rado anche di e a

 

Giuseppe Patota

Piazza delle lingue: La variazione linguistica

17 gennaio 2017


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