Alcuni lettori ci chiedono: dal momento che tentare regge la preposizione di (tentare di fare qualcosa), la preposizione da usare con essere tentato è di oppure a?
Il verbo tentare può avere più costruzioni. Nei sensi di ‘saggiare, mettere alla prova qualcuno o qualcosa’, ‘indurre in tentazione’ è transitivo, i suoi complementi non sono introdotti da preposizioni.
Nel significato di ‘provare a fare qualcosa’ richiede la preposizione di prima del verbo all’infinito. Quando è al passivo presenta ovviamente complementi con la preposizione da: si è tentati dal diavolo, ma anche da un’impresa rischiosa e nel significato di ‘palpare’ possiamo citare l’esempio di Govoni: “il recondito seno / così tentato da convulse mani, / tattile paradiso”.
La preponderanza delle costruzioni tentare di + infinito appare non solo dai dizionari, ma anche dai corpora costituiti da giornali o da Wikipedia, come ci mostra l’interrogazione di Lexit. Tuttavia, di solito come ultima accezione, suffragata soprattutto da esempi in cui assume il significato di ‘spingere a, indurre in tentazione’, appare nei dizionari anche tentare a + infinito. Il Wiv Wörterbuch der italienischen Verben Dizionario dei verbi italiani (Acolada, quinta edizione online, 2022) riporta esempi tratti dal Grande dizionario illustrato della lingua italiana di Aldo Gabrielli (Milano, Mondadori, 1989): “Non tentare quella poveretta a peccare; Si sarebbe tentati a credere che sia tutta un'invenzione”; e aggiunge che tentare in questi casi è generalmente al passivo. Fra chi pone la domanda c’è chi ha notato questo, quando parla della reggenza di tentato, che è di fatto un (esser) tentato.
Cerchiamo di approfondire la questione rispondendo anche alla parte di domanda che chiede “si dovrebbero considerare corrette solo le forme/reggenze/locuzioni registrate nei dizionari, o l’uso può avere valore normativo?”
Se seguissimo quello che dicono i dizionari, allora vedremmo che il Vocabolario presente nel sito Treccani non ha esempi con tentare a, così come il Nuovo De Mauro in rete o il Sabatini-Coletti o il Garzanti. Del Gabrielli Grande dizionario abbiamo già detto che riporta due esempi. Lo Zingarelli 2023 presenta la costruzione con a nel significato di ‘indurre a fare qualcosa + a seguito da infinito’, con l’esempio “si lasciarono tentare a intervenire su tutto”, esempio simile a quelli addotti da quanti hanno posto la domanda.
Non si deve pensare che sia una reggenza affacciatasi di recente: un esame del Tommaseo-Bellini (1861-1874) ci presenta un esempio con tentare a per il senso ‘istigare al male, al peccato’. È di Segneri, inizi ’700: “Il diavolo non ha da tentar costoro se non a una cosa sola; a togliere quel danaro di mal guadagno. A ritenerlo egli non ha da tentarli”.
Dello stesso Tommaseo, come autore, presenta un esempio il GDLI Grande dizionario della lingua italiana: “il popolo […] doveva sentirsi offeso e nell’onore e nella coscienza, e però tentato a disubbidire un governante tale e a spregiarlo”. Una manciata di altri esempi si trovano nel GDLI con la ricerca in sequenza tentato a in tutto il testo del dizionario storico: brani che vanno da Pascoli e De Amicis, a Pirandello e Bacchelli, con soggetti umani tentati a domandare, a giurare, tentati a fare il serio, a fingere di saperlo, tentati a imprese troppo grandi e rischiose, tentati a scrivere in versi. Colpisce un isolato soggetto canino: il “cane che ‘mastica’ il selvatico ucciso, molte volte è tentato a ingoiarlo” (Luigi Ugolini, Il dizionario del cacciatore italiano, Milano, Bietti, 1961).
Nella voce tentare il GDLI ha la sezione “In relazione con una subordinata implicita” e vi presenta l’esempio di Dante, Purgatorio 31-143: “Non paresse aver la mente ingombra, / tentando a render te qual tu paresti?”.
Perciò possiamo concludere che l’uso di tentare a + infinito, soprattutto nel senso di ‘provare a, esser indotti a’, è attestato, anche se in misura molto limitata rispetto alle costruzioni con tentare di. Per ora i corpora a disposizione non lo attestano con una frequenza tale da far pensare che diventerà un uso preponderante, ma la sensibilità dei lettori che hanno posto la domanda nel 2008, e poi nel 2011, e infine nel 2022, può essere il segnale di una diffusione in crescita.
Carla Marello
30 ottobre 2023
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