Spatafiacca

Un lettore, trasferitosi da Roma a Milano è incuriosito dal termine spatafiacca che spesso gli è capitato di sentire impiegato per indicare una mole esagerata di fogli o dati.

Risposta

Il quesito posto dal cortese lettore – che ha chiesto di avere informazioni intorno alla forma milanese spatafiacca (f.) – comporta una digressione verso due altre forme parallele (spatafiata/spatafiada) e verso altre ad esse connesse e precedenti (pitaffio/pataffio, pitaffo, pataffia; queste ultime, con diversi alterati: pataffione, patanfione, pataffiona, patanflona; anche patonfio); e, infine, la digressione porta a trattare della forma spataffio, dalla quale discendono appunto i derivati spatafiata/spatafiada e la loro variante spatafiacca.

In tutte le forme in questione entra in gioco/si nasconde un glorioso grecismo: epitáphios ([ἐπιτάφιος (sc. λόγος)] ‘discorso in onore di un defunto’ > ‘iscrizione su una tomba’) variamente modificato, dal punto di vista fonologico, nei suoi esiti italo-romanzi. Il grecismo in questione, filtrato attraverso il latino (classico e medievale) epitaphius e poi, attraverso la forma pre-romanza *epitaphiu(m), sta naturalmente alla base dell’italiano (antico e moderno) epitafio/epitaffio.

La breve trattazione è articolata sui seguenti paragrafi: il § 0. delinea il problema generale sotteso alla forma milanese spatafiacca, ne chiarisce l’etimologia, il semantismo e le diverse trafile – dotta e popolare – proprie, come si è detto, delle continuazioni nei sistemi italo-romanzi di lat. epitaphius attraverso la forma pre-romanza *epitaphiu(m); il § 1. verte su continuazioni dotte di *epitaphiu(m): epitafio, epitaffio in italiano (a partire dall’italiano antico); il § 1.2. tratta degli esiti italo-romanzi popolari di *epitaphiu(m): § 1.2.1.a: pitaffio, pitaffo; § 1.2.1.b.: pataffio; § 1.2.1.c.: pataffia. Il § 1.2.2.a. tratta degli alterati pataffione/patanfione e patonfio; il § 1.2.2.b. tratta delle forme derivate di patafia: patafiada, patafiade, pataffiàa, paćafisku e delle forme alterate pataffiona/patanfiona/patanflan, patanflàna; il § 2. tratta di forme continuanti un pre-romanzo *epitaphiu(m) e che prevedono però, come prefisso, una s- espressiva: più in particolare, il §2.1. tratta delle forme spataffio/spatafio e, infine, il § 2.2. di spataffiata/spatafiata entrambe forme attestate nell’italiano antico e con riscontri interessanti in numerose varietà italo-romanze distribuite da un capo all’altro della penisola.

La digressione termina con il riconoscere in spatafiada/spatafiata le premesse per il milanese spatafiacca. Ma andiamo con ordine!

0. Spatafiacca (f.) è variante, attestata in area milanese, della più comune, diffusissima voce lombarda spatafiada (o, in forma italianizzata, spatafiata) là ove l’elemento *-fiada/-fiata (morfo ovviamente inesistente nel sistema dei parlari italo-romanzi) è stato sostituito, per etimologia popolare e per ricerca di trasparenza semantica, da un ugualmente inesistente morfo *-fiacca, palesemente connesso quest’ultimo con il verbo fiaccare ‘stancare’.

Le due voci, di natura gergale, indicano una mole eccessiva di fogli, carte, documenti, dati ecc. da analizzare e da ordinare; e poi, per traslato, le due voci indicano anche qualcosa di prolisso, noioso, fastidioso con particolare riferimento a uno scritto lungo e vuoto di contenuti o a un discorso ugualmente lungo, insulso e detto però con pretesa di solennità.

Esiti di lat. epitaphius, attraverso la forma pre-romanza *epitaphiu(m), le voci in questione appaiono tràdite sia per via dotta che per via popolare: le forme di tradizione dotta presentano, dal punto di vista fonologico, il mantenimento di -f- scempia; le forme di tradizione popolare prevedono il raddoppiamento di -f- > -ff-.

Le forme di tradizione dotta si distinguono inoltre tra quelle che mantengono -f- scempia e aferesi di e- (pitafio) e quelle che non documentano l’aferesi di e-: queste ultime, a loro volta, sono suddivise tra forme che mantengono -f- scempia (epitafio) e quelle che presentano il raddoppiamento di -f- > -ff-(epitaffio).

Le forme di tradizione popolare presentano tutte aferesi di e- (pitafio, pitaffio, pitaffo); alcune, prevedono anche l’assimilazione di -i- pretonica in -a- (pataffio, pataffia) e la presenza di s- intensiva (spataffio/spatafio).

Quanto al semantismo, muovendo dal valore delle continuazioni di epitaphius > *epitaphiu(m) ‘iscrizione funebre’, si passa al valore generico di ‘iscrizione/scritta su monumenti’; poi di ‘scritto/discorso dai toni altisonanti ed enfatici’ e, infine, di ‘scritto/discorso lungo, noioso, insipido, di stile pomposo’.

Per traslato, singole continuazioni di epitaphius > *epitaphiu(m), documentate in ambito italo-romanzo – in attestazioni letterarie, non letterarie, dialettali, popolari, gergali riportate nei §§ 1. e 2. (Cortelazzo-Marcato: s.v. spatafiàda, pataffië; Fanfani: s.v. epitafio; GRADIT: s.v. epitafio/epitaffio; GDLI: s.v. epitafio/epitaffio, pitafio/pitaffio, pataffio; DELI: s.v. epitaffio; Sabatini-Coletti: s.v. epitaffio/epitafio; LEI: s.v. epitaphiu(m); l’Etimologico: s.v. epitaffio; Tommaseo-Bellini: s.v. epitafio, patafio/pataffio; Vocabolario Treccani online: s.v. epitafio/epitaffio, pitaffio, pataffio, pataffione) –, documentano semantismi, più o meno diffusi (come si vedrà in merito a singoli lemmi), relativi a:

-  sfere del mondo materiale: ‘scartoffie, testi pesanti e inutili’, ‘dichiarazioni prolisse e scritte in modo poco chiaro’, ‘dichiarazioni solenni, pompose’, ‘scritti scortesi, ingiuriosi, minacciosi’, ‘ingiunzione di pagamento’, ‘carta d’identità, passaporto’; e, per ulteriori traslati, ‘oggetto, ornamento ingombrante, di cattivo gusto’, ‘grossa macchia’, ‘grossa medaglia o moneta, patacca’;

-  sfere di comportamenti rinvianti al mondo umano: ‘modi tronfi e pomposi, arroganti di comportarsi e esprimersi’, ‘persone che si atteggiano, piene di boria’, ‘chiacchieroni, che si esprimono in modo complicato’, ‘chiacchiera, ciancia, pettegolezzo’, ‘sciocchezza, stupidaggine’;

-  parti del corpo umano: ‘bocca’, ‘bernoccolo, gonfiore sulla pelle’;

figure femminili: ‘donna grassa, corpulenta’, ‘donna massiccia, goffa, pigra’, ‘donna chiacchierona, pettegola’, ‘donna lenta, poltrona e lurida’, ‘donna sciammanata’.

1. Continuazioni italo-romanze di lat. epitaphius > pre-romanzo *epitaphiu(m).

1.1. Nelle fasi più antiche del lessico italiano (cfr. TLIO s.v.) sono attestate continuazioni di tradizione dotta (o semidotta): epitafio, epitaffio (anche epitaphyo, con grafia etimologica), forme giunte fino all’italiano contemporaneo:

Boccaccio, Chiose Teseida, 1339/75, L. 9, 31.4, pag. 551.14: per li quali prieghi Giove fulminò Fetonte, e egli così fulminato cadde nel Po, dove poi dalle sirocchie fu sepellito, e fu da loro posto l'epitaffio, cioè il titolo sopra la sepoltura.

Ceffi, St. guerra di Troia, 1324 (fior.), L. XIII, pag. 152: poiché elli fue morto, Teleso [...] gli fece reale honore, mettendolo in uno avello di marmo intagliato, e di sopra fece scrivere un epitafio di due versi, i quali dicevano...

Boccaccio, Filocolo, 1336-38, L. 3, cap. 33, pag. 302.8: pervenne alle mura costrutte per adietro dall' antico Antenore, e in quelle vide il luogo ove il vecchio corpo con giusto epitafio si riposava
Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 13, pag. 135.34: et a l’alteze de lo tabernaculo de quella sepoltura fece fare duy vierzi scripti e llavorati sopre a quella opera a muodo de uno epitaphyo li quali diceano cossì...

1.2. Sempre nelle fasi antiche del lessico italiano si ritrovano continuazioni di tradizione popolare: pitaffio, pitaffo / patafio, pataffia.

1.2.1.a. Pitaffio (m.) è attestato (ante 1534, in Aretino e in Giovio) nel valore di ‘scritto, discorso dai toni altisonanti ed enfatici’ e anche, per traslato, ‘oggetto, ornamento ingombrante, di cattivo gusto’ (LEI s.v. epitaphium). Di nuovo, e con valore traslato, la voce ricorre in lucchese-versiliano pitaffio (m.) ‘bernoccolo, gonfiore sulla pelle’. Da pitaffio si ha it. pitaffierie (f.pl.) ‘modi tronfi, pomposi, arroganti di comportarsi e esprimersi’ (ante 1552). Da pitaffio (m.) derivano anche il diminutivo it. pitaffietto (m.) ‘scritto di poco valore e dal tono pomposo’ (ante 1704) e l’accrescitivo lombardo orientale pitafiù ‘iscrizione funebre o su monumenti’ (ante 1670).

Pitaffo (m.) ricorre in italiano antico nel valore di ‘Iscrizione (in prosa ritmica o in versi) posta o da porsi su una tomba per commemorare chi vi è sepolto, contenente un encomio dei meriti e delle virtù del defunto e parole di rammarico per la sua scomparsa’ (cfr. TLIO s.v.):

Cronaca volg. isidoriana, XIV ex. (abruzz.), pag. 184.18: Et nella dicta cità fo seppellito, sopra el cui tumulo stando scripti li versi del sou pitaffo: «Qui sta el lume claro delle scientie, qui sta la stella delli poeti de non poca reverentia digni».

1.2.1.b. La variante pataffio/patafio (m.) – al pl. anche al femminile: le pataffia – risulta attestata in area romana in una accezione che rinvia al valore (incerto) di ‘pietra sepolcrale, tomba’ (cfr. Vocabolario Treccani s.v.; TLIO s.v.):

Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 1, pag. 3.11: Donne le memorie se facevano con scoiture in sassi e pataffii, li quali se ponevano nelle locora famose dove demoravano moititudine de iente, overo se ponevano là dove state erano le cose fatte...;

o di ‘iscrizione tombale’:

Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 18, pag. 143.17: Non era aitri che esso, che sapessi leiere li antiqui pataffii;

Tale variante ricorre attestata anche in documenti fiorentini, con valore spregiativo:

Giovanni dalle Celle, Lettere, 1347/94 (fior.), [1377] 28, pag. 373.3: Oh libri, oh carte, oh pataffi: quante menti avilupate!

Nel valore generico di ‘messaggio scritto’ e poi di ‘scritto lungo, noioso, insipido, spesso di stile pomposo’ pataffio (m.) è attestato nell’italiano antico (ante 1547). Pataffio è anche il titolo di un breve poema in terza rima del secolo XIV, attribuito anticamente a Brunetto Latini, riportante in un linguaggio plebeo (spesso di difficile comprensione) motti e proverbi popolari (GDLI s.v.). Nel valore di ‘dichiarazione solenne, pomposa’ e anche di ‘iscrizione derisoria e infamante sui berrettoni dei condannati alla fustigazione’ il termine è attestato in Aretino (ante 1536):

Aretino, XXVI-3-39: Gli è buono… ch’io del manico esca / e dica a gran pataffi da speziale / qualche prefazio in lingua pasquinesca.

Nel valore generico di ‘messaggio scritto di tono pomposo’ la voce pataffio è attestata in

P. Marinetti (in V. Bellini, 357): Vi ricorda, mio caro Signor Felice, quel gran pataffio stampato … quel gran pataffio in cui promettevate la ‘Raccolta completa delle vostre opere’ …

Stando ai dati del LEI (s.v. epitaphium) la voce ricorre nel romanesco antico: pataffi (m.pl.) ‘iscrizioni, specie quelle su antiche statue’ (ante 1358); in fiorentino antico pataffi (m.pl.) ‘scartoffie, testi pesanti e inutili’ (ante 1347), in veneto centro-settentrionale patàf (m.) vale ‘carta d’identità, passaporto’. Con valore traslato, in senese antico pataffio vale ‘persona che si atteggia, piena di boria’ e, in alcuni dialetti italo-romanzi, la voce ricorre nel valore di ‘chiacchiera, ciancia’: così in ticinese prealpino patafi(o)/patafie (m.), in vogherese patafi (m.), in istriano patafio (m.), in modenese patafi (m.).

1.2.1.c. La voce pataffia/patafia (f.) nel valore di ‘iscrizione o testo scritto in genere’, ‘messaggio scritto’ ricorre in Fazio degli Uberti (cfr. Tommaseo-Bellini s.v.; TLIO s.v.):

Fazio degli Uberti, “Dittamondo”, c. 1345-67 (tosc.). L. 4, cap. 11.61, pag. 285: E come leggi in molte pataffia, / quest'è sì fuor d'ogni dolce pastura, / che poco giova se pioggia l'annaffia.

La voce è attestata anche in numerosi dialetti italo-romanzi (cfr. LEI s.v. epitaphium): novarese patafia (f.) ‘scritto lungo e noioso, pomposo’, lodigiano patafia (f.), ticinese alpino occidentale patafia (f.) ‘filippica, lettera scortese e piena di insulti’, milanese patafia (f.) ‘grande scritta murale’, bergamasco pataf(f)ia (f.) ‘atto d’autorizzazione, patente’, bergamasco patafia (f.; gergale) ‘carta’ (> gergale: bergamasco, lodigiano patafià ‘scrivere’).

Con valore traslato patafia (f.) ricorre in numerosi dialetti e con vari semantismi: piemontese patafia (f.) ‘bocca’, milanese patâfia (f.) ‘grossa macchia’, emiliano occidentale pataffia (f.) ‘grossa medaglia o moneta, patacca’; e, anche, ‘donna grassa, corpulenta’ (ante 1858). E, ancora, in ticinese prealpino patafia (f.) vale ‘donna chiacchierona, pettegola’ e, anche, ‘persona lenta, inconcludente, che si lamenta sempre’; in vogherese patafya (f.) ‘donna lenta, che fa i suoi comodi’; in siciliano (nisseno-ennese) patafia (f.) ‘donna poltrona e lurida’; in triestino patafia (agg. f.) ‘(detto) di persona schizzinosa’; in piemontese il sintagma madama patafia (f.) ricorre nella accezione di ‘donna sciammannata’; in veneto settentrionale madama patafia (f.) vale ‘donnaccia grossolana nei modi’ (il sintagma è attestato in Boerio: s.v.: madama patafia ‘basoffia, femmina grassa e contegnosa, paffuta, grassottona, corpulenta’; e Madama Pataffia è il titolo di una commedia citata da Goldoni nel suo dialogo Il teatro comico, a. 1750) cui corrispondono – con s- espressiva – la forma napoletana madamma spetaffeio (f.) ‘donnaccia grossolana nei modi’ e l’alterato spatanfiòna (f.), riportato dal Fanfani (s.v.) quale voce dell’uso toscano popolare (“lo dice il volgo per donna grossa e grassa”) e attestato in

Arrighi, 3-292: Pensò che facendo difficoltà ad andare colla signora Carolina quella spatanfiona l’avrebbe calunniata e presentata al direttore come una perduta.

1.2.2.a. Attestazioni di forme alterate di patafio/pataffio

Da pataffio (m.) si hanno le forme alterate pata(f)fione/patanfione (m.: cfr. LEI s.v. epitaphium) e patonfio (m.; VocabolarioTreccani s.v.) dai diversi valori semantici:

-  ‘scritto pomposo ma insipido’ (cfr. P. Marinetti - in V. Bellini, 357: Voi in quel pomposo pataffione prometteste mirabilia);

-  ‘colui che si serve di scritti lunghi e pesanti’: cremonese patafióu (m.), lodigiano patafión (m.);

-  ‘chiacchierone, persona che si esprime in modo complicato’: ticinese alpino-centrale: patafión (m.); mantovano patafiòn (m.);

-  ‘ingiunzione di pagamento’: còrso cismontano patafione (m.).

Pataffione (m.) è anche voce fiorentina indicante ‘persona corpulenta d’aspetto e grossolana di modi’ (cfr. Tommaseo-Bellini s.v.; DEI s.v.; LEI s.v. epitaphium), Così in:

Allegri, 189: Parevami veder … / … / starsi Giove nel mezzo a quattro stelle / delle stelle girelle, / i primi pataffion del concistoro …

Patonfio (agg.), composto di un primo elemento da ricondurre a patafio/pataffio e incrociato con gonfio, è detto di persona o di parte del corpo, rotondo e grasso, sì da apparire gonfio (Vocabolario Treccani s.v.):

Pirandello: col fagotto delle molte sottane tirato su a mezza gamba, si lasciò andare traballando patonfia per le scale del palazzo…

Da patraffio (m.) variante di pataffio, deriva pateracchio (m.) termine popolare toscano che, dal valore generico di ‘scrittura, contratto scritto’, passa a indicare ‘patto nuziale, matrimonio’ onde le espressioni concludere il pateracchio; quando si fa questo pateracchio? Così in De Marchi: “I ragazzi si conobbero, si piacquero e il pateracchio fu fatto colle benedizioni di ben quarantacinque parenti”.

In senso più ampio il termine in questione è usato (cfr. Vocabolario Treccani s.v.) anche per indicare un patto, un accordo tra due o più persone e, in un’accezione senz’altro spregiativa, si può considerare ormai termine di ampia circolazione per indicare, specialmente in ambito politico, accordi poco chiari, intrighi, compromessi ecc.

Va ricordato anche il titolo (Il pataffio) di un romanzo di Luigi Malerba, pubblicato nel 1978, incentrato su vicende immaginate in un mondo medievale segnato da endemica fame e da frequenti carestie. Vi compaiono potenti signori assai bizzarri (e dai nomi evocatori: il marconte Cagalanza, la marcontessa Bernarda, grassa e scontenta), una corte ugualmente mal messa e fatta di personaggi sempre alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti; così come sempre affamati sono altri personaggi: contadini e sgangherati soldati, tutti affamati. La lingua del romanzo, dal sapore gaddiano, è un impasto divertente, maccheronico, fatto di molte e diverse varietà: un latino improbabile, echi (genialmente rivisitati) del romanesco e di altri dialetti collocati in atmosfere medievali prossime a quelle della monicelliana Armata Brancaleone: “Cancherum ve accipiat tutti quanti, razza de serpenti, de vermini, de paraculi! Stramaledictus siat fiulius matrignota qui sassata tiravit in oculum meum!”.

1.2.2.b. Attestazioni di forme derivate da patafia e alterate da patafia.

Da patafia (f.) si hanno forme derivate e alterate (cfr. LEI s.v. epitaphium):

- forme derivate, con suffisso -ada, nel valore di ‘scritto scortese, ingiurioso, minaccioso’: lombardo alpino-orientale patafiadä/patafiada (f.), lodigiano patafiada (f.), cremonese patafiada (f.), ticinese alpino occidentale patafiada (f.), ticinese alpino-centrale patafiada (f.); nel valore di ‘chiacchiera, pettegolezzo’: ticinese prealpino patafiade (f.) ‘sciocchezza, stupidaggine’, piemontese pataffiàa (f.) ‘tiritera, discorso o scritto lungo e sconclusionato’, ligure orientale paćafisku (m.)’dichiarazione prolissa e scritta in modo poco chiaro’, ligure occidentale paćafisku (m.) ‘attestato, certificato’;

- forme alterate, attestate in area lombarda e ticinese: pataffiona (f.) patanfiona (f.) ‘persona di grande autorità e importanza, o piena di boria’; nell’italiano regionale toscano patanfione (m.) ‘persona corpulenta, grassa e di modi grossolani’: cfr. anche lunigiano patafyona (f.) ‘grassona’, lombardo alpino-orientale e triestino (con inserimento di nasale) patanflan (f.) ‘donna massiccia, goffa, pigra’, emiliano occidentale patanflan (m.) ‘persona grassa e goffa’; patanflàna (f.) ‘donna grassa e panciuta’, ticinese prealpino patanflan (f.) ‘donna pettegola’.

2. Forme con s- espressiva: spataffio/spatafio e spataffiata/spatanfiona.

2.1. La voce spataffio/spatafio (m.), dialettale per epitafio/epitaffio ‘dichiarazione di tono solenne, pomposa e magniloquente, sproloquio’, appare attestata (cfr. GDLI s.v.) in

Beolco, 155: Saón tuti del sangue iusto de missier Antenore da Truogia, che fesse sto nostro spatafio, con dise quel gran sletràn Virzilio, quando che ’l dise: ‘Antenore potuite mierie delasso Archile’…

Nieri, 2-265: Gli spatafi con cui i vari partiti politici sporcan le mura nelle molte ricorrenze annuali e in occasioni straordinarie, li legge mai?

Da spataffio deriva spataffiata (f.) ‘dichiarazione solenne e pomposa’, voce già propria dell’italiano antico (cfr. GDLI s.v.):

Argelati, CXIV-3-231: Vostra Signoria levi quella spataffiata aggiunta al mio proposito, perché la cosa non lo merita e quel ‘non movet lapidem’ è stato detto delle altre volte, e perciò tagli tutto.

2.2. Da spatafio/spetafi > spatafiada/spatafiata

Da spatafio (m.) – attestato in padovano antico nel valore di ‘scritto pomposo, altisonante ma senza costrutto’ (ante 1538, Ruzante), in veneto centro-settentrionale spatafi (m.) ‘composizione poetica’ e in ticinese prealpino spatafiu (m.) ‘composizione poetica’ – si ha, sempre con s- espressiva, la forma spatafiada (f.) ampiamente attestata in area lombarda (anche italianizzata in spatafiata): ticinese alpino centrale spatafiada/spatafiaa (f.) ‘scritto o discorso lungo, noioso, poco chiaro’; alla stessa famiglia lessicale appartengono lombardo orientale spatafiagà ‘scrivere una lettera’, ticinese alpino-occidentale spatafyà ‘divulgare, diffondere notizie’ (cfr. LEI s.v. epitaphium).

Variante di spatafiada/spatafiata è, appunto, la forma milanese spatafiacca (f.) da cui si è partiti.


Nota bibliografica:

  • Boerio: Giuseppe Boerio, Dizionario del dialetto veneziano. Seconda edizione aumentata e corretta, aggiuntovi l’indice italiano-veneto, Venezia, G. Cecchini, 1876.
  • Cortelazzo-Marcato: Manlio Cortelazzo, Carla Marcato, I dialetti italiani. Dizionario etimologico, Torino, Utet, 1998.
  • Fanfani: Pietro Fanfani, Vocabolario della lingua italiana, Firenze, Le Monnier, 1855.

Emanuele Banfi

9 febbraio 2022


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