Sono molte le persone che ci chiedono se sia corretto usare i costrutti sto stando e sto essendo.
Stai leggendo la risposta sulla perifrasi progressiva stare + gerundio del verbo stare e del verbo essere
Con l’etichetta di perifrasi progressiva (si veda anche la scheda di Sara Giovine) si indica il costrutto formato da un verbo dal significato generico (nel nostro caso stare), detto modificatore, e un verbo, detto modificato, che veicola il significato principale, coniugato al modo non finito del gerundio (per es. Luca sta leggendo: il verbo leggere al gerundio è il verbo modificato dal verbo stare modificatore). Una perifrasi ha valore progressivo quando riesce a individuare un istante di focalizzazione di un processo in via di svolgimento la cui durata, indeterminata, si protrae oltre l’istante di focalizzazione stesso: è un’espressione quindi che descrive un processo che inizia prima e dura oltre il tempo dell’espressione stessa. Questa specificità della perifrasi progressiva risalta (ed è impiegata) particolarmente quando si ha bisogno di accostare due eventi, uno durativo (che ha cioè una durata dal momento che inizia) e l’altro momentaneo (che inizia e si conclude in un arco di tempo brevissimo) che si sovrappone al primo, spesso interrompendolo, come ad esempio in: “quando suonò il telefono stavo dormendo”, “sono arrivata mentre stavi preparando la cena”. In questi esempi le due azioni momentanee di suonare e arrivare entrano in due “scene” descritte da verbi che denotano azioni dall’aspetto durativo, rispettivamente dormire e preparare.
La presenza del verbo stare (e in altri costrutti simili essere) porta con sé il concetto di esistenza, dell’esserci in un luogo o in una condizione, e questa prerogativa dei verbi di stato spiega il motivo per cui alcuni linguisti riconoscono una natura intrinsecamente “locativa” a questa perifrasi (RSC 1995, p. 131). La perifrasi stare + gerundio è senza dubbio un costrutto molto ricorrente nell’italiano contemporaneo, in particolare nel parlato spontaneo, e presente, più o meno frequentemente, nei diversi italiani regionali (alcuni dei quali, però, preferiscono la perifrasi stare a + infinito o altre alternative ancora). Nel corso del Novecento il costrutto ha avuto un notevole incremento in italiano, tanto da far supporre un influsso dell’inglese (possibile soprattutto grazie al doppiaggio); studi comparativi sui valori aspettuali della perifrasi su corpus di testi tradotti sembrano tuttavia confermare l’ipotesi di una formazione endogena, interna quindi all’italiano (TITUS-BRIANTI, 2010). Senza addentrarci nelle definizioni di perifrasi e di struttura perifrastica, ancora non univoche neanche tra i linguisti, possiamo dire però che ci sono almeno due condizioni fondamentali che tali costrutti richiedono: il significato complessivo non è riducibile alla somma dei significati degli elementi costituenti; la struttura sintattica di norma non è scindibile, cioè non si può inserire nessun elemento tra i costituenti (la restrizione salta solo con alcuni elementi, come per es. già e ancora: stavo dormendo non ammette che si inserisca proprio bene tra stavo e dormendo, *stavo proprio bene dormendo, mentre sono del tutto grammaticali frasi come stavo già/ancora dormendo). Ci sono poi altre restrizioni imposte da questa perifrasi, anche di carattere morfologico, per cui non la si può utilizzare né alla forma passiva né all’imperativo (non sono grammaticali frasi del tipo *il libro sta essendo letto o *stai studiando, svogliato! o *non stare ascoltandolo!); ma il genere di restrizione che ci interessa, per provare a spiegare perché forme come “sta essendo” e “sta stando” non rientrino nella norma, è quella che investe i verbi cosiddetti stativi. Si tratta di quei verbi che, considerati dal punto di vista del tipo di azione che rappresentano, prevedono una durata dell’azione che però non è dinamica, cioè non comporta cambiamenti nell’arco di tempo in cui ha luogo l’evento descritto: avere (nel significato di ‘possedere’), possedere, essere (nel senso di ‘esistere’ o ‘stare’), stare, sono tutti verbi stativi.
Alcuni hanno sottolineato l’analogia tra questo tipo di perifrasi e la statività e hanno giustificato l’incompatibilità dei verbi stativi con stare + gerundio per motivi di ridondanza. Se infatti con verbi dal significato continuativo si ottengono frasi del tutto accettabili (il gatto sta dormendo, il cane sta correndo, il film sta avendo successo), con i verbi stativi ci si trova di fronte a frasi agrammaticali (*il ragazzo sta possedendo un’auto, *il professore sta avendo un abito nuovo): la presenza del verbo stare, elemento indispensabile alla formazione della perifrasi, porta con sé il senso della statività e non sembra ammettere altri fattori che rafforzino tale significato.
Detto questo, dobbiamo anche considerare che, se proviamo a ricercare in rete esempi di uso della perifrasi con verbi stativi, troviamo alcune migliaia di occorrenze; precisamente (ricerca con Google del 27/1/2018, solo pagine in italiano): 28.300 per “sta essendo” e 13.000 “sta stando”; 15.000 per “sto essendo” e 3.110 per “sto stando”. Sono dati particolarmente aleatori, in primo luogo perché dovremmo estendere la ricerca a tutte le possibili declinazioni dei tempi e delle persone del verbo stare; inoltre, andando ad analizzare tali occorrenze all’interno delle pagine, ci si rende conto che moltissime sono contenute in domande o discussioni proprio sulla correttezza dei due costrutti, che ricorrono sì, ma con funzione metalinguistica; altre rientrano in usi ironici o scherzosi e molte altre ancora sono il risultato di digitalizzazioni di libri in cui sto, a inizio di rigo, è in realtà la parte finale di una parola (spesso Cri-sto, ma anche que-sto) seguita poi dal gerundio.
Tale interrogazione ha restituito anche i seguenti brani: “Nella sua lucidità, proprio mentre sta commettendo il suo peccato, mentre sta essendo quello che non è dato di essere, sa perfettamente che…” (Antonio Tabucchi, Un baule pieno di gente. Scritti su Ferdinando Pessoa, Feltrinelli, 1990); e “Chi sta essendo adesso? Chiediamocelo. Chi sta essendo? Quale nostra patologia? Quale nostro demone? La rabbia? È lei che sta essendo al posto nostro in questo momento di vita?” (Monia Zanon, Sincronicità. Tutto ciò che non sai può essere usato contro di te, Feltrinelli 2009). In tutti e due i casi siamo di fronte alla descrizione di situazioni di coesistenza di identità (“esseri”), casi immaginari o immaginati che inducono gli scrittori a forzare l’impiego del verbo essere che, per quanto molto versatile e malleabile, resta normalmente incompatibile con questa struttura perifrastica.
In conclusione quindi, le forme sto stando / sto essendo, pur ricorrendo in alcuni usi e contesti particolari, non rientrano nelle possibilità della lingua standard.
Per approfondimenti:
A cura di Raffaella Setti
Redazione Consulenza Linguistica
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13 febbraio 2018
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