Un lettore ci chiedono se sia “lecito” usare Stati Generali per indicare l’incontro voluto dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte svoltosi nei giorni scorsi; un altro nota che in passato si è usata la stessa espressione riferita a importanti riunioni di professionisti di ambiti diversi intorno a un tema comune.
Nella Francia prerivoluzionaria les États Généraux (‘gli Stati Generali’) erano un’assemblea che riuniva periodicamente i rappresentanti dei tre ordini sociali in cui era divisa la popolazione francese, ovvero il clero, la nobiltà e il terzo Stato, che potremmo identificare con la borghesia produttiva. Di antica origine (se ne hanno notizie a partire dal 1302), l’istituzione resse fino al 1789, l’anno della Rivoluzione francese, che sovvertì l’assetto politico e sociale della Francia con ripercussioni in molte altre parti d’Europa. Lo svolgimento di tale assemblea prevedeva che i rappresentanti dei tre ordini consegnassero e illustrassero al sovrano i loro cahiers de doléances, ovvero dei quaderni in cui venivano raccolte le lamentele e le richieste di ciascuno dei tre ceti da presentare al sovrano, il quale poteva in seguito tenerne conto o ignorarle.
La politica moderna ama ricorrere a metafore forti, solennizzanti, spesso in funzione eufemistica, con le quali si vuole indicare l’eccezionalità di un evento o di un’iniziativa. Pensiamo a tavolo per ‘incontro negoziale’, cabina di regia o direttorio per ‘guida collettiva’, caminetto per ‘incontro tra i maggiorenti di un partito’. La parola rivoluzione, che in sé avrebbe un valore molto pregnante e spesso drammatico, viene usata e abusata di continuo: rivoluzione digitale, rivoluzione verde (o con riferimento a recenti fatti di cronaca politica, la rivoluzione dei gilet gialli o delle sardine). È noto, tuttavia, che una metafora troppo utilizzata si logora facilmente e perde la forza evocativa che dovrebbe contraddistinguerla. È questo il rischio che corre anche l’uso ripetuto di Stati Generali. Chiediamoci, intanto, cosa si voglia intendere, oggi, con tale espressione. Il riferimento è a una riunione, protratta generalmente per più giorni, nella quale si discute un tema ampliando la platea dei partecipanti, oltre che alle istituzioni preposte, a tutti i soggetti in qualche misura interessati al tema stesso. Ciò al fine di raccogliere un ventaglio di opinioni e di proposte da poter mettere eventualmente a frutto in seguito da parte dei governanti, cui spetta il potere decisionale. Soffermiamoci, ora, su tre eventi del recente passato in cui si è usata tale espressione.
Nel 1998 si parlò di Stati Generali della sinistra a proposito della creazione di un soggetto politico che riunisse le varie anime della sinistra italiana, uscita molto frammentata sia dalla fine del Partito comunista, sia dall’inchiesta di “Mani pulite” (un’altra metafora). Di fatto quell’operazione, voluta soprattutto dall’allora segretario dei Democratici di sinistra, Massimo D’Alema, non ebbe successo e non frenò le spinte alla divisione e alla riaggregazione sotto diverse etichette della galassia della sinistra.
Nel 2014 l’allora sottosegretario agli Esteri Mario Giro promosse, con notevole risonanza mediatica, gli Stati Generali della lingua italiana, che si tennero a Firenze e coinvolsero tutte le istituzioni interessate alla promozione della lingua italiana all’estero, ivi compresa una larga rappresentanza del mondo imprenditoriale. Il generoso tentativo di Giro, cui anche l’Accademia della Crusca dette il suo contributo, fu quello di studiare le strategie vincenti per incrementare la diffusione della nostra lingua fuori dei confini italiani. Gli Stati Generali della lingua italiana si sono ripetuti, ma in tono minore, nel 2016 e nel 2018.
E infine veniamo all’evento cui allude una delle domande rivolte alla consulenza linguistica, gli Stati Generali sull’economia promossi dal governo Conte nel giugno 2020. In questo caso il fine dell’iniziativa è stato quello di chiamare a raccolta tutti i soggetti coinvolti (Confindustria, sindacati, associazioni di categoria, esperti internazionali, economisti) per offrire un contributo di idee al difficile percorso di ripresa del nostro Paese dopo la grave emergenza (sanitaria e economica) provocata dall’epidemia di Covid-19. Nella fattispecie è impossibile dare un giudizio sull’esito degli incontri, perché si tratta di un fatto recentissimo.
Con l’antico istituto politico francese, dunque, l’uso odierno di Stati Generali mantiene legami molto tenui. Venuto meno nella consapevolezza dei più il riferimento storico, l’espressione si presenta come una sorta di tecnicismo della politica.
Claudio Giovanardi
26 giugno 2020
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