Stormo

Molti lettori ci hanno chiesto chiarimenti intorno all’uso della parola stormo.

Risposta

Stormo è un prestito germanico di epoca medievale: deriva dal longobardo *sturm ‘tempesta’, da cui sono discesi il tedesco Sturm e l’inglese storm. In italiano la parola è attestata fin dal XIII secolo con due significati collegati, pertinenti all’ambito militare: il primo indica una moltitudine di persone armate riunite per combattere, il secondo designa l’assalto o la battaglia stessi, come si legge in Dante, Inferno XXII, 1-2: “Io vidi già cavalier muover campo, e cominciare stormo”. Dal primo significato si è sviluppato, fin dal XIV secolo, un uso estensivo per indicare un numero ingente di persone radunate, una folla (“Fu sì grande lo stormo della gente ch’era d’intorno che non pareva che persona si potesse muovere per la grande ammirazione del miracolo”, Domenico Cavalca). Inoltre, poiché alla battaglia si associa l’idea del fragore, delle grida che l’accompagnano, stormo ha trovato anche un altro uso estensivo nel significato di ‘rumore, clamore prodotto dal vociare di un gruppo di persone’, come indica lo “stormo di voci”, attestato nel Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni.

Sebbene i significati originari della parola suonino, oggi, arcaici e disusati, possiamo da quelli ricavare i tratti fondamentali che identificano uno stormo: una certa numerosità degli elementi che lo compongono, il loro essere in movimento, in maniera solidale o disordinata ma pur sempre delimitabile, il rumore che quel gruppo in movimento può generare.

A partire dal Cinquecento stormo è stato impiegato estensivamente per indicare un ‘gruppo o insieme di uccelli in volo’ come testimonia lo “stormo d’augei” citato da Ariosto, nell’Orlando furioso e ripreso da Tasso, nella Gerusalemme liberata e nelle Rime. Da questo momento, il volo diviene una marca semantica necessaria all’individuazione dello stormo. Così, per venire al quesito dei nostri lettori, gli animali da cortile dotati di ali poco adatte al volo non possono comporre uno stormo. Per designare un gruppo numeroso di uccelli che non vola ma razzola si può ricorrere a branco, parola riferibile sia a gruppi di animali potenzialmente aggressivi o pericolosi (branco di lupi, di cani) ma anche ad animali mansueti e domestici (branco di galline, branco di conigli), oppure si può usare frotta.

L’italiano contemporaneo presenta opzioni specializzate per alcuni gruppi di animali: se branco è il “termine più generico per indicare un raggruppamento di animali della stessa specie” (Zingarelli), mandria è appropriato per animali di grossa taglia (cavalli, buoi) allevati dall’uomo o selvaggi (bufali) – ma a ricordarci il mutamento semantico che le parole subiscono nel tempo c’è il Burchiello che, nel Quattrocento, scriveva “mandria di colombe”. Per alcuni gruppi di animali di una stessa specie, la nostra lingua ha invece un termine preciso: è il caso di muta che si usa solo per i cani da caccia, di gregge che vale per pecore e capre o di nidiata che identifica un insieme di pulcini o di uccellini.

Purché capaci di mantenersi in volo a lungo, anche gli insetti, ad esempio le cavallette, possono formare stormi oppure sciami, per analogia con le api, nonché frotte e nugoli. Proprio la centralità del volo, quale tratto fondamentale affinché qualcosa possa definirsi uno stormo, è ciò che ha ricondotto, nel Novecento, la parola all’originario ambito militare, con il significato di “unità dell’aeronautica militare, costituita da due o più gruppi di aerei” (Sabatini-Coletti).

Per quanto riguarda la diffusione della parola, va segnalato che sia nel significato di ‘gruppo di uccelli in volo’ sia in quello militare, stormo rientra tra le voci che il Grande Dizionario Italiano dell’Uso diretto da Tullio De Mauro (GRADIT) considera “comuni” ossia “usate e comprese indipendentemente dalla professione o mestiere che si esercita o dalla collocazione regionale e che sono generalmente note a chiunque abbia un livello mediosuperiore di istruzione”. Inoltre, da stormo hanno origine alcune locuzioni quali: a stormi ‘in schiera, in grande quantità’, a stormo ‘in massa’, di stormo in stormo ‘di gruppo in gruppo, senza ordine’ e suonare a stormo per indicare il succedersi rapido dei rintocchi delle campane, spesso in situazioni di emergenza.

Guardando, infine, alla lingua letteraria contemporanea, possiamo rilevare che delle 50 occorrenze di stormo rinvenute nel Primo Tesoro della Lingua Letteraria del Novecento (PTLLIN), in cui sono raccolti cento romanzi presentati al Premio Strega dal 1947 al 2000, ben 43 sono riferibili agli uccelli, 4 al suono delle campane e soltanto 2 all’accezione militare.

Manuela Manfredini

2 ottobre 2023


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