R. B. da Varese, M. M. dalla provincia di Pordenone e R. C. da Verona ci chiedono quale sia la forma più corretta tra ermafrodito o ermafrodita; A. K. da Terni e E. G. dalla provincia di Firenze domandano se come aggettivo debba accordarsi col genere del nome a cui si riferisce o resti invariato; infine G. F. da Milano ci chiede se, come sostantivo, sia maschile o femminile.
Sul genere di ermafrodito (o ermafrodita?)
Ermafrodito (dal nome della divinità dell'antica mitologia, figlia di Ermete e di Afrodite) è nella lingua un aggettivo e un nome, attestato dal Medioevo, prevalentemente nel senso di 'bisessuato', anche se Dante lo usa nel significato, rarissimo, di 'eterosessuale'. In quanto aggettivo è declinabile secondo le regole degli aggettivi della prima classe (-o -a, -i, -e): “la politica ermafrodita di Napoleone” (da un testo del 1864); “Il principe ermafrodito”, romanzo di Ferrante Pallavicino del 1640; “fiori ermafroditi”, “piante ermafrodite” (da testi del XIX secolo). In quanto nome è dato nella più comune variante in -o, ed è quasi sempre maschile, anche quando prevale il tratto femminile. Si usa però anche, ma più raramente, la variante in -a, tanto, e perlopiù, grammaticalmente maschile, quanto, ancorché molto meno spesso, femminile (Spallanzani dal GDLI da cui abbiamo ricavato anche le citazioni precedenti: “codesta ermafrodita”). Nessun nome dovrebbe in effetti essere più ambigenere di questo. Ma si sa, il genere non è il sesso e quindi ermafrodito può essere grammaticalmente anche solo maschile e anzi come tale è usato per lo più.
26 ottobre 2015
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