S. T. dalla provincia di Verona, E. G. da Roma, D. C. da Viterbo, V. C. da Reggio Emilia e E. S. da Monza ci scrivono a proposito del termine font, usato al femminile in ambito tipografico e al maschile nella lingua dell'informatica.
Sul genere di font
Il termine font, che in ambito informatico e tipografico indica “l’insieme completo dei caratteri di uno stesso tipo” (GRADIT 2007), deriva dal sostantivo inglese font ‘fonditura’, a sua volta derivato dal francese medievale fonte ‘fusione’.
Spesso in italiano il termine viene considerato sinonimo di carattere, ma si tratta di un errore: “Le fonti non vanno confuse con i caratteri. Con fonte si intendono tutti i caratteri disponibili in certe dimensioni, stile e peso di una particolare foggia; con carattere si intende invece il disegno vero e proprio” (Microsoft Press Computer Dictionary,1994). In effetti, in inglese c'è la distinzione tra typeface, che rappresenta il singolo carattere tipografico, e font, che è invece l’insieme di caratteri contraddistinti da una particolare grafia o disegno (Times, Helvetica, ecc.), stile (corsivo, grassetto, ecc.), dimensione. I due termini identificano dunque due concetti diversi, ma in italiano typeface è reso talvolta come carattere tipografico, talvolta come font.
I principali dizionari registrano la voce font come ‘una serie o un insieme di caratteri’ (GRADIT 2007, Treccani, Sabatini-Coletti 2008), ma in alcuni casi viene attribuito al termine il significato di fonte ‘carattere tipografico’ (Devoto Oli 2014) o ‘tipo di carattere’ (ZINGARELLI 2015), entrato in italiano attraverso il francese.
La stessa mancanza di uniformità tra i dizionari si rileva anche nell’attribuzione del genere al forestierismo. Treccani, Sabatini-Coletti 2008, Devoto Oli 2014 danno entrambi i generi, GRADIT 2007 e ZINGARELLI 2015 considerano invece il lemma come sostantivo di genere maschile. Di norma, i prestiti non adattati da lingue che non presentano la categoria di genere per i nomi di cosa, come l’inglese, assumono il genere maschile, a meno che non esista un traducente italiano identificabile in modo univoco. Ma font non ha un traducente preciso: si può rendere con locuzioni che hanno come testa un nome maschile (‘insieme di caratteri’, ‘set di caratteri’) o femminile (‘serie di caratteri’). Il caso è complicato ulteriormente perché in italiano sono venuti a "collidere" due prestiti, entrati in tempi e in ambiti diversi, da due diverse lingue: fonte dal francese e font dall'inglese. Sembrerebbe che ci sia una correlazione tra il genere del forestierismo e il suo ambito d’uso (e la scelta tra font/fonte): nell’uso informatico è impiegato l'anglismo font, usato prevalentemente al maschile; in tipografia si ha invece più familiarità con il francesismo fonte, per il quale si preferisce il genere femminile. Alcuni dizionari registrano l’oscillazione tra font (maschile) e fonte (femminile): Treccani distingue infatti tra font sostantivo inglese impiegato in informatica e fonte sostantivo femminile, ‘francesismo accolto in ital. nel linguaggio di tipografia’. ZINGARELLI 2015 distingue tra il sostantivo maschile font e il termine femminile fonte, impiegato nella composizione tipografica. Ma non sempre la distinzione è così netta: GRADIT 2007 considera per esempio font sinonimo di fonte (non comune), ma li classifica entrambi come sostantivi di genere maschile. Il Microsoft Press Computer Dictionary (1994) registra solo la voce fonte usata al femminile, ma nel database terminologico del Portale linguistico Microsoft (2014) il termine è sostituito da font. Nel Dizionario del grafico di G. Fioravanti (1993), infine, non si trova la voce fonte ma il termine font impiegato al femminile e con il significato di ‘matrice di un carattere in fotocomposizione e nei sistemi di elaborazione elettronica dei testi’.
La prima attestazione italiana di fonte con questo significato è del 1956 (GRADIT 2007), quella di font del 1990 (GRADIT 2007 e Devoto-Oli 2014) o del 1979 (Sabatini-Coletti 2008). In ambito tipografico quindi la voce fonte era già in uso prima che font facesse il suo ingresso in italiano, affiancata da vari sinonimi: polizza ‘tipogr. elenco del quantitativo delle lettere dell'alfabeto e dei segni tipografici di un determinato carattere di cui ci si serve come base per le ordinazioni’, matrice ‘tipogr. blocchetto di rame, nichel, ecc., che reca in forma rovesciata e incavata l'impronta di un segno grafico, da cui, per colata di lega metallica fusa, si ricavano i caratteri tipografici’, o anche glifo e tipoplesso.
La data presa come riferimento per l’introduzione di font nel vocabolario informatico italiano sembra invece essere il 1984, anno in cui venne messo in vendita il Macintosh, il nuovo computer della Apple. Il Macintosh introdusse per la prima volta un’interfaccia utente grafica e la possibilità di impaginare a video i testi e preparare documenti elettronici per la stampa; si pose così il problema della traduzione in italiano di una serie di termini come file, edit, copy, paste, font. È possibile che il termine fosse già arrivato in Italia nel 1979, quando venne distribuita la versione 3.2 dell’Apple DOS con un manuale ufficiale per gli utenti (questo spiegherebbe la datazione di Sabatini-Coletti al 1979); si considera comunque il 1984 come data di riferimento, in quanto, diversamente dai precedenti sistemi operativi, il Macintosh si diffuse su larga scala, aprendo l’uso del personal computer anche a persone con scarse conoscenze informatiche.
Le testimonianze di font rintracciabili in Google Libri si concentrano tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90: si parla di “font di caratteri” (Mass media: rivista bimestrale della comunicazione, vol. 7, 1988), di “font manager” e “font di fotocompositrice” (Atlanti linguistici italiani e romanzi: esperienze a confronto, 1992).
Per un certo periodo font e fonte hanno seguito due strade diverse: come già accennato, in tipografia il termine fonte faceva già parte del repertorio lessicale degli specialisti, spesso sostituito da polizza e come derivato del francese fonte aveva assunto il genere femminile. Va comunque ricordato che in francese “l’insieme dei caratteri” è police d’écriture o police de caractères e la forma fonte è poco impiegata. “Le terme fonte, parfois employé comme synonyme de police de caractères, est moins utilisé en ce sens, puisque les caractères électroniques ne sont pas fondus” [‘Il termine fonte, talvolta impiegato come sinonimo di police de caractères è meno utilizzato in questo senso poiché i caratteri elettronici non vengono fusi’] (Le grand dictionnaire terminologique GDT).
Font entra invece in ambito informatico più recentemente, come abbiamo visto e, salvo alcuni casi particolari, viene di norma considerato come maschile (come molti tecnicismi informatici che derivano da termini inglesi neutri). La rapida diffusione del termine informatico tra i non specialistici ha fatto sì che anche in tipografia venisse introdotto l’uso di font, che ha acquisito in questo ambito il genere femminile per assonanza con il francesismo fonte.
La ricerca negli archivi elettronici della stampa nazionale ci mostra la prevalenza del genere maschile su quello femminile, sebbene le attestazioni non siano molte in entrambi i casi: 25 occorrenze per il font/i font e 8 occorrenze per la font/le font nell’archivio di "Repubblica" e 20 occorrenze per il font/i font e5 per la font/le font in quello del "Corriere della Sera".
La progressiva affermazione del genere maschile è confermata dalla ricerca effettuata per il periodo 1979-2008 nel corpus di libri italiani di Google Ngram Viewer (https://books.google.com/ngrams) che ci mostra le attestazioni di il font/i font - la font/le font:
Ciò che determina l’affermazione di una forma rispetto a un’altra è l’uso effettivo che ne fanno i parlanti: da questi dati si registra una netta prevalenza del genere maschile, dovuta certamente all’influenza dell’informatica; la forma femminile la font sembra pertanto destinata a scomparire.
È preferibile, in ogni caso, impiegare il maschile font per la terminologia informatica e ripristinare il termine originario femminile fonte per quella tipografica; in questo modo, oltre a mantenere la distinzione semantica connessa ai due ambiti, si renderebbe conto della diversa origine inglese e francese delle due forme.
Per approfondimenti:
A cura di Lucia Francalanci
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
29 giugno 2015
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