Ci sono giunte domande sul genere grammaticale di spinaci e sulla possibile forma la spinacia.
Il dubbio sul genere (e sulla forma singolare) di questo sostantivo, usato prevalentemente al plurale, potrebbe nascere in contesti di frase nei quali l’articolo non è specificato. Infatti, il plurale spinaci potrebbe rientrare in tre diverse classi nominali: lo spinacio/gli spinaci; lo spinace/gli spinaci; la spinace/le spinaci. Si esclude la forma femminile spinacia, il cui plurale dovrebbe di regola essere spinace o spinacie secondo alcune regole ortografiche (cfr. Serianni 1988, p. 117); ma tra le domande dei lettori ci viene indicata anche questa forma.
Che il nome venga usato raramente al singolare, pur non rientrando tra i nomi difettivi (cfr. Serianni 1988, pp. 135-136), si deve alla semantica del designatum: il parlante con spinaci intende infatti prevalentemente riferirsi alle foglie dell’ortaggio e non indicare più piante. A riprova del fatto, vari dizionari, che registrano la voce come spinacio (almeno come entrata principale), indicano l’utilizzo del vocabolo specialmente al plurale (cfr. DELI; Devoto-Oli 2012; TLIO). Il GDLI (p. 918) precisa anzi che “con riferimento alle foglie e alla vivanda, si usa solo il plur.”. È interessante notare che alcuni nomi di altri ortaggi a foglia vengono utilizzati invece tendenzialmente al singolare. È il caso dei sostantivi che vediamo nel grafico tratto da Ngram Viewer, in cui i singolari sono in numero maggiore rispetto ai plurali, con l’unica eccezione di bietole, le cui occorrenze sono superiori a quelle di bietola:
Evidentemente è la semantica di questi nomi a influenzare l’utilizzo del plurale o del singolare. Le parole che abbiamo inserito nel grafico sono inoltre semanticamente affini a spinaci e potrebbero quindi aver influito sulla formazione (o il mantenimento?) del femminile spinace/i o spinacia/e. Un caso simile è quello indicato da Serianni (1988, p. 90) per l’affermazione del maschile arancio per il frutto, in quanto sono maschili gli altri nomi di agrumi, come cedro, limone, bergamotto, chinotto, mandarino, pompelmo.
L’uso del femminile potrebbe essere supportato anche dagli iperonimi verdura, pianta o erba, mentre per il maschile resta invece possibile il riferimento all’iperonimo ortaggio (ma sulle regole di assegnazione del genere cfr. Thornton 2003 e Riga su questo stesso sito).
Le indicazioni lessicografiche
Per chiarire bene la situazione è utile anzitutto vedere quali sono le forme del nome che vengono riportate dai dizionari storici, etimologici e dell’uso contemporaneo.
I dizionari consultati riportano per la maggior parte la forma maschile spinacio (DELI, l’Etimologico, DEI, VEI; GDLI; TLIO; GRADIT; Devoto-Oli 2012), ma ci sono anche diverse segnalazioni del maschile spinace a partire dal Tommaseo-Bellini, in cui è l’unica forma a lemma, benché si citi anche spinaccio (con due c) come comune; viene invece indicato come variante antica rispetto a spinacio in DEI, VEI, e GDLI, come meno comune o meno frequente o raro in Zingarelli 2021, Vocabolario Treccani online, DISC, Devoto-Oli 2012 e Garzanti. Il GRADIT utilizza la marca BU [basso uso].
Il genere femminile viene indicato dal TLIO per il lemma spinace e dal GRADIT per la voce spinacia. Il GDLI aggiunge che il plurale spinaci è usato anche come sostantivo femminile.
Vista la presenza di tre forme per il singolare, cerchiamo di ricostruire la storia di questi termini attraverso la documentazione antica, moderna e contemporanea.
La documentazione su spinacio, spinace, spinaci e spinacia
I principali dizionari etimologici stabiliscono l’origine persiana del termine (DELI: aspanāh; l’Etimologico: äspänāḫ), venuto in Europa tramite l’arabo *ispināḥ (l’Etimologico) o isbināḫ (VEI; DEI), che ritroviamo nel latino medievale nelle forme spināciu(m) (DELI) o spinachium (l’Etimologico; VEI).
Le prime attestazioni in volgare sono riportate dal TLIO. Ne segnaliamo alcune partendo dalla più antica:
(E) ancho vij s. di spinaci à richolti Buone(n)sengna, (e) dieli a x uopare. (Mattasalà, 1233-43 (sen.), pag. 25 r.6)
De li spinace scrivote como le digi usare... (Regimen Sanitatis, XIII/XIV (napol.), 229, p. 570)
Uno che se chiama Mescha dixe che ’l nutrimento de le spinaçe è meiore cha el nutrimento de l’atriplex (Serapiom volg., p. 1390 (padov.), Erbario, cap. 135, pag. 141.26)
Hec spinacia, cie, la spinacie (Gl Gloss. lat.-aret., XIV m., pag. 294.4)
Nel passo di Mattasalà il genere si evince dal pronome clitico li oggetto plurale (dieli ‘li diede’). Nella seconda attestazione riportata, il sostantivo viene prima indicato al maschile attraverso la preposizione articolata scempia de li per poi essere ripreso al femminile con il pronome oggetto le (ma siamo in area napoletana, dove la resa delle vocali atone finali è sempre problematica); se spinace fosse effettivamente maschile, l’esempio potrebbe attestare l’esistenza del sostantivo come invariabile (lo spinace-li spinace). Le ultime due attestazioni documentate vanno incluse tra le prime attestazioni del femminile, al singolare o al plurale (in entrambi i casi la desinenza è in -e).
Un’altra delle prime attestazioni di singolare è riportata dal GDLI nel Il Libro dell’arte (1390-1437) di Cennino Cennini; la forma è ancora spinace, ma questa volta il genere è maschile:
Togli una scopa con più rami, tagliata gualiva e, come rompessi lo spinace o ver minuto, così rompi questa chiara tanto che venga piena la scodella d’una schiuma soda che paia neve.
Dagli esempi antichi rintracciati, e da quello che dice parte della lessicografia, la forma spinace sarebbe più antica rispetto a spinacio. Il DEI propone un’etimologia interessante a tal proposito:
spinace (spinacio) m., XIV sec., bot.; chenopodiacea simile alla bieta; lat. sc. spinacia oleracea. Nell’Italia settentr. vi corrisponde il [t]ipo spinaccio (spinàs, piem., lomb., trentino; spinàzzo, -a Genova, Venezia) che ritorna come spinacciu in Sardegna. Sul tipo spinace, che è il persiano äspänāh venuto in occidente per tramite dell’arabo isbināh, ha dunque influito il suff. -accio. Quest’influsso fu preparato dal tipo spinacio (XVI sec.) fatto sul plurale spinaci (DEI, p. 3592)
La forma spinacio si potrebbe quindi spiegare come retroformazione da spinaci, plurale di spinace con metaplasmo di declinazione (cfr. D’Achille 2005, pp. 83-85). Effettivamente, come si è visto, le prime attestazioni della lessicografia sono al plurale o al singolare nella forma maschile o femminile spinace, mentre non sono riportati testi con la voce spinacio (cfr. TLIO; Tommaseo-Bellini; il GDLI). Anche da una ricerca su Google libri si è potuto notare l’assenza di attestazioni del maschile spinacio prima del XVI secolo. Probabilmente, sulla retroformazione hanno influito anche i nomi di piante in -o/i, come finocchio/i, agretto/i, fagiolino/i, radicchio/i, broccolo/i, broccoletto/i, cavolo/i, farinello/i, friariello/i, tarassaco/i e tra questi, in base a ciò che si diceva inizialmente, soprattutto quelli utilizzati tendenzialmente al plurale, come agretti, fagiolini, broccoletti, friarielli ecc. Un altro sostantivo che potrebbe aver influito è asparagio, retroformazione da asparagi plurale di asparago (Vocabolario Treccani online). La voce appena citata ci porta a ipotizzare l’esistenza anche della forma spinaco, con l’occlusiva /k/, della quale però sono rintracciabili con Google libri solo due casi isolati otto-novecenteschi, che potrebbero essere interpretati come semplici refusi.
Da tenere in considerazione anche la presenza di un’altra accezione nonché di un omonimo del maschile spinace, che potrebbero aver portato i parlanti a preferire la forma in -io. Li riportiamo citando le definizioni del GDLI:
Spinace1…
[…]
3. Termine con cui, nel commercio delle gemme, è indicata una varietà di giada di colore verde intenso, simile a quello dello spinacio (anche con uso appositivo).
Spinace², sm. Ittiol. Genere di piccoli squali appartenenti alla famiglia Spinacidi, la cui pelle è ricoperta da piccoli tubercoli a forma di spina.
= Voce dotta, lat. scient. spinax, deriv. dal class. spina (v. Spina); è registr. nel D.E.I. (che l’attesta nel XIX sec.)
Dunque, la lessicografia predilige il maschile per spinace/spinaci. Anche il Vocabolario della Crusca (I-IV ediz.) registra il maschile spinace, utilizzato nelle definizioni di atrepice: “erba, che, cotta, è buona a mangiare, sì come lo spinace, e la bietola” (Vocabolario della Crusca, I ed., p. 90) Anche la ricerca su Google libri delle forme gli spinaci e le spinaci (ricerca eseguita il 20/9/2024) documenta che il maschile è più frequentemente attestato, ma che anche il femminile è abbastanza presente in rete, seppur in numero minore. Ne diamo qualche esempio partendo dalla prima attestazione del femminile:
Et possonsi in verita acomodevolmente seminare l’herbe assepate et mischiate, impero che se mischiatamente si seminano quando saranno cresciute si divelgano quelle che saranno da trasporre. Si come cavoli, porri et cipolle et di queste quelle che trasporre non si debbono prima si levino come le altrebici et le spinaci che non durano ne gli horti […] (Pietro De’ Crescenzi, D’agricoltura. Dove si contiene il modo di coltivare la terra, seminare, e inferir gli arbori: Con la proprietà delle herbe, e di tutti i frutti, et la natura di tutti gli animali. Con la sua Tavola, nuova, méte corretto, e alla pristina sua forma ridotto, Venezia, Bernardino Bindoni, 1542. Nello stesso testo si trovano anche ess.di li spinaci e gli spinaci)
Le minestre sieno d’herbe, che non habian molta calidità, come sono le Spinaci, le Bietole, Le Romici, l’Endivie, Le Cicorie, Le Zucche, ò sieno Mandole, ò altre minestre a queste simiglianti. (Paolo Zacchia, Il vitto quaresimale di Paulo Zacchia medico romano. Ove insegnasi, come senza offender la sanità si possa viver nella Quaresima, Roma, Antonio Facciotti, 1636, p. 225)
Le Spinaci, delle quali nè tratterò à suo luogo, come anco del petrosello, che non hanno tempo determinato, se pur non gli fate gran servitù. (Rutilio Benincasa, Almanacco perpetuo di Rutilio Benincasa Cosentino, Illustrato, e diviso in Cinque Parti da Ottavio Beltrano di Terranova di Calabria Citra, Bassano, Antonio Remondini, 1740, p. 432)
Seminando le spinaci dalla metà del mese in poi, si ottengono piante forti, le quali, oltre ad un’abbondante produzione nell’autunno, se la stagione è favorevole, continuano a dar foglie tutto l’inverno e fino alla primavera. (I.D.C.P., Calendario dell’ortolano Luglio, “Bullettino della Associazione agraria friulana”, serie IV, vol. VIII, 1891, pp. 142-143: p. 143)
Bastava cogliere a volo, nella conversazione, fra i tortellini in brodo, il quarto di faraona riscaldata, le spinaci acquose e il mandarino […]. (Pier Maria Paoletti, Quella sera alla Scala, Milano, Rusconi, 1983, p. 56)
«No no, forse le spinaci non sarebbero state buone, probabilmente avevo letto male le istruzioni, magari avrei dovuto scongelarle prima di metterle sul fuoco». (Pierangela Rubes, Donne in silenzio, Asola, Gilgamesh, 2017)
Elenchiamo ora qualche esempio del maschile partendo sempre dalla prima attestazione (precisiamo che anche le attestazioni con l’articolo li o i partono dal XVI secolo, ma forniamo solo quelle con gli per ridurre la quantità degli esempi):
Sonno di due spetie, maschio cio è, et femina, et conoscesi questa, perche fa seme. Vogliono alcuni che gli spinaci ne sieno stati portati di Spagna, onde dicono, che di quindi hanno riportato il nome, cio è corrotto di spagnaciiu spinaci, ma s’ingannano, poscia che si vede che il nome loro viene dall’Arabico, avenga che Serapione chiama lo spinace spanacli. Ma se io debbo dirne, quello, che ne credo, dico che piu presto crederò che sieno stati chiamati gli spinaci cosi da noi italiani, per il loro seme spinoso. (M. Pietro Andrea Matthioli, I discorsi, Venezia, Vincenzo Valgrifi, 1568, p. 487)
Lascia, che gli spinaci si cocino nella sua acqua. Che tale è la proprietà de gli spinaci, che abbondino di molta acqua; e perciò nel condimento non hanno bisogno d’altra acqua, che la propria gli è à bastanza (Tomaso Buoni, Nuovo Thesoro De’ Proverbij Italiani, Venezia, Gio. Battista Ciotti, 1604, p. 25)
Nello Stato di Modena, e nel Marchesato di Scandiano gli Spinaci piantati dalla gente di Contado sogliono fiorire, cominciando verso il 20. di Maggio, e proseguendo verso la metà circa di Giugno: cosicchè all’appressare di Luglio si costuma già di aver fatta la raccolta delle semenze. (Lazzaro Spallanzani, Dissertazioni di fisica animale, e vegetabile dell’Abate Spallanzani, Modena, Società Tipografica, vol. II, 1780, p. 295)
Gli Spinaci si bianchiscono, e si soffriggono con olio, aglio, petrosemolo trito, pepe, e sale; cotti si servono sopra croste di pane brustolato, e con sugo di limone. (Vincenzo Corrado, Il cuoco galante, Napoli, Saverio Giordano - Giuseppe Russo, 1830, p. 160)
Spinaci: gli spinaci crudi sono uno dei migliori antidoti per l’inerzia del basso intestino, che è una comune causa di obesità; consumateli crudi in insalata, oppure 170 gr. Di succo mischiati con 280 gr. Di succo di carote; da mezzo a 1 litro al giorno. (Daniel Reid, Il tao della salute, del sesso e della longevità, Roma, Edizioni Mediterranee, 1992, p. 97)
Popeye, Braccio di Ferro per noi, il popolare personaggio dei fumetti creato da Elzie C. Segar nel 1929, deve la sua forza agli spinaci che mangia costantemente. Questo lo sappiamo tutti. Molti di noi, tuttavia, hanno sentito dire anche un’altra cosa su Braccio di Ferro e i suoi spinaci. Ovvero che quella proverbiale fame di spinaci sarebbe dovuta a (e avrebbe in seguito alimentato) un colossale abbaglio, una leggenda tanto diffusa quanto erronea: la convinzione che gli spinaci «siano ricchi di ferro». (Massimiano Bucchi, Sbagliare da professionisti. Storie di errori e fallimenti memorabili, Milano, Rizzoli, 2018)
Una considerazione sui passi appena citati: il femminile è spesso accostato a nomi femminili semanticamente affini, come nella serie del secondo esempio (le Spinaci, le Bietole, Le Romici, l’Endivie, Le Cicorie), o nel primo, in cui le spinaci è accostato a le altrebici (cioè ‘atreplici’), che nel Vocabolario della Crusca erano invece entrambi maschili. In particolare questo sostantivo sembrerebbe influenzare semanticamente spinaci, probabilmente non solo per la forma ma anche per la modalità di coltivazioni di entrambi, come si evince infatti dal passo. D’altronde, su Google libri ci sono altre testimonianze che ci informano che le due piante “per una certa somiglianza di forme si potevano confondere” (Antonio Targioni Tozzetti, Cenni storici sulla introduzione di varie piante nell’agricoltura ed orticoltura toscana, Firenze, Tipografia M. Ricci, 1896, p. 65; cfr. anche P. Andrea Mattioli, I discorsi, Venezia, Vincenzo Valgrisi, 1568, p. 486).
Il genere di atreplice potrebbe quindi aver influenzato quello di spinace. Significativo a tal proposito è anche il fatto che una varietà molto nota dell’atreplice (Atriplex hortensis) sia comunemente chiamata bietolone o spinacione (cfr. GDLI).
Il dubbio sul genere di spinaci, nonostante le maggiori attestazioni del maschile, sembra essere quindi storicamente presente. Interessante a tal proposito alcune attestazioni con entrambi i generi, come in un testo di Jasbitz, che riporta a breve distanza sia il maschile sia il femminile:
Le spinaci cucinate e preparate nella padella come si costuma, mangiate mollificano il corpo, ma sono ventose. Sono gli spinaci di miglior nutrimento, che alcune altre verdure, ma provocano il vomito, se non si fa consumare bene l’acqua che produce nel cuocerli, e poscia lasciarli bene consumare. (Giovan Battista Jasbitz, La felicità ossia Il Tesoro della Sapienza, Trieste, Tipografia Weis, 1856, p. 383)
L’influenza dialettale
Un’ipotesi da prendere in considerazione è l’influenza regionale e dialettale per il genere di questo sostantivo. L’AIS contiene la carta 1365 che indaga la denominazione per (gli) spinaci, in cui però il genere del sostantivo non sempre è verificabile a causa dell’assenza dell’articolo. Comunque sia, il maschile è nettamente predominante nelle regioni settentrionali, mentre in Toscana, se non consideriamo le voci senza l’articolo, il femminile ha più attestazioni. Queste sono presenti nella zona di confine con il Lazio e l’Umbria, in cui il femminile è documentato frequentemente nelle forme la spinace e le spinace (nel trascrivere le forme dell’AIS non teniamo conto delle varianti fonetiche, che riguardano spesso la consonante dell’ultima sillaba). Nelle regioni meridionali il termine è poco attestato e nei pochi centri dove è invece documentato predomina il maschile.
Alcune considerazioni: in generale il maschile sembra essere preferito anche nei dialetti, ma il femminile è comunque attestato e questo potrebbe aver influito non poco nel suo utilizzo. Non sembra certo un caso che i femminili in Toscana e in particolare la forma le spinace siano presenti proprio nella zona di confine con il Lazio e l’Umbria perché in quelle località ci sono molti tratti linguistici di transizione (cfr. Avolio 2010; Vignuzzi 2010). Anche a Roma è indicato il femminile plurale le spinace, che potrebbe derivare dal singolare spinacia, attestato in tre località siciliane, ma anche essere nome invariabile: la spinace-le spinace. Nell’AIS abbiamo anche attestazioni del maschile plurale li spinace, documentato già nel passo del TLIO riportato in precedenza. Infine, l’AIS ci dà un indizio in più sul fatto che spinacio sia una retroformazione, in quanto nella carta non c’è nessuna attestazione della forma, ma solo qualche attestazione del plurale spinacci con l’affricata palatale intensa che postula un singolare spinaccio (cfr. GDLI).
La lingua della botanica
Torniamo sulla forma spinacia, che potrebbe derivare dalla botanica e più precisamente da Carlo Linneo, che nella metà del Settecento perfezionò il sistema di classificazione chiamato nomenclatura binomia (cfr. Cappelletti 1969, p. 849; Ray-Steeves-Fultz 1985, p. 29-30; Bianco 2004, p. 592). Il nome scientifico della nostra pianta è infatti Spinacia oleracea L. (in cui L. sta per Linneo), un sostantivo femminile della prima declinazione latina, che non necessita di alcun adattamento per essere ripreso in italiano. Però, il tipo italiano spinacia potrebbe essere anche un’italianizzazione del dialettale spinaz(z)a, di cui abbiamo attestazioni antiche (cfr. GDLI; DEI) e anche su Google libri è possibile trovare attestazioni prima del Settecento che utilizzano spinacia come termine italiano e latino. Ne diamo due esempi:
Piglia spinacia, bieta, atriplice, lattuga, borragine, e bolli ogni cosa nel brodo di carne fresca, e val molto a i ditti accidenti. (Francesco Sansovino, Della materia medicinale, Venezia, Guadagnino, 1561, p. 200)
Spinace Espinards Spinacia (Dube’, Il medico de’ poveri. Trattato prattico, che insegna il modo di curare qualsiuogliano Infirmità humane per via di Medicamenti di niuna, ò pochissima spesa, e facili così à preparare, come à ritrovare ne’ nostri Paesi. Composto da Monsu’ Dube’. Ad uso di qualunque Persona, ma particolarmente de’ poveri. E portato dal Francese da Sebastiano Castellini, Milano, Ambrogio Ramellati, 1692)
Influenza delle lingue straniere
Un’altra ipotesi da prendere in considerazione è la possibile influenza dalle lingue straniere. Il Trésor de la Langue Française (TLFi) in rete (s.v. épinard) marca il sostantivo come maschile, mentre il Diccionario de la lengua española (s.v. espinaca) come femminile. Lo spagnolo potrebbe avere esercitato un qualche influsso nell’affermazione del femminile, in primo luogo per la terminazione in -a, e anche perché secondo alcuni l’ortaggio sarebbe stato introdotto in Spagna dagli arabi dell’Andalusia (cfr. GDLI; l’Etimologico; VEI).
Conclusioni
In conclusione, è evidente che il dubbio sul genere di spinaci e sulla forma del singolare sono giustificati. Partendo dalle forme singolari, la retroformazione spinacio sembra ormai che si sia imposta sulle altre, forse perché non è presente nel sostrato dialettale degli italiani (per lo meno in base ai dati dell’AIS) e viene quindi percepita come più corretta. Anche in base ai risultati delle pagine di ricerca in italiano di Google spinacio è di gran lunga la forma con più risultati (ricerca eseguita il 24/9/2024):
lo spinacio: 10.600 risultati
lo spinace: 239 r.
la spinace: 167 r.
la spinacia: 330 r.
Per quanto riguarda il plurale, ugualmente il maschile sembra essersi imposto, ma abbiamo anche diversi risultati di spinaci come femminile:
gli spinaci: 268.000 r.
le spinaci: 2.370 r.
gli spinace: 51 r.
le spinace: 233 r.
Dunque, in base alle attestazioni e alle indicazioni lessicografiche consigliamo di utilizzare il maschile spinacio-i. Però, sulla base sia delle indicazioni lessicografiche sia soprattutto della storia del termine, non possiamo considerare il femminile e le altre forme di maschile come errori.
Nota bibliografica:
Alfonso Ricci
3 febbraio 2025
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