Sul genere, sul singolare e sui sinonimi di asciugamano

Molti lettori ci hanno scritto per sapere quale sia il genere di asciugamano e perché venga considerato maschile nonostante contenga al suo interno una parola femminile (mano); altri lettori ci hanno chiesto quali siano le forme singolare e plurale corrette; altri ancora quali sinonimi possano sostituire il sostantivo.

Risposta

Premessa e retrodatazione

Sebbene la forma sugamanus fosse già attestata nel latino medievale (in un testo di Aquileia del 1350, cfr. DELI), la parola asciugamano è considerata dalla maggior parte dei dizionari una formazione tutta italiana, ossia un composto formato dal verbo asciuga(re) e dal nome mano, che è il complemento oggetto del verbo in prima posizione. Quasi tutti i dizionari consultati (GDLI, GRADIT, Devoto-Oli online, l’Etimologico) riconducono la prima attestazione del termine al 1836, ma, grazie allo Zingarelli 2025 (che riporta come datazione prima del 1564), possiamo supporre un’origine più antica del termine. Attraverso Google libri siamo riusciti a retrodatare (non di poco) il tipo lessicale nella forma sciugamano, che già il DELI datava al 1598 grazie all’attestazione in John Florio (A Worlde of Wordes, London, E. Blount). Nella forma sciugamano, il lemma ricorre in un dizionario plurilingue del 1534 affiancato dal termine latino (mantile) e dai traducenti cinquecenteschi tedesco (handwale), francese (touaille), spagnolo (mantel; cfr. Quinque linguarum Latinae, Teuthonicae, Gallicae, Hispanicae, Italicae, dilucidissimisu dictionarius [...], Anversa, Ioanne Steels, 1534, s.i.p.). Risale al Cinquecento anche l’attestazione in italiano del plurale sugamani (in cui sugà(r) è voce settentrionale per ‘asciugare’) presente in un brano del ravennate Tommaso Garzoni:

I cucchiari brutti, come le mescole di cucina; i cortelli senza taglio, le forcine senza punta; le scutelle nere come i basioti dei pellegrini francesi; e’ sugamani stracciati come le tele de’ragni; i lenzuoli tutti ripezzati e carichi di brutture; i letti duri come stramazzi; i cossini puzzolenti più che l’orina guasta [...]. (Tommaso Garzoni, Degli osti e dei bettolieri in La piazza universale di tutte le professioni del mondo, Venezia, Roberto Meietti, 1601 [I ediz. 1585], p. 708)

Recentemente Michele Loporcaro ha notato – in base a una segnalazione della quale ringrazia Alessandro Parenti – come la forma sciugamano/-i circolasse in Toscana ben prima del Cinquecento tant’è che “se ne reperiscono attestazioni sin dal Quattrocento, la più antica (del 1441) in un inventario del Convento della SS. Annunziata [...]; sciugamano si legge poi in una lettera di Marietta Corsini al marito Niccolò Machiavelli del 24.11.1503 [...], in un inventario senese del 14.2.1549 [...]” (Loporcaro 2020, p. 67).

Genere

Il genere grammaticale dei composti V[erbo]+N[ome] è di difficile attribuzione perché tali composti sono esocentrici, cioè privi di una testa, ossia di quell’elemento composizionale che trasmette all’intero composto tutte le sue caratteristiche grammaticali: ciò che viene designato è comunque “fuori” dal composto stesso (uno spremiagrumi NON è UNO spremi e NON è UN agrumi così come uno scolapasta NON è UNO scola e NON è UN pasta ecc.; si legga anche la risposta sul genere di aspirapolvere di Sara Giovine). Gli studi sull’assegnazione del genere in italiano, tra cui ricordiamo Thornton 2003, concordano nel considerare il maschile il genere di default; postulano inoltre alcune regole di carattere semantico e formale che descrivono l’assegnazione del genere in italiano: ad es. alcune regole di carattere semantico dicono che, soprattutto nel caso degli esseri non animati, il genere del termine corrisponde a quello di un sinonimo, di un iperonimo e, nel caso dei forestierismi, anche di un traducente o di un “falso amico”; mentre una regola di carattere formale dice che in italiano le parole terminanti in -o al singolare e in -i al plurale sono di norma maschili, mentre quelle terminanti in -a al singolare e -e al plurale sono femminili.

Sulla base di questi presupposti teorici, qual è il genere di asciugamano? La maggior parte dei composti V+N assume il genere maschile, tranne i casi in cui il composto aveva originariamente una funzione aggettivale in associazione a un sostantivo femminile come ad es. macchina (la macchina lavastoviglie > la lavastoviglie): quando il secondo elemento è maschile plurale (spremiagrumi), o femminile singolare (portacenere, tritacarne), o femminile plurale (apribottiglie, lanciafiamme) il composto assume il genere maschile, indipendentemente da qualsiasi altra regola di carattere semantico o formale. Infatti tutti i dizionari sono concordi nell’assegnare ad asciugamano il genere maschile, ma sono veramente tanti i dubbi su quest’assegnazione, probabilmente dettati dal fatto che il genere non è desumibile dall’articolo determinativo singolare eliso davanti alla a-: molti lettori, soprattutto di area meridionale, ci dicono di usare il femminile  (“le asciugamani” registra, in effetti, 20.100 risultati nelle pagine in italiano di Google, 33 in Google libri, 7 nell’archivio della “Repubblica”; tutte le ricerche, in questo caso ristrette al solo plurale, sono aggiornate al 25/4/2024):

’I figghi fimmini su’ tuvagghi ’i facci: cu’ arriva si stujja. Le figlie femmine sono come le asciugamani: chi arriva si asciuga. (Maria Pascuzzi, Carta Canta, Cosenza, Luigi Pellegrini editore, 2006, p. 78 [poesie di area calabrese])

ISCHIA – L’elicottero del presidente Ciampi compare alle 20,10 sull’orizzonte rosso fuoco di Ischia, e c’è ancora chi fa tuffi, chi tira a riva le barche, chi passeggia, chi stende sui balconi le asciugamani. (Paolo Russo, Ischia abbraccia ‘il turista’ Ciampi, “la Repubblica”, ediz. Napoli, 15/7/2001, p. 4)

L’italiano secondo Napoli, [sic] i meridionalismi che si insinuano tra le frasi, subdoli servi del parlato quotidiano che stravolgono inesorabilmente regole e termini della lingua ufficiale del Paese. [...] attenzione ai repentini cambi di genere, «“l’asciugamano”, rigorosamente maschile, a Napoli diventa “le asciugamani”, forse sul peso del femminile “mani”». (Adele Brunetti, ‘Noio volevam savuar’, “la Repubblica”, 18/1/2011, p. 11)

Risciacquo acqua calda senza strofinare ma tamponando leggermente, asciugato tamponando con asciugamani pulita. (commento di destroke [di Siracusa] alla conversazione Consigli per iniziare questo percorso, sul forum ilrasoio.com dell’8/6/2014)

Asciugare gli occhi con una asciugamano pulita. (Flavio Sirna, Come struccarsi per evitare problemi agli occhi: la guida, cataniatoday.it, 5/10/2023)

Due potrebbero essere le motivazioni che hanno influito sull’attribuzione del genere femminile: la prima riguarda il genere di mano, che, pur terminando in -o al singolare e in -i al plurale (come la prima classe dei nomi maschili italiani), è femminile (cfr. D’Achille-Thornton 2003). La seconda associa al composto in questione il genere del termine che veniva usato in italiano antico prima dell’arrivo di asciugamano, e cioè tovaglia, ancora molto vitale in area meridionale e meridionale estrema (come abbiamo letto nella citazione in calabrese). Concludendo la questione del genere, possiamo senz’altro dire che asciugamano in italiano è di genere maschile perché si tratta di un composto esocentrico in cui il sostantivo femminile mano non influisce sull’attribuzione del genere al composto stesso. La forma femminile risulta marcata diatopicamente, perché viene utilizzata soltanto in area meridionale.

Singolare e plurale

Anche la questione della forma singolare di asciugamano risulta alquanto spinosa: i dubbi sollevati dai nostri lettori hanno motivazioni di carattere semantico, oltre che morfologico. Semantico: molti lettori si chiedono perché nella forma singolare di asciugamano “la mano da lavare sia solo una” mentre al plurale siano due (“e perché si dice spaventapasseri, lavapiatti, asciugacapelli, lavavetri [al singolare]?”). Morfologico perché nascono dall’eccezionalità di mano, che, oltre a essere praticamente l’unico sostantivo femminile all’interno della classe flessiva propria dei maschili (-o singolare, -i plurale), ha avuto plurali morfologicamente differenti nel corso dei secoli. Proprio la questione della flessione di mano tipica del maschile ha portato molte grammatiche a descrivere il fenomeno del plurale asciugamani in questi termini:

Caso dei composti formati da “verbo+nome singolare maschile (grattacapo, corrimano): il composto forma un blocco unico e nel plurale muta la desinenza del sostantivo: il grattacapo > i grattacapi [...] il passaporto > i passaporti [...], il parafango > i parafanghi, spazzacamino > spazzacamini, ecc. Si inseriscono in questo gruppo anche i nomi composti da base verbale + femminile -mano, a causa della desinenza in -o: l’asciugamano > gli asciugamani, il corrimano > i corrimani, il baciamano > i baciamani, ecc. (Serianni 1988, § III.146)

La forma asciugamani per il singolare, comunque, non è del tutto esclusa e, oltre ad essere inserita dal GRADIT tra i sinonimi di asciugamano (posso dire l’asciugamani nuovo), è inserita da Micheli (2016, p. 253) tra le forme attualmente usate (delle 55 occorrenze della forma nel corpus del Nuovo vocabolario di base e del corpus web itWaC, 4 sono singolari e 51 plurali). Nello stesso GRADIT notiamo poi che molti dei composti V+N con -mano (baciamano, attaccamano, lavamano, scaldamano) contemplano anche la forma in -i al singolare. In effetti, anche nelle pagine in italiano di Google “l(o)’asciugamani” ha 19.100 occorrenze, 2.949 in Google libri, 36 nella “Repubblica”. Riportiamo, a titolo esemplificativo, due attestazioni, risalenti rispettivamente all’inizio del XVII secolo e al Novecento, (la seconda è dello scrittore romano Achille Campanile):

Col boccone d’argento, e lo asciugamani, e cosi tutti si lavano, e poi allegramente entrano tutti a desinare, e finisce l’Atto Primo. (Flaminio Scala detto Flavio Comico, Il Teatro delle favole rappresentative overo la ricreation Comica, Boscareccia e Tragica, divisa in cinquanta giornate, Venezia, Gio. Battista Pulciani, 1611, p. 21)

Arturo si ricordò d’aver letto chissà dove che, per combattere l’insonnia, ottimo sistema è passarsi un asciugamani bagnato sulla spina dorsale. [...] Sempre cercando di non far rumore, Arturo immerse un asciugamani nella bacinella, lo intrise d’acqua e a fatica se lo passò sulla schiena con atteggiamenti da contorsionista. Il contatto freddo lo fece restare per un attimo senza fiato. Poiché l’asciugamani gli grondava acqua su tutto il corpo, lo strizzò, indi se lo rimise sulle spalle, se ne coprì la schiena; non sentiva più il refrigerio per essersi l’acqua intiepidita al contatto con la pelle, tornava a immergere l’asciugamani, a strizzarlo, e ricominciava la cura del refrigerio sulla spina dorsale. Con l’asciugamani attorcigliato, si lasciò andare sulla schiena un colpo che scioccò forte, nettissimo, improvviso, facendo trasalire Gustavo. (Achille Campanile, Gli asparagi e l’immortalità dell’anima, Milano, BUR/Rizzoli, 1974; consultato nella versione digitalizzata del 1999)

Concludendo, attualmente al singolare sono ammesse entrambe le forme asciugamano e asciugamani senza incorrere in un errore grammaticale; il plurale del composto è solo asciugamani, sebbene si possano trovare occorrenze in cui viene usato asciugamano in maniera impropria; al diminutivo troviamo solo la forma in -o: asciugamanetto ‘che designa un asciugamano più piccolo’, in genere connesso al bidet.

Sinonimi e precisazioni semantiche

Anche la questione dei sinonimi, soprattutto in relazione alla variabile diatopica (ossia geografica), risulta molto complessa. I nostri lettori ci hanno segnalato tovaglia, salvietta e lavetta a cui aggiungiamo per completezza la forma antica e disusata asciugatoio (di cui riparleremo), il toscanismo già citato asciuttamano, il latinismo ormai desueto mantile e infine telo e bandinèlla. Il termine con cui nell’italiano delle origini si indicava l’asciugamano era mantile: dal latino mantēle, mantīle (ma anche mantēlum) ‘asciugamano’ (in un secondo momento passato a indicare anche ‘tovaglia’), a sua volta probabilmente da *man-terg-slis, *man-terg-slom, composto di manus ‘mano’ e tergĕre ‘asciugare’ (l’Etimologico). È interessante rilevare che anche mantile etimologicamente sia un composto N+V (in accordo con la costruzione classica latina che vuole il verbo alla fine) formata dai corrispettivi latini di asciugare e mano. Nell’italiano delle origini ritroviamo mantile, anche nella forma diminutiva mantiletto, proprio con il significato di ‘pezzo di tessuto che si usa per asciugarsi le mani e la bocca (spec. a tavola) o per apparecchiare la tavola’ in testi di area settentrionale, centrale e meridionale (fonte TLIO, voci rispettivamente di Elisa Guadagnini e Giulia Trapa, 23/8/2013 e 24/9/2021). Attualmente il termine, registrato dai dizionari come desueto (o meridionalismo nell’accezione di ‘telo ricamato usato come copricapo delle donne’), mantiene il significato di ‘tovaglia, tovagliolo’ (ricordiamo che in spagnolo e catalano mantel significa ‘tovaglia’ mentre manta ‘coperta’), assunto attraverso lo slittamento semantico descritto nella definizione del TLIO: da ‘pezzo di tessuto per asciugare le mani e la bocca’ > ‘pezzo di tessuto usato per tergere mani e bocca a tavola’.

Nell’italiano delle origini, in testi di area toscana, mediana e meridionale, troviamo il già citato asciugatoio (anche nella forma sciugatoio), che aveva, tra gli altri significati, anche quello di ‘panno di varia ampiezza e fattura, per uso domestico o personale (che serve prevalentemente per asciugare)’, attestato già dal 1266 (fonte TLIO, voce asciugatoio di Raffaella Pelosini, 3/6/2009) e lemmatizzato, anche nella forma sciugatoio, in tutte le edizioni del Vocabolario degli Accademici della Crusca e nel Tommaseo-Bellini: è formato dal verbo asciuga(re) con l’aggiunta del suffisso strumentale -toio. È ancora lemmatizzato nel GDLI (s.v. sciugatoio), nel GRADIT e nel Devoto-Oli online come termine obsoleto nel significato di ‘asciugamano’. Attualmente il termine non registra questo significato ma può indicare, oltre a ‘essiccatoio’, anche l’ambiente dedicato all’asciugatura dei panni o ‘stendibiancheria’ (per es. in Linn Ullmann, La luce sull’acqua, traduz. di Margherita Podestà Heir, Milano, Mondadori, 2008 [edizione digitalizzata]).

Un numero considerevole di lettori, tutti dall’Italia meridionale, ci ha segnalato tovaglia: effettivamente nel questionario LinCi (La lingua delle Città), il termine viene usato da 3 informatori a Catania (e da uno nella variante tovagliòli per le mani) per indicare l’asciugamano, e trova diverse occorrenze in testi contemporanei di area meridionale (la prima citazione è in un testo di un’autrice siciliana, mentre il secondo di un autore napoletano):

«È morta soffocata» conclude Deira che ripone il bisturi sul tavolo e con gli occhi chiede al tirocinante una tovaglia per la mani mentre sfila i guanti in lattice. (Margherita Lanza, La figlia del maresciallo, Romagnano al Monte (SA), Book Sprint, 2022 [edizione digitalizzata])

[...] anche l’italiano à il lemma tovaglia, ma – come vedremo di qui a breve – la tovaglia, si differenzia dalla tuvaglia /tuaglia per la diversa destinazione d’uso del capo di bancheria [sic] che mentre nel napoletano indica il telo usato per nettarsi o asciugarsi mani e volto, in italiano connota il più ampio telo usato per coprire ed apparecchiare la mensa. (Raffaele Bracale, Tovaglia, asciugamano e dintorni: viaggio “dentro” il dialetto Napoletano & Dintorni, dialettando.com)

Il termine era attestato già nell’italiano delle origini con diversi significati tra cui quello di ‘telo di tessuto di varie dimensioni usato per asciugare il corpo o una sua parte (specif. le mani)’ in testi di area centrale, settentrionale e siciliana (fonte TLIO, voce tovaglia di Irene Falini del 25/5/2020) e, come abbiamo letto, è il geosinonimo di asciugamano in area meridionale. Per completezza segnaliamo che la sua etimologia è ancora incerta, sebbene si possa quasi sicuramente considerare un prestito germanico passato (e rimasto) in altre lingue europee: fr. disus. touaille da cui lo sp. toalla e l’ingl. towel, entrambi con il significato di ‘asciugamano’ (l’Etimologico).

È marcato diatopicamente anche il già citato asciuttamano, appartenente all’area toscana e centrale, e composto analogamente ad asciugamano con il verbo asciutta(re) e mano: il termine è attestato a partire dal XVIII secolo ed è stato lemmatizzato in repertori di area toscana nel XIX secolo come quello di Gherardo Nerucci, Saggio di uno studio sopra i parlari vernacoli della Toscana, Milano, G. Fajini e Comp. Editori, 1865, pp. 40-41) nonché in Voci e maniere del parlar fiorentino di Pietro Fanfani (Firenze, tipografia del Vocabolario, 1870). Il termine, che trova riscontri anche in altri testi e dizionari di area centrale alto-laziale e romana (tra cui il Vocabolario del romanesco contemporaneo, D’Achille-Giovanardi 2023) è lemmatizzato dal solo GDLI (nella forma sciuttamano) come toscanismo.

Registrato da tutti i dizionari e privo di connotazione regionale è telo ‘asciugamano di grandi dimensioni spec. di spugna o ciniglia’ (GRADIT), derivato da tela e usato nelle locuzioni telo da bagno e soprattutto telo da mare o da spiaggia con cui si indica specificamente ‘asciugamano di spugna usato sia per prendere il sole sia per asciugarsi dopo il bagno in mare’ (GDLI). I nostri lettori hanno anche segnalato salvietta: nel questionario LinCi, il termine è stato registrato con il significato di ‘asciugamano’ da 4 informatori a Milano, 2 a Carrara, 1 a Livorno 3 a Siena (1 al maschile salvietto) e 2 a Latina. Anche le segnalazioni dei nostri lettori appartengono all’area centro-settentrionale ed effettivamente salvietta ‘asciugamano’ sembrerebbe avere una diffusione geografica limitata. Il termine deriva dal fr. serviette (der. di servir ‘servire’) ‘tovagliolo’ (l’Etimologico) ed è attestato con il significato di ‘asciugamano di piccole dimensioni, usato per lo più per le mani e il viso’ già da Aretino (cfr. GDLI salvietta). Attualmente il termine (usato in molte zone d’Italia nel senso appunto di ‘tovagliolo’; cfr. ancora LinCi) ha mantenuto, attraverso il suffisso diminutivo -etta, il significato di ‘asciugamano di piccole dimensioni’, a volte monouso, anche nella tipologia umidificata usata a scopo igienizzante per mani o neonati o animali domestici (anche nel diminutivo salviettina o salviettino).

Analogo a salvietta è lavetta, francesismo recente (attestato anche nella forma integrale lavette), anch’esso segnalato dai nostri lettori e formato con il suffisso -ette > -etta: è registrato nella sezione Neologismi (2014) del Vocabolario Treccani (con prima attestazione 2008), nello Zingarelli 2024 e nel Devoto-Oli online (con prima attestazione 1990) con il significato di ‘asciugamano per il bagno, di piccole dimensioni, generalmente messo a disposizione degli ospiti’ (Devoto-Oli online):

Riguardo alle dimensioni, solitamente la misura del telo da bagno è di circa cm 100x150; quella dell’asciugamano medio si aggira intorno ai cm 60x100; l’asciugamano per il bidet cm 40x60; le lavette per il bagno degli ospiti cm 30x30. (Diana Tomasich, Set asciugamani bagno: consigli per valutarne la qualità, lavorincasa.it, 2/2/2023)

Attualmente lavetta conta 18.500 risultati nelle pagine in italiano di Google (la forma lavette, che potrebbe essere tanto la forma plurale di lavetta, quanto il francesismo integrale al singolare o usato come invariabile conta in totale 201.000 r.) e indica per lo più l’asciugamano di piccole dimensioni, analogo alla salvietta. Non escludiamo comunque che in alcune di queste attestazioni possa invece sovrapporsi al tedeschismo lavetta con cui si indicava, dal XVII secolo almeno fino all’edizione 2007 del GRADIT (in cui viene inserito con la marca OB[soleto]), ‘affusto del cannone’.

Aggiungiamo anche che il termine bandinèlla (dal germanico *binda ‘fascia’, da cui l’it. banda) è registrato dal GDLI con il significato di ‘asciugamano piuttosto lungo, che si fa scorrere intorno a un rullo fissato alla parete’: questa tipologia di asciugamano è ancora molto diffusa in alberghi, ristoranti e locali pubblici, ma il termine, sebbene abbastanza preciso nella referenza, non sembrerebbe essere molto diffuso.

Tra i sinonimi, dunque, dobbiamo considerare, con i dovuti distinguo temporali e geografici specificati, (a)sciugatoio, (a)sciuttamano, mantile e tovaglia (geo)sinonimi di asciugamano. Telo, salvietta, lavetta e bandinella possono essere usati come sinonimi di asciugamano ma hanno dimensioni e destinazioni d’uso specifiche: il telo, di solito, è di grandi dimensioni e viene usato in spiaggia (o in piscina), la salvietta (possibile regionalismo centro-settentrionale) e la lavetta/e sono molto piccoli, destinati agli ospiti e utilizzati prevalentemente per mani e viso, la bandinella è stretta e lunga, di solito usata nei locali pubblici per avere sempre una parte monouso pulita.

Concludiamo con una specificazione di carattere semantico su asciugamano: attualmente il termine non indica solo il telo usato per asciugarsi il viso, le mani (o qualsiasi altra parte del corpo), ma in molti bagni pubblici dei centri commerciali, dei treni e degli aeroporti (dove ha come corrispondente il termine inglese hand-drier), oltre a riferirsi al rullo di stoffa o carta resistente monouso, può designare, a volte associato all’aggettivo elettrico, lo strumento ventilatore (che non è di certo un telo!) che getta aria (spesso fredda) per asciugare le mani (in questo brano viene usato solo una volta anche essicatore):

Veri e propri diffusori di batteri, gli asciugamani ad aria calda presenti sempre più spesso nei bagni pubblici, possono “aspirare” i batteri dai servizi igienici per rimandarli in modo diretto sulle mani appena lavate. [...] Se non venivano azionati gli asciugamani elettrici, dopo 18 ore sulle piastre sterili era cresciuta al massimo una colonia batterica. (Asciugamani elettrici diffondono batteri, meglio le salviette di carta, ansa.it, 12/4/2018)

Dunque asciugamano è un bell’esempio di come la lingua cambi nei secoli e nello spazio, sia a livello di “forma” (il cosiddetto significante), sia a livello di significato, andando a indicare referenti diversi.

Nota bibliografica

  • Bisetto 1999: Antonietta Bisetto, Note sui composti VN dell’italiano, in Fonologia e morfologia dell’italiano e dei dialetti d’Italia. Atti del XXXI Congresso della Società di Linguistica italiana (Padova, 25-27 settembre 1997), a cura di Paola Benincà, Alberto Mioni, Laura Vanelli, Roma, Bulzoni, 1999, pp. 503-538.
  • D’Achille 2005: Paolo D’Achille, L’invariabilità dei nomi nell’italiano contemporaneo, “Studi di grammatica italiana”, XXIV, 2005, pp. 189-209.
  • D’Achille-Giovanardi 2023: Paolo D’Achille, Claudio Giovanardi, Vocabolario del romanesco contemporaneo, Roma, Newton-Compton, 2023.
  • D’Achille-Thornton 2003: Paolo D’Achille, Anna M. Thornton, La flessione del nome dall’italiano antico all’italiano contemporaneo, in Italia linguistica anno Mille, Italia linguistica anno Duemila. Atti del XXXIV Congresso internazionale di studi della Società di linguistica italiana (Firenze 19-21 ottobre 2000), a cura di Nicoletta Maraschio e Teresa Poggi Salani, Roma, Bulzoni, 2003, pp. 211-230.
  • Loporcaro 2020: Michele Loporcaro, Il confine fluido dell’etimologia romanesca e la diacronia del lessico capitolino, in «’E parole de Roma» Studi di etimologia e lessicologia romanesche, a cura di Vincenzo Faraoni, Michele Loporcaro, Berlino/Boston, De Gruyter, 2020, pp. 67-93.
  • Micheli 2016: Maria Silvia Micheli, Sul plurale delle parole composte nell’italiano contemporaneo, “Studi di lessicografia italiana”, XXXIII, 2016, pp. 229-256.
  • Migliorini 2019: Bruno Migliorini, Storia della lingua italiana, Firenze/Milano, Giunti/Bompiani, 2019 [I ed.: Firenze, Sansoni, 1960].
  • Thornton 2003: Anna M. Thornton, L’assegnazione del genere in italiano, in Actas del XXIII CILFR, a cura di Fernando Sánchez Miret, Tübingen, Niemeyer, 2003, vol. I, pp. 467-481.

Miriam Di Carlo

20 novembre 2024


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