Alcuni utenti, fra cui Rita De Masi da Monaco e Rosario Mastice di Napoli, ci chiedono se la locuzione fuori al balcone sia da ritenersi corretta.
Fuori, come altri avverbi di luogo (dentro, sopra, sotto, davanti, dietro, vicino, lontano), può essere usato in funzione preposizionale, e quindi sintatticamente vincolato da una costruzione che implica una posizione fissa e il condizionamento semantico da parte delle parole che mette in relazione; esprime valore locativo e solitamente è seguito dalle preposizioni di o da: fuori della porta, fuori dal palazzo (SERIANNI 1989 VIII.135,136). Sempre in funzione preposizionale fuori può essere usato anche assolutamente (fuori stanza, fuori porta, fuori Roma), tanto da costituire prefisso vero e proprio in sostantivi derivati da locuzioni, come fuoriserie o fuoristrada (Ibid. XV.85). Anche la locuzione preposizionale fuori a con valore 'verso la parte esterna', per esempio in fuori alla porta, è attestata in italiano, come testimoniato in GDLI: si pensi anche al titolo Fuori alla Certosa di Bologna, dato da Carducci a una delle sue Odi Barbare; l'uso in lingua sembrerebbe non andar oltre la prima metà del XIX secolo; nemmeno il GRADIT, abitualmente attento alle forme regionali, registra la locuzione.
Ricerche condotte in rete permettono però di reperire numerose attestazioni di fuori al, fuori alla (fuori alla discoteca, alla stazione, alla metro) con il valore di 'nelle immediate vicinanze di, davanti a': si tratta di testimonianze di usi soprattutto informali, ma anche riferibili al linguaggio giornalistico e letterario, prevalentemente di area campana. Maggiore diffusione nella penisola, per esempio a Bologna o Treviso, sembra avere la locuzione fuori al bar 'davanti al bar', che appare propria del linguaggio giovanile, ricorrente soprattutto nel contesto ragazzi fuori al bar, probabilmente veicolato e sostenuto dal testo di una canzone (Luca Barbarossa, Intanto la radio) in cui la sequenza viene ripetuta più volte. Ugualmente molto diffusa appare la sequenza fuori + articolo determinativo + sostantivo (fuori la porta, fuori la stazione), che non sembra legata ad ambiti regionali particolari.
Dalle attestazioni raccolte, la locuzione fuori al balcone proposta dai quesiti, (o anche fuori il balcone e fuori al / il terrazzo testimoniata in rete), pare configurarsi come espressione corrente, ampiamente diffusa in area campana; tale ipotesi ci viene confermata da Pietro Maturi che, interpellato sull'argomento, ci fornisce gentilmente queste osservazioni : «Si tratta di uso regionale [campano] corrente a tutti i livelli di diastratia, quindi anche nei parlanti di cultura medio-alta. In questi ultimi direi però che appare solo in situazioni diafasicamente non alte». Dimostrazione del suo collocarsi a livelli non troppo alti del repertorio, si ha nella quasi totale assenza di riscontri nella LIZ, che registra un'unica testimonianza analoga in Matilde Serao: «Per aver marito bisogna fare la novena a San Giovanni, nove sere, a mezzanotte, fuori un balcone, a pregare con certe antifone speciali» (Gli altarini, in Il ventre di Napoli, pp. 59-65: 62). Troviamo un uso letterario, ma di colore decisamente regionale, in Eduardo De Filippo che all'inizio del II atto di Questi fantasmi! fa dire a Pasquale, rivolto al suo dirimpettaio professor Santanna: «A noialtri napoletani, toglieteci questo poco di sfogo fuori al balcone... Io, per esempio, a tutto rinuncerei, tranne a questa tazzina di caffè, presa tranquillamente qua, fuori al balcone, dopo quell'oretta di sonno che uno si è fatta dopo mangiato. [...] Professo', voi pure vi divertite qualche volta, perché spesso, vi vedo fuori al vostro balcone a fare la stessa funzione» (Questi fantasmi!, in Teatro, pp. 351-415: 378 sg.). È anche interessante notare che più volte, nelle didascalie, De Filippo usa la stessa locuzione: «esce fuori al balcone di destra e cerca il chiodo...» (ibid. p. 362), «Prende la gabbia e esce fuori al balcone di sinistra [...]» (ibid. p. 368), «beatamente seduto fuori al balcone di sinistra, [...] parla col suo dirimpettaio prof. Santanna» (ibid. p. 378).
La presenza della locuzione nell'italiano regionale campano è frutto della trasposizione di fore 'o balcone, espressione dialettale molto popolare, come testimonia la corripondenza tra il numero 43 e 'A femmena fore 'o barcone fissata dalla Smorfia, il noto testo per l'interpretazione dei sogni, o la presenza in numerosi testi della canzone tradizionale napoletana (Luna rossa per fare un esempio). Ancora De Filippo è fonte dell'altro contesto dialettale analogo, fore all'àsteco (àsteco 'terrazzo'): «Guaglione, for'a ll'àsteco, / chi nun s'è mmiso sott' 'a capannella? » (Fina e lenta, in Le poesie di Eduardo, p. 34 vv. 5,6).
Sia in dialetto che in italiano regionale, la locuzione mostra una specificità rispetto agli altri usi preposizionali di fuori (o fore): solitamente essi indicano un luogo esterno, seppur prossimo, all' oggetto reale cui si riferisce il sostantivo dal quale sono seguiti; in questo caso invece il balcone è il luogo indicato; la locuzione infatti non significa 'all'esterno del balcone' ma 'sul balcone'. Ciò che appare come una sorta di "contraddizione di termini", si risolve se si considera l'esclusività del legame ridotta a balcone e terrazzo (o àsteco in dialetto): tutti i sostantivi fanno riferimento ad una realtà extralinguistica in cui è implicito il concetto di 'fuori, all'esterno'. È possibile che fuori al balcone sia in qualche modo, almeno in prima istanza, intrerpretabile (anche) come la sequenza fuori sul balcone in lingua, dove fuori mantiene il suo legame col verbo reggente, piuttosto che riferirsi al sostantivo che segue, mantiene cioè la sua natura di avverbio; più che di contradditorietà quindi è forse più corretto parlare di ridondanza. La forma potrebbe essersi successivamente cristallizzata nell'uso formando un nodo unico con funzione preposizionale; a questo proposito è utile il riferimento a quanto afferma Edgar Radtke (I dialetti della Campania, p. 89): «Le preposizioni [nei dialetti campani] tendono a cumulare due elementi, il che si manifesta anche nel toscano: senza 'e te 'senza di te' accanto a senza te, ncopp' ô Vommero 'sul Vomero' o sotto ô crisceto 'sotto il lievito' [...]»; nonostante l'autore non faccia cenno alla costruzione in questione, risulta interessante quanto scrive a proposito di vicino: «Vicino a rappresenta un caso a parte per la frequenza nel rafforzare la preposizione a: ce nfelaje anello vicino ô dito ['le infilai l'anello al dito']». Per altri casi di cumulo di elementi preposizionali e conseguente impoverimento semantico dell'avverbio di partenza, possiamo ancora ricorrere a Le poesie di Eduardo: «Nu fugliett''e quaderno aggiu truvato / ncopp' 'a nu marciapiede» (A... B... C... D... p. 27 vv 1,2), «Si nun se mett' 'o dito 'ncopp' 'a piaga» (O pparlà nfaccia p. 13 sg v. 15), «E dice 'o stesso pure / dint' e' gghiurnate ' vierno» ('O mare p. 17 sg vv 5, 6). Questo uso, tipico del dialetto, viene trasposto nell'italiano regionale di Campania, come testimoniato ancora da Pietro Maturi: «Aggiungerei che fuori, dentro, sopra, ricorrono nel parlato campano di preferenza rispetto alle preposizioni monosillabiche su, in, ecc. Sopra al/il tavolo è più frequente di sul tavolo, dentro (al)l'armadio di nell'armadio, e così via, coerentemente con fuori al balcone, che peraltro a sua volta può alternare con fuori il balcone (forma presumibilmente ipercorretta)».
Per ciò che riguarda il dubbio espresso nei quesiti a proposito della legittimità dell'impiego della locuzione, occorrerà tener presente che l'uso è legato alla varietà regionale e ad un livello medio e informale di comunicazione; in lingua saranno preferibili al balcone, sul balcone o anche fuori sul balcone.
Nota bibliografica:
A cura di Matilde Paoli
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
Piazza delle lingue: La variazione linguistica
23 maggio 2008
Evento di Crusca
Collaborazione di Crusca
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