Sergio Lubello risponde a coloro che chiedono delucidazioni sull'espressione entro e non oltre e sul suo rapporto con l'impiego della sola preposizione entro.
Sulla correttezza dell’espressione entro e non oltre
Entro e non oltre, frequente nei testi burocratici (ma non solo), è un sintagma o locuzione preposizionale ridondante, che non aggiunge nulla rispetto al significato espresso dalla sola preposizione entro e serve semplicemente a sottolineare e rafforzare il concetto espresso: entro con valore temporale è sufficiente a indicare ‘prima di un certo termine; prima della fine di un dato periodo’ ("entro le ore 12 del 10 gennaio"; "entro l’anno"; "entro la fine del mese"); in altre parole e non oltre esprime un significato già compreso in quello di entro e pertanto costituisce un’aggiunta pleonastica che potrebbe essere evitata.
Nella frase “la domanda di partecipazione va inoltrata entro il 10 dicembre” si esplicita già chiaramente e senza ambiguità che il termine ultimo di accettazione delle domande è il 10 dicembre e perciò la specificazione “e non oltre” (“la domanda di partecipazione va inoltrata entro e non oltre il 10 dicembre”) non fornisce alcuna nuova informazione. Per poter dare un senso all’ampliamento servirebbe un contesto comunicativo diverso: per es. a una richiesta di proroga (“posso consegnare oltre le ore 12 del giorno x?”) la l’espressione di “entro e non oltre le 12” nella risposta sarebbe giustificata, perché sottolineerebbe la perentorietà del termine, dando forza alla mancata concessione della proroga.
Nel linguaggio giuridico l’espressione entro e non oltre non è ritenuta necessaria a qualificare un termine come essenziale: lo ha espresso chiaramente una sentenza del 2010 della Corte di Cassazione (Cassazione Civile, sez. II, sentenza 25/10/2010 n° 21838) a proposito di un contratto preliminare; da allora i tribunali si pronunciano in proposito in modo univoco: l’espressione “entro e non oltre il…” sarebbe da intendere come una semplice locuzione di stile e, quindi, insufficiente a rendere essenziale, definitivo e improrogabile il termine cui si accompagna; la locuzione servirebbe solo a indicare una data, senza alcun significato di indifferibilità.
Da un’analisi condotta da Michele Cortelazzo si evince che la locuzione nasce più in ambito burocratico-amministrativo che giuridico, e anche le leggi più recenti, in cui la formula si trova documentata, sembrerebbero provenire dallo stesso ambito. Se ne ha conferma se si compie un sondaggio nell’Archivio unificato LLI (Lingua legislativa italiana) e Vocanet (Lessico giuridico italiano, LGI) dell’Istituto di Teorie e Tecniche dell’Informazione Giuridica (ITTIG), che raccoglie l’intero corpus della legislazione in lingua italiana dal 1539 al 2007: contro 2920 occorrenze di entro si registrano solo 4 occorrenze di entro e non oltre (tre delle quali, peraltro, forse non casualmente, del 1971: nel Regolamento del Senato, nel Regolamento della Camera dei Deputati e nello Statuto della Regione Lazio; la quarta occorrenza si trova nel Nuovo Codice della strada del 1992).
Il linguaggio burocratico è ricco di forme ridondanti e di parole usate pleonasticamente: elenco debitamente timbrato e firmato, per ogni eventuale ulteriore chiarimento, presso i competenti uffici, adempimenti di rispettiva competenza, appositi cartelli, ecc. La fossilizzazione dello scritto burocratico ha reso tali ridondanze non solo frequenti, ma a volte quasi inevitabili: così l’espressione entro e non oltre è spesso preferita nei testi burocratico-amministrativi in quanto sentita (impropriamente) come formula più tecnica e più precisa, oltre che stilisticamente più alta; essa è peraltro registrata, con valore rafforzativo, anche in molti dizionari dell’italiano (cfr. per es. le versioni online del Vocabolario Treccani e del Dizionario Sabatini-Coletti).
Per approfondimenti:
Sergio Lubello
Piazza delle lingue: Lingua e diritto
14 febbraio 2017
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