Alcuni lettori e lettrici ci chiedono: "Come si costruisce il verbo improntare? Con quali preposizioni? È corretto dire improntato su qualcosa o soltanto improntato a qualcosa? Si può dire improntato da qualcosa?"
Sulla reggenza di improntare e improntato
All’origine del verbo improntare c’è (sia pure alla lontana, con la mediazione del francese) la parola impronta, e il più antico significato di questo verbo è materiale: indica l’atto del ‘premere lasciando un’impronta’. Quando ha questo significato, il verbo improntare è completato (o “saturato”, come dicono alcuni linguisti) da un complemento oggetto diretto senza preposizioni e da un complemento indiretto introdotto da con, mediante, ecc.: "I papi e i re improntano la ceralacca con il loro sigillo". Adoperato con questo significato ma in senso figurato, improntare richiede la preposizione di: "Martin Luther King ha improntato di sé la storia del secolo scorso". Nel significato più ampio di ‘caratterizzare con un tratto, un tono, un’espressione’, improntare può essere seguito dalle preposizioni a e di: "improntare il discorso a serietà", oppure "di mitezza". Il suo participio improntato vale ‘caratterizzato’, e può essere seguito, di volta in volta, dalla preposizione a, dalla preposizione di e dalla preposizione su: il rapporto evocato da una lettrice nel suo quesito può essere dunque improntato "alla massima correttezza", "della massima correttezza", "sulla massima correttezza", mentre non è previsto che sia improntato "dalla massima correttezza", come ha ipotizzato un'altra lettrice.
30 maggio 2017
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