Sulla sovraestensione dell'uso di a rispetto a in: andare a studio

Alessandro Ventura da Matera e Giuseppe Mangione di Andria ci chiedono se sia corretto l'uso di andare a studio in luogo di andare in studio; poiché molti altri utenti hanno fatto richieste analoghe sull'uso della preposizione a in luogo di in, crediamo utile riproporre la risposta data da Luca Serianni ne La Crusca per voi n. 29, pubblicata nell'ottobre 2004.

Risposta

Sulla sovraestensione dell'uso
della preposizione a rispetto a in

 

"La signora Chiara Caroli (Roma) ritiene scorretto l'uso della preposizione semplice in espressioni come Vado a studio e Sto a studio, tipiche dell'uso colloquiale romano, e ne chiede conferma al nostro foglio.

 

La lettrice ha ragione: si tratta di varianti tipicamente regionali, che altrove sarebbero notate e censurate (nel secondo esempio, è regionale anche l'uso di stare in luogo di essere: un tratto linguistico ben vivo da Roma in giù, che si ritrova nelle lingue romanze occidentali: cfr. spagn. e port. estar). A parte l'alternanza tra preposizione semplice e articolata, si può ricordare che l'italiano familiare di Roma, in accordo con altre parlate centromeridionali, ha la tendenza a sovraestendere l'uso di a rispetto a in: una tendenza ancora più accentuata una cinquantina d'anni fa. Invece di andare a studio, i romani di una volta potevano andare a fiume (cioè a farsi un bagno, una vogata o semplicemente a prendere il sole sulle rive del Tevere) e nei romanzi di ambientazione romana di Alberto Moravia, un grande scrittore oggi un po' dimenticato, si leggono vari esempi utili di questo regionalismo sintattico: oltre agli odonimi - in cui a è a tutt'oggi abituale anche presso i romani cólti: a piazza Venezia, a via Condotti - si possono citare frasi come «Un vaso di fiori compagno a quello della camera da letto», «Da quel giorno non sarei stato più amico a nessuno» (attingo gli esempi da un articolo di Gianluca Lauta, Il lessico romanesco e ciociaro di Alberto Moravia, «Studi di lessicografia italiana», xx 2003, pp. 223-282, a p. 241)."

 

Luca Serianni

29 novembre 2008


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